Helldivers II e la co-op loneliness
Helldivers II arriva come un fulmine a ciel sereno per movimentare l'inizio d'anno di Playstation 5 con un'esperienza di gioco incentrata sulla cooperativa online articolata in modo tale da accogliere anche i lupi solitari.
Un paio di settimane fa in redazione è arrivato il codice di Helldivers 2.
Quando arriva un codice le modalità per distribuirlo sono sempre eleganti e cortesi: si capisce un po’ chi è in target col gioco, chi c’ha tempo, quanto qualcuno è dentro la materia, quanto qualcuno lo attendeva.
Si prendono tutte queste informazioni, si trascrivono scientificamente in un file excel che buttando fuori grafici a torta indica a chi è più indirizzato il titolo.
Helldivers 2 lo aspettavo solo io, probabilmente. Mi aveva incuriosito, conoscevo il primo episodio, drasticamente diverso, e mi ci ero molto divertito in co-op da divano. Era immediato, ma non scontato, profondo e impegnativo, ma divertente, proprio per la sua immediatezza.
Helldivers 2 ha smaterializzato il divano fino a farlo diventare abbastanza largo per accogliere tutti i giocatori connessi alla rete, contemporaneamente.
Il loop di gioco è molto semplice: dopo un tutorial di addestramento ti viene assegnato un incrociatore che fa da hub centrale col quale muoverti per una mappa galattica settorializzata, I riquadri blu sono settori sicuri, quelli arancioni o rossi sono in mano agli invasori.
Selezionata una missione in base al livello di difficoltà ci si lancia sul pianeta, si svolge la missione, si riscuotono le ricompense delle valute di gioco e si torna all’astronave per potenziarsi con armature nuove, armi nuovi, lanci di supporto sbloccabili e il loop si ripete così, potenzialmente all’infinito.
La cosa sorprendente è la scalabilità dell’esperienza. Un pianeta terra militarizzato al centro di una galassia ostile è sottoposto a infinite possibili minacce oltre a quelle iniziali degli insettoidi assolutamente non ispirrati agli alieni di Fanteria dello spazio o i robi robotici che ricordano vagamente i Borg.
Così le armi, i potenziamenti, i drop di supporto: Helldivers 2 riesce con una naturalezza sorprendente in quello che altri giochi arrancano, ovvero creare un ecosistema che spinge i giocatori a tornare, a lasciare il gioco installato, il cosiddetto gioco-servizio, evidentemente sacrificando la componente narrativa tradizionale in favore della narrativa emergente e compensando la sua mancanza di storia tradizionale con la satira antimilitarista presa di peso dallo Starship troopers di Verhoeven, per quanto riguarda il tono degli spot che distinguevano l'opera del regista (ricordiamolo, olandese trapiantato in America e che quindi ha un occhio privilegiato per evidenziare le storture del sistema) fin da Robocop e da un gameplay ad orologeria animato dal meccanismo di “ancora una partita”.
È tutto estremamente divertente ed appagante, e sicuramente Helldivers 2 sarà uno dei giochi che ricorderemo di questo 2024.
Però
Ricevendo questo codice la prima domanda che ho fatto è “quanto è essenziale il gioco online?”
È una domanda strana fatta nel 2024, praticamente tutti i giochi hanno una componente online più o meno sviluppata, chiamiamolo presenza sulla rete, che influenza l’esperienza di gioco.
Non che sia un problema, considerando come ho speso 200 e rotte ore di gioco l’anno scorso su Call of duty, macellando perfetti sconosciuti in multiplayer online.
Se non fosse che Helldivers per precisa volontà degli sviluppatori non ha una componente PvP, è tutto PvE, giocatori in carne ed ossa che si incontrano in un party di 4 per sparare a grossi insetti alieni.
E qui che le mie certezze hanno vacillato, perché se c’è una cosa che ormai non riesco più a fare, è giocare con altre persone in carne ed ossa.
Credo l’ultimo party che ho fatto è stato nel 2017, con Destiny 2 (ciao, Gabe), a cavallo dell’uscita della prima espansione del gioco principale. Con una PS4.
Con PS5 non sono più riuscito ad incontrare nessun “amico” online. Non ne ho aggiunto più nessuno alla lista amici, le mie esperienze online sono sempre più diventate un riflesso condizionato simile all’attraversare una folla in una piazza, l’unico obiettivo è l’attraversamento, non la condivisione dello spazio o del momento. Semplicemente andare da A a B.
In CoD “attraversi la partita”, le interazioni con i compagni di squadra sono minime, si gioca da lupi solitari, individualisti, le squadre funzionano bene nel grado in cui il giocatore ha padronanza del gioco e sa come e dove intervenire, non c’è superamento di una difficoltà attraverso la comunione. Esiste solo l’obiettivo (vincere per sé), la squadra è un mezzo per la vittoria, la coordinazione è solo situazionale, non programmatica.
Helldivers somiglia molto di più ad esperienze cooperative come potevano essere Left4Dead e la sua schiera di seguiti ed emuli (dai quali mi sono sempre tenuto lontano), con la dinamica dell'estrazione che sposta un pelo le partite nel campo degli extraction shooter (Tarkov, o la modalità DMZ di CoD sono le prime cose che mi vengono in mente). Sono praticamente dei party game, non intesi come giochi da festa, ma con il focus concentrato sull’organizzazione tra giocatori, anche al di fuori delle interazioni offerte dalla infrastruttura del gioco. E questo per me è un problema.
Credo addirittura lo sia sempre stato, per indole caratteriale mia, ad essere un po’ distaccato, un carattere indipendente, spigoloso potrebbe dire qualcuno, che con gli anni ha imparato a stemperare parte dei suoi lati più impervi ma che, inevitabilmente, qualche volta escono fuori, anche se non direttamente. Come se le superfici di contatto con gli altri non fossero totalmente in aderenza e in quello spazio vuoto, si infilasse qualcosa che non fa scorrere il meccanismo come dovrebbe.
Gli anni
Il videogioco si rivela un medium molto più dipendente dall'etè del fruitore di quanto sia immaginabile. Un lettore o uno spettatore di un film possono avere sensazioni diverse rispetto alla prima volta che hanno visto o letto qualcosa, ma il tipo di esperienza resta grossomodo lo stesso. Per il videogioco questo non è automatico e con il passare degli anni è proprio questa a mutare radicalmente dal momento che le modalità con le quali affrontiamo il videogioco cambiano al cambiare delle nostre abitudini e anche ritornare dopo anni su un gioco amato può risultare drasticamente differente.
Con gli anni c’è stato un progressivo peggioramento delle situazioni sociali.
Come se la vita avesse piazzato ognuno su un binario diverso, a velocità diversa, non è solo “perdersi di vista”, è letteralmente fare un percorso che diventa differente da ogni eventuale codifica esterna. Gli step di vita che seguivano a blocchi gli anni di studio finiscono per infrangersi. C’è chi si sposa, chi fa figli, chi si trasferisce: ogni passo ci separa dagli altri e crea una solitudine, una incomunicabilità, perché alla fine nessuno potrà capire, dal momento che i punti di vista diventano inevitabilmente divergenti, lo sono sempre stati del resto, ma adesso ulteriormente distanziati, non solo per mere questioni caratteriali.
La mia routine di gioco settimanale è praticamente assente, nei weekend preferisco uscire, proprio per tenere insieme quella vita sociale che cerca di sfaldarsi. Approfitto della domenica mattina per ritagliarmi uno spazio libero: mi sveglio presto, preparo il caffè con il metodo V60 tramandatomi dal Re Mida del fumetto italiano, Davide Costa. Scelgo un anime da vedere in streaming approfittando del lungo lasso di tempo che richiede la preparazione di mezzo litro di caffè, è un momento zen, forse il mio preferito della settimana. Dopo un paio di tazze e aver mangiato qualcosa, accendo la Play.
È un momento mio in una routine tutta rotta, frastagliata dal lavoro e dal tentativo di fare vita sociale per non lasciare che altro si infili in quegli spazi che si aprono tra noi e gli altri.
È chiaro che la mia esperienza di gioco è “viziata” da tutto ciò, per giocare davvero bene ad Helldivers 2 sarebbe necessario organizzarsi, ma allo stato attuale, mi è impossibile e ne vivo un’esperienza mortificata, seppure la forza del gioco sia tale da non inficiarne il divertimento, le ore che ho trascorso a giocare stamattina sono state appaganti, appannate solo dall’aver intravisto le potenzialità del gioco in co-op tramite giocatori randomici incontrati online che si sono aggiunti alla partita, come passeggeri dello stesso vagone ferroviario, che non scendono alla tua fermata, perché del treno sei il macchinista.
Helldivers è un gioco molto bello, al di là delle malinconiche riflessioni sul giocare in co-op a trent’anni e di come paurosamente questo sembri un riflesso della vita.