C’è un aspetto che accomuna, nell’opinione di chi scrive, gran parte della produzione recente relativa all’universo di Star Wars: il tentativo di rendere rilevanti personaggi e storie che fin qui nessuno aveva sentito il bisogno di raccontare. E che nessuno dei fan aveva chiesto. Invece, è esattamente questo lo spunto con cui nasce Star Wars Outlaws, sviluppato da Massive Entertainment insieme a Ubisoft (e ci ha messo lo zampino anche la compagine milanese del marchio): oltre il mantello nero di Darth Vader e le spade laser dei Jedi, cos’altro succede nell’Orlo Esterno e negli altri pianeti della Galassia Lontana Lontana?
Una premessa vaga, in grado di aprire la strada a ogni tipo di narrazione: se non c’è di mezzo la Forza, se non ci sono padawan e cavalieri, cos’altro si può mostrare? Molto.
Oppure, e il rischio è concreto, è che ci sia molto poco da aggiungere: perché, se togli l’epica a quel racconto, cosa resta? Qui, va detto, c’è un bello spunto da parte di chi ha deciso di dare vita a Outlaws: ci sono le canaglie, nell’Impero c’è tutto quel sottobosco di traffichini e contrabbandieri che abbiamo conosciuto sin dal primo film e rappresentato da Han Solo e Chewbacca.
Ci sono quei bar dove queste canaglie si incontrano, dove Luke Skywalker si dirige per cercare un passaggio discreto fuori da Tatooine: sono luoghi densi di promesse e premesse interessanti per raccontare come si vive giorno per giorno in quell’universo. Il tutto sta a capire se la magia della narrazione riuscirà a tener testa a quanto noi appassionati da sempre abbiamo immaginato.
Un open world già visto
Questo, dunque, il punto di partenza. E, se volete, vi anticipo anche la mia conclusione: mi aspettavo qualcosa di più da questo titolo, che sicuramente racchiude in modo interessante una certa atmosfera che un fan riconoscerà nelle ambientazioni dei diversi luoghi in cui la protagonista Kay si muove nel corso della propria avventura (Kay è il vero e proprio prototipo della canaglia fuorilegge da cui il titolo del gioco). Ma Outlaws nelle meccaniche di gioco ricorda un po’ troppo lo schema consolidato dell’open world di Ubisoft: poco va realmente a concedere all’appassionato nella possibilità di vagare in libertà nel mondo di Star Wars.
Il problema (sempre secondo me) è che la storia di Kay, pur interessante, avrebbe potuto essere raccontata in qualsiasi altro universo narrativo: la scelta di ancorarla a Star Wars è quasi incidentale, sebbene perfettamente calata dagli sviluppatori nell’ambientazione giusta.
Chi ha sviluppato Outlaws evidentemente conosce il lavoro di George Lucas: la scelta stessa di posizionare la storia a cavallo tra Episodio 5 ed Episodio 6 (tra Impero e Ritorno dello Jedi) è una stupenda strizzata d’occhio ai più integralisti tra gli appassionati, e francamente ciascun bar in cui sono entrato nel corso delle mie ore su Outlaws strillava “CANTINA SONG” a pieno volume.
Ma ci sono altri punti che mi hanno lasciato invece pensare che quello a cui stavo giocando era poco di più di un heist-movie interattivo. Kay è una fuorilegge e tale resta per tutto il gioco, specializzata nell’infilarsi tra le pieghe della sicurezza di basi dell’Impero e covi di malviventi, con uno strano feticismo per i piatti tipici di ciascun pianeta/bioma che visita (c’è una vera e propria quest dedicata a questo turismo enogastronomico).
Ci sono due cose che mi hanno lasciato davvero perplesso nel corso della mia avventura: le mappe, forse per scelta artistica volutamente intricate (e mal rappresentate nel pannello dedicato nell’interfaccia), e il continuo ricorrere alla modalità stealth per superare le prove che abbiamo davanti (tra l’altro, precipitando spesso in quelle situazioni in cui sorprendi una guardia alle spalle, mentre l’altra a 1 metro da lì neppure se ne accorge). Forse questa mia sensazione è anche legata a un pesante muro narrativo che ostacola nelle prime ore di gioco: poi la storia ingrana meglio e ci si affeziona di più a Kay e al suo amico peloso Nix (una via di mezzo tra un draghetto e uno spinone) (è un axolotl! nd Lorenzo).
Eppure, mi rimane in testa questa sensazione di essere alle prese con un prodotto che ha scritto Star Wars sulla scatola, ma non ne coglie un aspetto per me più che pregnante. Ovvero: Han Solo, per cavarsi di impaccio, alla furbizia del lestofante aggiunge una bella dose di spavalderia. Certe quest le ho risolte così, ne sono uscito sparando: ho come l’impressione non fosse quella l’idea di chi aveva modellato il gioco in certe quest.
Outlaws ha fatto delle cose buone
Non sottovalutiamo però, neppure, le qualità che ho trovato in questo Outlaws: su tutte mi è piaciuta l’idea di costruire la reputazione del proprio personaggio in base alle azioni e alle scelte compiute nel corso del gioco, scontentando a tratti l’una o l’altra fazione e prendendo decisioni a volte di pancia. Nonostante tutto mi è piaciuta anche l’ambientazione, che si muove tra orizzonti familiari per chi ha guardato film, serie TV e ogni altro prodotto sia mai circolato con impresso il marchio Lucasfilm (e il comparto sonoro aiuta): diciamo che se siete in cerca di un tuffo in quell’universo non resterete delusi, sebbene qui e lì un paio di glitch grafici (migliorabili) mi abbiano fatto un po’ storcere il naso.
Mi è piaciuta anche l’idea di fare tuning sullo speeder, mi è piaciuta l’idea di avere una astronave da personalizzare: è così che ho sempre immaginato Luke e Han e Chewie trascorressero le giornate, trovando sempre un modo nuovo di tirar via un parsec in più dalla rotta di Kessel.
Il problema, il mio problema si intende, è che il gameplay di questo Outlaws è “già visto”: lo abbiamo sperimentato, in modi molto simili o soltanto analoghi, in altri titolo Ubisoft (su tutti Assassin’s Creed ovviamente), e alla fine non mi ha regalato quella libertà assoluta che avrei sperato di trovarci. Troppe ripetizioni nelle meccaniche delle quest, a volte mi sembrava di essere infilato in un giorno della marmotta nel quale dovevo ripetere gesti e vedevo ripetersi situazioni.
Ora lo studio alle spalle di Outlaws ha annunciato che ascolterà i feedback ricevuti e intende rimettere mano ad alcune dinamiche del gameplay: l’impressione è che questo gioco possa diventare una piattaforma su cui costruire un percorso a medio termine, magari correggendo alcuni aspetti che ho criticato poche righe sopra. Va dato atto a Ubisoft e Massive di aver comunque aperto un nuovo capitolo: non ci sono solo i Jedi e la Forza, non ci sono solo le battaglie epiche nello spazio.
Quanto questo sia davvero interessante per la fanbase e i videogiocatori sarà il tempo a dirlo: il debutto si è assestato sulla sufficienza, senza acuti particolari, ma probabilmente vale la pena scommettere su quanto abbiamo visto fin qui per sperare che il seguito sia un prodotto ancora migliore.