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Workin' Moms racconta la maternità tra battute scollacciate, aborti, amicizia e il casino di essere madri in carriera

Nei primi 30 secondi del pilot di Workin' Moms tre delle protagoniste, più vicine ai 40 che ai 30, parlano del proprio seno e di come è cambiato dopo essere diventate madri. Lo scambio di battute alterna primi piani delle tre, per poi allargare e mostrarle a figura intera, sedute a terra, col seno in bella vista. Allarghiamo ancora l'inquadratura e vediamo che le tre donne si trovano in compagnia di altre mamme, un corso pomeridiano di scambio di opinioni, esperienze e reciproco supporto. Solo che sono le uniche tre a essersi spogliate per parlar del proprio seno, lasciando a bocca aperta o imbarazzate le altre mamme.

 

In pochi secondi Workin' Moms mostra una buona parte del tono della serie, introduce le tre protagoniste principale, grazie al botta e risposta di battute ci fa capire i loro caratteri e il fatto che si conoscano molto bene ma soprattutto fa una cosa che non capita spesso: mostra madri che parlano e raccontano di maternità senza filtri e senza eludere la sessualità, con tono leggero. Almeno nei primi minuti.

 

Ideata da Catherine Reitman*, che ne è pure produttrice e protagonista, Workin' Moms è una serie comica che trovate agilmente su Netflix, anche se iniziata nel 2017 sulla CBS. Ne sono uscite già sei stagioni e in questo articolo non farò spoiler, ma cercherò solo di farvi capire come mai l'abbia iniziata incuriosito per finirla in poche settimane trovandola nettamente sopra la media.

Reitman interpreta Kate, che dopo un congedo di maternità torna a lavorare presso l'agenzia di pubblicità e PR di cui è uno dei pezzi da 90, trovando sia un sacco di abbracci, accoglienza e cinque alti, ma pure tutte le problematiche di una madre che vuole migliorare una carriera in un ambiente in cui sono ancora gli uomini ad avere la maggior parte dei posti in alto. Questo è solo uno dei temi legati alla maternità che la serie affronta con leggerezza ma una consapevolezza parecchio lucida con dialoghi che ne parlano in maniera diretta e sotto testi più sottili e sfumati. Parlando, inoltre, non solo di equilibrio tra casa e lavoro, di tetti di cristallo, di wage gap e molestie sul lavoro, ma anche di depressione post-partum, di tradimenti, di rapporti molto complicati tra coniugi, tra amiche, tra madri e figlie. Senza risparmiare nulla quando si tratta di aborto.

 

Come accennavo non andrò nei dettagli per non spoilerare ma vi basti sapere che l'aborto viene mostrato, per una volta, come una cosa sì estremamente seria, piena di sfaccettature e sfumature, ma non automaticamente come un evento traumatico da cui sia impossibile riprendersi. Sottolineando quanto si tratti di una scelta personale e quindi dalla risposta mai scontata l'argomento viene tirato fuori più volte e in ogni occasione viene dato un punto di vista nuovo e diverso, che viene discusso in modo naturale tra le protagoniste e i coniugi o le figlie e, sorprendentemente, andando a incastrarsi ottimamente nel tono generale della serie che rimane sempre e comunque quello della commedia. In questo senso, per esempio, il sesso è uno dei punti di forza dell'umorismo della serie.

Abbiamo protagoniste donne che sono anche madri, oltre che lavoratrici e mogli e amiche e persone, di cui vediamo la vita sessuale, in alcuni casi un po' rocambolesca a causa di tradimenti e separazioni, in altri casi banalissima come può essere quella di una coppia navigata, in altri legata ad abusi che vengono raccontati senza paternalismi o monologhi avulsi dal flusso narrativo che potrebbero sembrare posticci e applicati solo per seguire un trend. Questa varietà di situazioni e sfumature riesce a stare in piedi non solo per l'inventiva della writer room, che trova situazioni sia ridicole che drammatiche ma mai fuori contesto, ma anche grazie all'ottimo lavoro nel raccontare amicizie che suonano molto vere perché ricche di dettagli, anche contraddittori come possono essere le amicizie, soprattutto quando durano decenni.

 

Di nuovo, evito spoiler, ma l'amicizia che c'è tra la protagonista Kate e la sua migliore amica Anne è tra le migliori, più approfondite, sfaccettate e realistiche che si vedano in tv da parecchio tempo. Un tipo di amicizia che mostra le difficoltà peculiari di due donne che devono lavorare (perché la situazione finanziaria delle due non è mai delle più stabili, come da regola delle commedie) mentre devono anche essere madri e mogli. Avendo perennemente il dubbio di essere delle pessime madri o delle pessime amiche, un'ansia che percorre tutta la serie esplodendo ogni tanto qua e là nei momenti di maggiore crisi che le protagoniste affrontano, tra dubbi per il futuro e la paura di dover crescere e smettere, prima o poi, di essere eterne adolescenti. Sentimenti e paure qui calate nel punto di vista femminile ma che chiunque può aver provato passate le 3-4 decadi su questa terra.

 

Insomma, una serie che mi verrebbe quasi da definire adolescenziale nel suo approccio alla comicità, dato che doppi sensi, nudi più o meno gratuiti (ma comunque coerenti con i caratteri dei personaggi), amorazzi che nascono e muoiono in pochi episodi sono la norma, se non fosse che la scrittura dei momenti più intensi è decisamente matura e la messa in scena non cade quasi mai nello strappalacrime, nemmeno quando ci sono morti improvvise, di persone vive o quasi nate. Un susseguirsi di emozioni che se mette lo spettatore a volte in situazioni di disagio, ha pure dei riflessi che raramente vengono lasciati cadere nel vuoto per i personaggi, che prima o poi ne affrontano le conseguenze, come ci si aspetta da una buona scrittura.

Come molto matura è la scrittura dei rapporti tra i vari personaggi. Che si tratti di genitori e figli, o di coniugi, o come accennavo sopra di amicizie, le fondamenta della serie sono proprio la rete di relazioni (romantiche, sessuali, amicali, di lavoro) che si vanno via via a costruire o rompere, raccontate con l'occhio attento di chi coglie un presente in cui le relazioni possono, se si vuole, essere molto più sfumate e piene di contraddizioni a patto che ci sia desiderio di dialogare da parte di ogni persona coinvolta. Sono proprio i non detti a creare alcune delle crisi più esplosive, un grande classico del racconto drammatico e comico, e sono proprio i dialoghi a essere uno dei punti di forza della serie, attenta anche all'uso di parole corrette e in linea col presente, senza, di nuovo, suonare come fossero prese da un manuale o da una lista di wikipedia. E qua e là non mancano colpi di scena che flirtano con il dramma vero e proprio senza però abbracciarlo mai del tutto, perché la serie è decisamente più comica che drammatica.

 

Se sentite la mancanza di serie comiche dai personaggi ben scritti, che ogni tanto vi danno una ginocchiata al plesso solare, siete in tempo per recuperare le sei stagioni di Workin' Moms in attesa della settima e ultima stagione.

 

*(se ve lo state chiedendo è figlia di Ivan Reitman, quello di Ghostbusters, e dopo aver visto la serie mi si insinua il dubbio che il terzo Ghostbusters avrebbero dovuto farlo scrivere e girare a lei anziché al fratello...)

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