Sarò onesto: il mio interesse nei confronti dei Game Awards è ormai quasi nullo, e come spesso faccio da quando ho smesso di scrivere di videogiochi come “lavoro”, ho recuperato l’evento in differita. Quest’anno però c’è stato un momento che mi ha portato a fermare la replica dello show, perché per una volta ho visto qualcosa di eticamente significativo. Il premio ad Amir Satvat come primo Game Changer, ossia una persona che ha fatto del bene al mercato dei videogiochi, in assoluto.
Satvat è stato invitato sul palco in virtù dei suoi numerosi sforzi per supportare tutti gli sviluppatori decimati dai licenziamenti di massa che hanno colpito il settore. In un certo senso, mi sono imbattuto anche io in Satvat, e mi piacerebbe spiegarvi perché abbiamo assistito a un momento, per una volta, di cui ha senso parlare. Per farlo però devo darvi un po’ di contesto personale, pertanto scusate l’egocentrismo che seguirà.
Cenere
È il gennaio del 2024 e io sono in un burnout devastante: ho appena lasciato un impiego durato due anni, in cui lavoravo 40 ore settimanali con una paga da 23, il tutto condito da un gaslighting continuo in cui l’etichetta di quello che non era abbastanza bravo o motivato era solo per me. Ai tempi non ero stato in grado di inquadrare quelle che molti definirebbero red flags, ma grazie a qualche meccanismo di difesa nel subconscio decido di lasciare tutto e tornare a quello che amo da sempre: i videogiochi.
La strada di scrivere articoli l’ho già battuta per sette lunghi anni, e come spesso spiega Lorenzo in Heavy Meta, lo spazio nell’editoria è troppo piccolo e troppo povero per tutti. Decido quindi di tentare, pur conscio dei miei 34 anni, la strada dello sviluppo, e spendo dei mesi in cui studio di tutto: Game Design, Scrittura, Pixel Art, Unreal Engine e tante altre cose che, alla fine, finiscono in un calderone da cui non esce nulla di concreto.
Nel frattempo provo comunque a mandare curriculum e, soprattutto, espandere il mio network su Linkedin. Con il mercato italiano non ho fortuna: o vengo ghostato, spesso dopo aver superato la prima selezione, o non ottengo mai una risposta. È quando il mio sguardo volge all’estero che trovo effettivamente qualcosa di bello e, ammetto, mai conosciuto prima, in mezzo al periodo storico più caotico che il settore abbia mai visto. È proprio in questo che emerge il nome di Amir Satvat.
Diving
Come ricordato durante i Game Awards, ci sono stati oltre 34.000 licenziamenti nell’arco degli ultimi tre anni. Il tutto è un mix di assunzioni forsennate post pandemia, un mercato che non concede il minimo errore e investitori che vedono sempre con positività un “taglio dei costi”, anche quando questo significa lasciare a casa delle famiglie. Se ne parla da anni, ma semplicemente non ci facciamo caso, in parte perché l’Italia non subisce gli stessi meccanismi che si vedono oltreoceano, in parte per la quantità e dimensioni degli studi nel nostro territorio.
Fuori, però, succede che ti mandano a casa nel giro di poco tempo. Se sei fortunato hai un pacchetto con alcuni mesi di stipendio, oppure una buonauscita e, nel migliore dei casi, qualche colloquio diretto con altre aziende. In altri casi resti con poco o nulla, magari dopo aver deciso di comprare casa in una nuova città o nazione per accettare un lavoro (storie come queste le trovate nei libri di Jason Schreier, che consiglio). In questi casi, com’è facile ipotizzare, il mondo può crollarti addosso in un’istante, e progetti come quello di Amir Satvat possono essere prodigiosi.
I premi non hanno senso, quelli per i videogiochi ancora meno
Sul sito di Amir (https://amirsatvat.com/) si trovano diverse risorse come: consigli per risaltare agli occhi delle aziende, liste di professionisti disponibili a sessioni di mentoring o valutazioni del CV. Si possono organizzare videocall per valutare i ruoli in cui ci si può spendere nell’industria del gaming internazionale e altre per pianificare i prossimi passi per la propria carriera. Il tutto senza chiedere un centesimo, gratis, in uno spirito comunitario a dir poco commovente.
Io stesso ho avuto modo di parlare con un game designer americano che mi ha consigliato come approcciarmi alla scrittura di avventure narrative, e anche con un producer olandese che mi ha spiegato i benefici che aveva trovato nel passare allo sviluppo su mobile. In Italia solo una persona mi ha dedicato il suo tempo nello stesso modo, conscio che sessioni di mentoring di questo tipo farebbero un gran bene anche nel nostro territorio (se mi leggi Alessandro, grazie). Il perché qui da noi non si faccia andrebbe chiesto a chi lavora nell’industria dei videogiochi oggi.
Game Changer
Tornando ad Amir e alla sua virtuosa idea, oggi vediamo un sito ben curato con collegamenti per scaricare guide e altri materiali, ma tutto è partito con una manciata di fogli excel, che son quelli a cui mi sono approcciato anche io: nomi delle persone che offrono il loro tempo volontario e gratuito, con i tipi di sessioni disponibili (screening CV, mentoring, ecc.) e contatti mail/Linkedin per raggiungerli. Una volta fatto si concorda un giorno e un orario, fusi permettendo, ed ecco che stai parlando a quattr’occhi con un professionista dall’altro lato del mondo per avere dei preziosi consigli.
Oggi la community di Amir vanta oltre 100.000 persone, e sono certo che più di qualcuno è stato aiutato dalla sua idea. Il fatto che tutto sia gratuito e accessibile non è da sottovalutare, perché c’è un sottobosco di personaggi su Linkedin che rimandano costantemente ad annunci lavorativi o a programmi d’affiliazione, ma spesso ci sono iscrizioni da fare, abbonamenti da pagare o altre concessioni da dare. A quanto pare c’è spazio per lucrare anche nella disoccupazione.
Sono rimasto stupito quando Geoff Keighley ha chiamata Amir Satvat sul palco per premiarlo dei suoi sforzi, perché una volta tanto è venuto meno lo show a tutti i costi per riconoscere un progetto effettivamente valido. Probabilmente qui da noi in pochi avranno capito l’importanza di questo momento, che sarà parso come un’interruzione tra le varie World Premiere, ma per una volta c’è stato qualcosa di significativo in uno show di Keighley.
Un momento da ricordare, o almeno da capire, e per farlo bisogna uscire dalla bolla del proprio egocentrismo, che nei videogiochi sembra moltiplicarsi senza freno in ogni settore che coinvolge. Perché le bolle, alla fine della storia, fanno solo una cosa. Scoppiano.