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Bayonetta Origins - La recensione

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Bayonetta Origins: Cereza and the Lost Demon è il prequel spin-off che cambia la formula della saga principale per un'esperienza meno frenetica, ma che vale la pena di provare

Se si pensa a Bayonetta, si pensa alla forsennata pressione di tasti, alla corsa in verticale su un palazzo che solo Platinum Games sa fare, ad una strega che rimane nuda sotto una marea di capelli mentre evoca creature dal'inferno, a dei pratici tacchi per le scarpe con delle grosse e cartoonesche pistole e ad un mondo esagerato fatto di lecca lecca e German Suplex ai demoni!

D'altronde, Hideki Kamiya è quel signore a cui si può volere solo bene per aver creato la base di quelli che oggi sono gli stylish action partendo da un bug di Resident Evil e tirando fuori Devil May Cry dal suo arrogante cilindro, che poi ha lasciato che il suo bimbo dal cappotto rosso crescesse in una formula tutta sua, mentre lui perfezionava il tutto arrivando al primo Bayonetta (nel mezzo intanto ha fatto robe notevoli come i due Viewtiful Joe, non è che se ne è stato tranquillo).

 

Quindi, Bayonetta è cresciuto arrivando al suo terzo capitolo su Nintendo Switch nel 2022, riproponendo la formula classica a cui Platinum Games ci ha abituato, ma in questo strano 2023 videoludico in cui viva la next gen anzichenò e in cui ci si augurano brutte malattie per avere opinioni su Hogwarts Legacy arriva un prequel della saga della strega di Umbra che sceglie una strada molto strana…

 

Bayonetta Origins: Cereza and the Lost Demon sarebbe potuto essere un Bayonetta classico, con la sua iconica schivata che rallenta il tempo attorno, con una Cereza irragionalmente giovane ma che comunque quel fanservice te lo butta lì perché il Giappone è bello ma non ci vivrei, ma preferisce essere un gioco che segue la sua strada e racconta la sua storia.

La prima cosa che colpisce di Bayonetta Origins è il suo stile grafico che si riflette sulla sua narrazione. La sintesi grafica che semplifica gli esagerati barocchismi magari è qualcosa di già visto, ma è funzionale a come sio vuole raccontare la storia, che vede una voce narrante raccontare le disavventure della giovane Cereza mentre vengono sfogliate le pagine di un libro, come fosse una fiaba.
Le parti narrate a volte potrebbero risultare lente, dove spesso vediamo animazioni abbozzate a pochissimi frame e si deve attendere il comando di animazione della pagina successiva, ma basterà impostarè la riproduzione automatica delle cinematiche per godersi le scene e il susseguirsi degli eventi.

 

Simpatica e carina è una bambolina
Non si direbbe in giro che ha un papà saggio Lumen
Lo sguardo sempre acuto come mamma strega di Umbra

 

Cereza è una giovane apprendista, esiliata perché figlia di una strega di Umbra e di un saggio Lumen, che trascorre i suoi giorni sperando di poter diventare abbastanza potente da riuscire a ricongiungersi con la madre, tenuta prigioniera per la tresca.

 

La piccola strega passa le sue giornate ad allenarsi sotto il severo sguardo della sua maestra Morgana, raccontando le sue frustrazioni ad un peluche rattoppato di un gatto chiamato Cheshire, fino a che, a causa di un sogno, non si inoltrerà dentro la vicina foresta di Avalon, soggiogata col pugno di ferro dalle fate, dove riuscirà ad evocare un demone che prenderà il controllo del suo amato pupazzo. Cheshire e Bayonetta dovranno quindi affrontare varie prove per riuscire a scoprire i segreti dietro ai sogni di Cereza e riportare Ceshire (o meglio, il demone che lo abita) all'inferno.

Insomma, una fiaba.

Controllando Cereza e Ceshire, pure contemporaneamente utilizzando i due analogici, proseguiremo in questo viaggio, più vicino all' Alice di America McGee che a Devil May Cry, dove la protagonista avrà sempre bisogno del demone e viceversa, in un racconto fatto di puzzle ambientali in una foresta labirintica ed intricata che via via ci abituerà a riconoscere i suoi scorci e i suoi segreti, con un racconto semplice e quel senso di collaborazione che è più simile a Ico e The Last Guardian di Fumito Ueda che ai quick time event di Metal Gear Rising: Revengeance.

 

C'è un combat system molto divertente, si controllano contemporanemante i due personaggi,l ciascuno assegnato ad uno stick e ai relativi tasti dorsali, muovendoli in piccole arene scegliendo quale avversario attaccare per primo.
Molto più incasinato a raccontarlo che a provarlo controller alla mano, seppur non ci sia un sistema di lock e quindi Cheshire probabilmente deciderà che l'avversario con lo scudo sia il migliore da attaccare quando con Cereza hai intrappolato quello che spara col cannone sulla spalla!

 

Nelle varie aree della foresta ci sono delle distorsioni chiamate Tir Na Nog, templi che paiono usciti dal figlio dell'architetto dei sacrari di Breath of the wild e dell'interior designer di Genshin Impact, dove spesso dovremo solo combattere un'ondata nemica, ma che a volte conterranno sfide a tempo o del tipo "non farti colpire dai nemici". Alcuni di questi mini dungeon saranno di trama, altri faranno parte di quella sezione di gioco opzionale che non mi aspettavo.
Si potranno salvare dei folletti o trovare pagine di vari diari (oltre a le sfide che accennavo prima) per poter ottene un completismo del 100%.

 


La cosa che più mi ha stupito di questo sistema è proprio come il gameplay si sviluppi di pari passo con la storia. Più ci addenteremo dentro Avalon e più sarà necessario padroneggiare il gameplay simultaneo dei due personaggi, che si arricchisce di poteri elementali e di combo dei due alberi della abilità, ognuno espandibile con punti e oggetti unici per il personaggio.


Superando di poco la metà del gioco si nota di come le nuove abilità diventino più fluide e naturali, le battaglie ci impensieriscono sempre di meno, fino a delle battaglie più lunghe e impegnative che dimostreranno che chi gioca ha imparato, ma anche che Cereza e Cheshire sono in perfetta sintonia fra di loro.

Dopo diverse ore passate a controllare due personaggi in modo distinto il gioco ci porta verso dei combattimenti più frenetici e verso il sistema di schivata tipico di Bayonetta, diventando una versione semplificata del combattimento Stylish a cui siamo abituati con la saga principale, con eventi scriptati e quick time events.

 


Perché Cereza è cresciuta, si avvicina ad essere quella strega sicura di sè ed esagerata che siamo abituati a conoscere. Il gameplay e la storia sono proprio come Ceshire e Cereza, vanno di pari passo, a volte litigano e si separano, per poi ritrovarsi e continuare assieme, fondendosi completamente nel finale dove le azioni che compi col controller in mano sono funzionali a raccontarti chi è quella bambina che ad inizio gioco faceva i primi passi timidi dentro quella foresta onirica ma che ora è più sicura dei suoi poteri.

 


I gesti sgraziati fatti dai due personaggi a schermo mentre risolviamo i primi puzzale muovendo le due levette diventano un tutt'uno nel finale, perché il gioco rende tutto più action, ma anche perché quello strano gatto mannaro e quella gothic lolita hanno affrontato i pericoli della foresta e non intendono fermarsi proprio davanti a nessuno.



Bayonetta Origins: Cereza and the Lost Demon è uno di quei titoli inaspettati che ti arriva fra le mani e ti strega (pun intended), il suo stile e le divertenti intuizioni ti portano ad andare avanti checkpoint dopo checkpoint, ritrovandoti ad emozionarti per le sue fasi finali, partecipando alla costruzione di una fiaba oscura che non si pensava di volere.

 

E sapete cosa è veramente divertente? Che non devi manco aver giocato i tre Bayonetta per goderti questa esperienza!

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