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Il vero reboot degli anni ’80 è Donald Trump

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Dopo il ritorno agli anni ’80 nella moda, nella musica e nel cinema purtroppo sta tornando anche un certo modo di fare politica figlia di quel decennio (non così bello come ce lo ricordiamo)

Che tempi per chi ha vissuto o è nato all’inizio degli anni ’80! Praticamente tutto il mondo dell’intrattenimento ha deciso che le idee nuove sono da sfigati e quelle vecchie andavano già bene così, basta dargli una spolverata. Tornano i Ghostbusters, tornano Jem & The Holograms, torna He-Man, Voltron e i fumetti che leggevi da piccolo ora sono nei cinema. Il bulletto che ti prendeva in giro a scuola ora è più geek di te.

Il bello e il brutto dei ricordi è che si cristallizzano in un momento, lasciando fuori tutto il resto, eliminando il contesto e smussando gli angoli più acuti. Per questo motivo, a meno di non aver vissuto traumi infantili particolarmente devastanti o durante conflitti militari, il periodo della giovinezza ci sembra sempre una figata, un’epoca spensierata in cui il più grande dei drammi era un’interrogazione in cui non avevamo studiato o essere abbastanza pieni di brillantina da spiccare sugli altri studenti.

È anche uno dei motivi per cui alcune cose della nostra gioventù ci sembrano più fighe di quelle dei ragazzi di oggi, con conseguenti operazioni nostalgia e recuperi di ogni tipo.

A tutto ciò si è associata una cultura del nostalgico, del ritorno a quello che ci piaceva nel periodo ’80/ ’90 influenzata dall’arrivo nelle stanze dei bottoni e nei luoghi di creazione culturale di chi in quegli anni c’è cresciuto e ora trasmette al mondo le sue influenze. Così come Tarantino mostra un cinema fortemente legato a ciò che vedeva negli anni ’70, ora abbiamo Stranger Things e il suo delizioso ritorno a un periodo fatto di Dungeons & Dragons, Intellivision e ispirazioni di ET.

Ma la verità è che gli anni ’80 non erano solo un periodo ricco di bellissimi film, musica elettronica e robot giapponesi che si menavano. La metafora più efficace del loro ricordo sono i videogiochi dell’epoca: nella nostra memoria sono capolavori incredibili, ma la verità è che la maggior parte erano spazzatura che oggi non giocheremmo nemmeno sotto tortura. Vi do anche questa triste notizia, ricordate serie TV come Automan o Manimal? Sono durate rispettivamente 12 e 8 episodi, vuol dire che per anni avete guardato repliche su repliche, pensando fossero serie di successo.

Guardiamoli bene questi anni ’80. Un’epoca di rivoluzioni sociali ma anche un periodo di disuguaglianze, di razzismo strisciante, di Guerra Fredda, di muri, di politiche internazionali che hanno di fatto gettato le basi per un Medioriente sempre più incasinato. Un’epoca fatta di politiche reaganiane che nel lungo termine hanno tolto ogni potere contrattuale ai lavoratori, gli USA che fanno porcate in Sudamerica, che ci ha insegnato il consumismo sfrenato, a discapito del pianeta stesso, che ha creato la figura dell’agente di borsa privo di scrupoli, che ci ha consegnato mode come il mullet, i capelli cotonati, le giacche con le spalline, i paninari, gli yuppie, che ha iniziato una discesa sempre più ripida verso il trash televisivo. Un’epoca spensierata della quale ancora paghiamo molte conseguenze. E ve lo dico mentre ascolto We Built this City degli Starship, quindi so di cosa parlo.

(foto: Getty Images)

Come ogni buon film di fantascienza ci insegna, i portali dimensionali sono un rischio. Quando abbiamo aperto quello verso gli anni ’80 all’inizio abbiamo recuperato ciò che ci piaceva dal punto di vista artistico, musicale e visivo, ma non siamo stati attenti e abbiamo permesso ad altre creature di varcare quella soglia per tornare a infestare il nostro mondo. Trump all’epoca era il modello da seguire per milioni di italiani col vestito elegante comprato all’Oviesse che cercavano il successo a tutti i costi, quello in stile Wolf of Wall Street. Oggi ha segnato il ritorno della figura dell’industriale, uno showman con le mani in pasta in politica, l’uomo in giacca e cravatta che “si è fatto da solo” che però si sente parte del popolo, che parla al nostro lato peggiore dicendo “le cose come stanno”. Una figura che porta con sé chiusura dei confini, razzismo del “noi contro di loro”, di una nuova Guerra Fredda.

La verità è che il reboot più veritiero degli anni ’80 non è Stranger Things, è Donald Trump e purtroppo non potremo apprezzarlo in una serie TV, ma rischiamo di avercelo di fronte per almeno quattro anni.


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