Quando il totalitarismo si veste da cosplayer
Dei ragazzi sfilano durante il Lucca Comics vestiti da nazisti. Rievocazione storica? Bravata idiota o tentativi di normalizzazione di un passato non del tutto sradicato?
È primavera, incontro Lorenzo Calza, storico sceneggiatore di “Julia" e autore delle vignette di “She" all'interno di una struttura che sta ospitando una nota kermesse italiana dedicata ai fumetti e all'entertainment.
I cosplayer sono numerosi, si respira un'atmosfera disimpegnata e giocosa, ma Lorenzo è rimasto colpito da un angolo dove si sta svolgendo quella che sulla carta dovrebbe essere una rievocazione storica del fronte africano della Seconda guerra mondiale: un gruppo di persone vestite con divise dell'esercito tedesco e delle SS, mentre intorno sventolano bandiere con la croce prussiana e su un tavolino sono esposte spille a forma di aquile del Reich e pubblicazioni che glorificano Mussolini e Hitler.
Ci sono degli altoparlanti che trasmettono marce teutoniche e lascia straniti non solo il fatto che il tricolore italiano sia posto accanto a stendardi d'ispirazione imperialista e nazista, ma che a quella musica si alterni di tanto in tanto l'Inno di Mameli.
Lorenzo, sconvolto, me lo fa notare. Lui è un esperto di linguaggi metropolitani, è abituato a cogliere i segni della strada e quello che ha visto è inequivocabile: quella rievocazione storica è un Cavallo di Troia per veicolare dei messaggi volti a esaltare le idee della destra estrema e il nazionalismo. L'astuzia è stata quella di farla passare per un'innocua iniziativa con finalità documentaristiche e culturali.
Gli organizzatori non c'entrano nulla, le “tracce esteriori" (certi cartelli didascalici, alcuni schemi degli sbarchi Alleati in Italia) riuscirebbero a ingannare chiunque. Anche io non ci avevo badato passandoci davanti.
La sovrapposizione e la fusione tra tendenze neonaziste e mondo del cosplay è un fenomeno reale, inquietante e sotterraneo poiché non concede chiari punti di riferimento. Amalgama fiction, divertimento, ricerca di un'identità e di assetti alternativi, impiego di simboli che si dichiarano deprivati di significati reali e diretti – secondo una sottintesa logica situazionista e postmoderna – mentre invece restano del tutto pregnanti e coerenti.
Quanto accaduto a Lucca Comics & Games qualche giorno fa - con due adolescenti vestiti con uniformi naziste e circondati da simboli del Reich che si facevano fotografare sorridenti con persone della folla, mentre un passante gridava giustamente loro: “Vergognatevi!” – diventa quindi l'ennesimo esempio di una tendenza che va monitorata.
Lodevole l'immediata dissociazione e stigmatizzazione del fatto – attualmente al vaglio degli inquirenti – da parte del Comune di Lucca e degli organizzatori del Festival toscano; sacrosanto lo sgombro del raggruppamento, soprattutto se si considera che nella stessa zona geografica, nel gennaio di questo stesso anno, si era verificato un altro fatto inquietante finito sotto lo sguardo della magistratura. Nel territorio della Brancoleria, infatti, il 27 gennaio, nella stessa data del Giorno della Memoria – così come riportato in un articolo del quotidiano “Il Tirreno" – un gruppo di attivisti di estrema destra, in contatto con ex terroristi neri come Mario Tuti, avrebbe compiuto una vera e propria esercitazione paramilitare indossando divise naziste e motivando il tutto con la solita scusa della rievocazione storica.
Ciò che però lascia, se possibile, ancora più attoniti sono le reazioni di molte persone davanti alla notizia riportata dapprima da “Il Fatto Quotidiano" (che ha ripreso un video postato sulla pagina di un gruppo di Facebook) e poi da altri, numerosi quotidiani locali e nazionali.
C'è chi ha parlato di censura e di privazione della libertà di espressione, c'è chi ha fatto notare che forse si trattava di inconsapevoli cosplayer della serie di videogame Wolfenstein (anche se, nel caso, non si capisce di quali personaggi, visto che i nazisti di Wolfestein sono ben diversi da quelli classici), c’è chi si è chiesto se il passo successivo sarà quello di vietare i simboli nazisti anche dai film di ricostruzione storica. Cosa che in passato veniva fatto in Germania, ma proprio per Wolfenstein il divieto è venuto meno perchè là i nazisti si ammazzano.
Una mole inaudita di commenti dementi, incapaci di comprendere l'importanza e la necessità di una contestualizzazione che trascende le normali attività di cosplaying in prossimità di una manifestazione dedicata al fumetto e all'entertainment. Il dato di fatto è che il disimpegno e le attività ludiche rappresentano oggi il primo strumento di trasmissione di quelle ideologie perverse e pericolose che il passato sta rigurgitando nel presente.
Tra i commenti al pezzo de “Il Fatto Quotidiano" ci sono state espressioni del tipo: “Ci si occupa di fantasmi del passato e di persone che si divertono a travestirsi, mentre oggi il vero nemico da combattere è la finanza speculativa globale neoliberista!”. Una rimostranza che non solo assomiglia in maniera agghiacciante alle parole che Hitler scagliava contro la “finanza ebraica”, ma che ignora come il neonazismo stia montando in maniera impetuosa nella Germania dell'Est inglobando intere comunità (consiglio, a tale proposito, la lettura del graphic novel “Nuvole Nere" di Ruju, Piccioni e Cavalletto, edito da Feltrinelli Comics).
E – lo ribadiamo – che nella tranquilla e amena lucchesia uomini di estrema destra vestiti con uniformi delle SS si sono esercitati a sparare in luoghi semi-isolati, al fuori di occhi indiscreti, frequentati da cacciatori. Il tutto in una località non molto distante dal Parco della Pace di Sant'Anna di Stazzema.
I “fantasmi del passato" si stanno reincarnando e assumendo nuove forme. È ormai in agenda di cronaca come non appena un genitore assennato va a indagare nel profilo WhatsApp di suo figlio può trovarsi davanti cose inimmaginabili. Anche i gruppi di adolescenti considerati più assennanti si prendono in giro e si insultano abitualmente utilizzando meme di Anna Frank e battute sui campi di concentramento. E no, non è una questione situazionista come il nome della band dei Joy Division: si tratta proprio di assenza di memoria storica con annesso un dissepolto: “Ci siamo rotti il cazzo della vostra retorica, dei vostri santini e del vostro buonismo!”
È un territorio melmoso e nauseabondo che si apre a fronte della totale latitanza di persone adulte e consapevoli, sulla mancanza di autorevoli figure di riferimento e in cui prosperano CasaPound, Matteo Salvini, Giorgia Meloni.
Quindi bisogna tenere aperti gli occhi: un'uniforme da nazista di “Wolfenstein" (e, ripeto, bisogna comunque capire se nel caso lucchese lo erano) indossata al di fuori del contesto narrativo del videogame non può essere considerata come una mise goliardica e innocua. Esattamente così come un tizio vestito da Adolf Hitler con tanto di svastica al braccio nei corridoi di una Lucca Comics & Games, di un Napoli Comics, di un Etna Comics o di un Romics non può affermare di essere uscito da “Bastardi senza gloria".
Occorre che le manifestazioni nazionali dedicate al fumetto, all'entertainment e al cosplaying predispongano un documento che rinneghi in maniera esplicita l'ideologia e la propaganda di stampo nazifascista – cosa già proposta alcuni mesi fa dal cartoonist Stefano Piccoli – e l'idea di totalitarismo in ogni loro forma contemporanea e si attivino per vietare l'esposizione di simboli legati a essi, anche e soprattutto tra gli stand dei rivenditori di merchandising.
Viviamo in un momento storico delicato e certe assunzioni di responsabilità diventano necessarie.