Middlegame funziona solo a metà
Middlegame è un romanzo che cerca di unire il racconto di formazione al genere del fantasy alchemico non senza incappare nei problemi che insidiano questa scelta di ambientazione.
Roger e Dodger sono due fratelli.
Di più: sono gemelli, il prodotto di un esperimento alchemico che dura da secoli con il solo scopo di incarnare e quindi rendere utilizzabile, la Dottrina dell'Ethos, uno dei principi fondamentali dell'universo.
Detto così è chiaro che il mondo in cui si muovono i protagonisti del romanzo è differente dal nostro, segue regole diverse e l'Alchimia ne è la legge occulta.
Un mondo che vive immediatamente celato al di sotto del nostro e di cui vediamo solo gli effetti mentre le cause ci restano oscure.
E quindi Roger e Dodger, separati alla nascita, tenuti nascosti e distanti l'uno dall'altra perché divisi sono più deboli, più fragili, umani e controllabili.
Un po' esperimento, un po' misura precauzionale messa in atto dal loro Padre Biologico, che poi forse di biologico ha veramente poco, essendo anche lui, il temibile James Reed, il più potente alchimista del suo tempo, una creatura forgiata dall'Alchimia, erede e discepolo di una tradizione eretica che deve essere cancellata.
Questi sono gli attori principali di un gioco esoterico, al quale se ne affiancano alcuni minori, meri strumenti per articolare gli intricanti nodi delle linee del tempo.
Questa è la trama in breve di Middlegame con le sue fascinazioni esoteriche che, purtroppo, restano solo suggestioni vaghe a fare da sfondo, che danno colore alla vicenda, un racconto di formazione doppio per i due personaggi principali che in realtà sono due metà di uno.
Il contesto e le ambizioni del romanzo sono senza dubbio accattivanti, se non fosse che la messa in pratica funziona soltanto parzialmente.
Il nocciolo duro intorno a cui ruota la storia, la sua parte funzionante, è il rapporto umano tra Roger e Dodger, un rapporto fatto di avvicinamenti e separazioni che si susseguono assecondando le fasi dello sviluppo e della crescita dei loro poteri.
Almeno nella parte squisitamente umana.
Quando la vicenda si allarga a quello che vorrebbe essere un contesto fantasy contemporaneo, la vicenda mostra tutti i suoi evidenti limiti.
Il Macguffin soffre schiacciato tra l'ambizione di avere un senso e di funzionare solo como espediente narrativo.
Il problema più grave è che nel momento in cui si cerca di "approfondirlo" spiegandolo, si rompe sotto il peso della sua inefficacia.
L'alchimia che regola questo mondo è un pretesto estremamente labile, confuso e contraddittorio.
È difficile da seguire e, man mano che si aggiungono dettagli, la situazione diventa più confusa e sempre metto allettante per il lettore.
La cosa peggio è poi che prende e butta nel nulla quelli che sono gli spunti più interessanti (SPOILER: il viaggio nel tempo e il controllo della realtà) per tenerli confinati in un ambito estremamente limitato che, all'atto pratico dello svolgimento della trama, non ha praticamente nessuna ripercussione.
Il potere di resettare il tempo poteva essere un game changer, piazzato proprio lì, a metà del romanzo, ma non ha la stessa forza di trasformare la storia in una versione alchemica di Ricomincio da Capo.
Deboli ne escono anche gli antagonisti che non vediamo quasi mai all'opera ma è il testo a suggerirci la loro entità. Non vengono quasi per nulla definiti dalle loro azioni, ma sempre da una specie di "aura" che il testo enfatizza e che il lettore non vede motivata.
Similmente, risulta poco efficace l'espediente narrativo dello pseudobiblium che, al di là delle premesse, è più un elemento di colore di un fumoso background che un oggetto realistico (tipo il Necronomicon o Dio ci Odia tutti) attorno a cui far ruotare elementi della trama e dare vita ad una lore.
Questi in realtà sono difetti che possono essere letti come estremamente soggettivi, questione di gusto personale che non trova riscontro nello stile e nell'ambientazione del romanzo.
Nel momento in cui però si ragiona sulla prosa, i limiti diventano oggettivi.
Il testo è prolisso ed esasperante nelle ripetizioni.
Gli stessi concetti, vaghi, ripetuti e ripetuti ancora per mezzo di dialoghi che sembrano fare il recap di ciò che è accaduto nel capitolo precedente, come a voler scongiurare che il lettore possa essersi perso qualcosa.
Domande fatta da personaggi al solo scopo di spiegare cose ancora ed ancora che si traducono così in una costante pochezza dei dialoghi.
Tutto ciò associato alla struttura propria del romanzo diventa un costante loop di situazioni che si ripetono con uno schema costante e prevedibile per tutto quello che è il lungo secondo atto del romanzo.
Tirando le somme, leggere Middlgame, al di là dello spunto senza dubbio interessante, non è stata un'esperienza piacevole.
Troppo spesso lento e poco incisivo nei momenti salienti quando deve affondare il colpo e trascinare il lettore nel suo mondo.
Mondo del quale difficilmente sentirò lo mancanza, così come dei suoi personaggi.