Jay Kristoff, “padre” della nouvelle vague FF “oceanica” (in cui rientrano Amie Kaufmann, C. S. Pacat e Tamsyn Muir), per creare la trilogia di “Nevernight” ha gettato in un frullatore i cliché di “Star Wars”, i momenti salienti del “Gladiatore”, lo spirito di Arya Stark, le pulsioni erotiche del Marchese De Sade e un pizzico di Harry Potter. Poi, ha premuto – Play-. Il risultato non è un'accozzaglia di cose già viste ma una epopea fantastica cruda e violenta, spennellata su una tela inedita e pulsante. Infatti il mondo partorito dalla vivida immaginazione di Kristoff ha uno scheletro romano e un'anima veneziana, l'Italia del passato è un parco giochi fantasy.
La trilogia di Nevernight, tradotta con “Accadimenti di Illuminotte”, pubblicata da Oscar Mondadori Vault nel settembre del 2019 si è rivelata una sorpresa del fantastico contemporaneo. Andiamo a vedere perché i titoli “Mai Dimenticare”, “I Grandi Giochi” e “Alba Oscura” hanno riscosso così tanto successo. Si sono un fanboy di Kristoff ora.
Itreya è una repubblica assetata di potere, modellata a immagine e somiglianza della Roma repubblicana con tanto di consoli, tribuni e altre cariche. La sua capitale, Godsgrave, invece è una città-isola dalla forma vagamente somigliante a quella di un corpo decapitato. Godsgrave ricorda Venezia con i suoi canali, i ponti e la onnipresenza dell'elemento acquatico ma è costruita sulle ossa, si avete letto bene, di un titano. God's Grave, la tomba di un dio. Era ovvio, no?
Come nella Roma repubblicana ad Itreya c'è una specie di tirannofobia, ovvero la paura di vedere le istanze repubblicane messe in pericolo dalla sete di potere di un despota o di un re folle (ecco perché al potere ci sono due consoli). Ogni possibilità di tradimento viene fugata e messa a tacere nel sangue o nell'esilio, Itreya sarà per sempre una repubblica dove il benessere dei cittadini sarà sempre anteposto a quello dei suoi governanti. Non essendo una trilogia utopica sappiamo benissimo che queste sono tutte cazzate, Godsgrave è un nido di serpi velenose e politici corrotti. Insomma molto lontana dalla Roma di Catone o Cicerone, siamo in aperta crisi e personaggi come Catilina e Giulio Cesare sono dietro l'angolo.
La trilogia di Nevernight è ambientata a Itreya, una civiltà modellata sulla Roma repubblicana
Infatti il Tribuno Darius Corvere viene giustiziato per volontà del console Scaeva, reo di essersi ribellato e aver progettato l'incoronazione del generale Gaio Massimo Antonio (Roma intensifies). A guardare l'esecuzione c'è sua moglie e sua figlia Mia di 6 anni. Vedendo suo padre morire, Mia Corvere prova rabbia e tristezza e da quel preciso istante medita di vedere Scaeva sconfitto. Invece la moglie del tribuno Corvere, Alinne, viene rinchiusa in una prigione dimenticata da ogni dio buono insieme al suo ultimo figlio.
Mia d'altro canto viene inseguita dai bruti centurioni incaricati dal console Scaeva di ucciderla. La bambina riesce a fuggire grazie all'aiuto di un'ombra... dalla forma di gatto. Messer Cortese è un gatto fatto di ombre, impalpabile ed etereo quanto sarcastico e rompi palle, un tenebris, un frammento di oscurità e di un'antica maledizione. In compagnia di questa seconda ombra la bambina riesce a seminare i suoi aguzzini e si ritrova tra le amabili grinfie di Mercurio, un vecchio e bastardo membro della setta degli assassini. Non il padre adottivo ideale, ma forse è proprio quello di cui ha bisogno Mia Corvere, il piccolo corvo.
Nell'ombra di Mercurio Mia diventa un'adolescente atletica e cinica, accompagnata costantemente dal suo gatto di ombre e da un sigaretto che tiene stretto tra i denti. E ovviamente una scorta non indifferente di pugnali, i migliori amici di ogni assassino. Mia viene istruita e addestrata ad essere una spietata ammazza uomini e a differenza delle altre stereotipate eroine fantasy (quelle della Maas, coff coff) lei non ha una pseudo-morale buonista che le impedisce di perseguire i suoi scopi sanguinari. Infatti Mia Corvere è consapevole che uccidere è sbagliato ma è molto più sbagliato lasciar vivere i corrotti e i tiranni. Mia non è succube da diatribe etiche e personali, deve lastricare le cattedrale di Itreya con i cadaveri di coloro che hanno ucciso suo padre e rinchiuso sua madre.
Per fare ciò Mia deve compiere un ulteriore passo, ovvero laurearsi assassina della Chiesa Rossa, un'antica e sperduta setta leggendaria che risiede nelle terre Ashkai d'oriente e che ospita i migliori maestri assassini della storia.
Il mondo di Nevernight inoltre ha un wordbuilding straordinario, se vi garbava di leggere una Roma-Venezia fantasy dovete anche sapere che tutto il mondo di Kristoff non conosce la notte. Oh si, ladri, puttane, assassini e mentecatti operano sempre sotto la luce di uno dei tre soli che splendono nel cielo itreyano. Non c'è mai il buio in questo mondo, al massimo un timido crepuscolo dalla luce fioca. Soltanto ogni due anni arriva il Vero-Buio, un momento che culmina nell'eclissi dei tre soli e cala la notte. In quel giorno la tenebra è molto potente.
Per quanto riguarda lo stile Kristoff ha una prosa sontuosa e barocca, elegante sofisticata e volgare.
Si, è un bel mix. Possiamo rimanere intrappolati in una cangiante ragnatela di metafore e similitudini d'effetto o affogare in una pozzanghera di urina, liquami e battute sconce. Il linguaggio di Kristoff è esso stesso un'allegoria del mondo che descrive; l'oro, la magnificenza, il lusso, le belle donne e i ricchi banchetti sono soltanto una ovvia facciata volta a mascherare una realtà più povera e satura di bassifondi, vendette, bestemmie e depressione.
Il suo stile è un elegante stiletto che affonda nel nostro cuore con frasi a effetto o una lurida mannaia che ci porta via i nostri gioielli di famiglia, Kristoff è capace di districarsi in entrambi i mondi. Un funambolo dell'aulico e della volgarità. Inoltre a piè di pagina ci sono delle note che approfondiscono il contesto storico-sociale di Itreya e ampliano la nostra conoscenza, ma anche diverse battute sconce. Io vi consiglio di leggerle tutte.
Sesso e violenza sono alcuni degli ingredienti principali usati dall'autore australiano per condire la sua trilogia, a mio avviso le scene di sesso sono scritte benissimo e danno un notevole afflato poetico all'opera, quanto sono divertenti ed eccitanti le sezioni belliche e sanguinarie.
Inoltre Mia Corvere è anche un queer queen, una ragazza giovane che si cala nello sperimentalismo sessuale, dando piacere a uomini e donne. Un tratto tipico degli Young Adult fantasy è quello di inserire e evidenziare diversi elementi LGBT (a volte li si accusa di perdersi nei meandri del politicamente corretto), Kristoff invece non rincorre in nessuna frangia del politicamente corretto, non ha paura della sua eroina bisex perché sa di essere allo stesso tempo politicamente scorretto.
La sessualità è vista come un elemento naturale e genuino e non ha paura di usarla nei momenti più comici ed intimi.
Nevernight è molto lontano da tutte le opere dirette a un pubblico adolescenziale, è una trilogia sporca, cruda, fangosa, viscida e violenta, capace di emozionare anche il lettore più rodato e veterano di mille epopee.
E poi c'è anche Gabriele Giorgi, chi meglio del traduttore può introdurvi al mondo di Krisoff? Ecco perché abbiamo scambiato quattro chiacchiere con lui.
Noi lettori del Fantasy quando sentiamo "Gabriele Giorgi" pensiamo immediatamente a Brandon Sanderson, autore amatissimo dal suo pubblico e padre di opere potentissime e ricche di immaginazione. Ora sei reduce da un altro ottimo lavoro di traduzione! La Trilogia degli Accadimenti di illuminotte di Jay Kristoff, edita da Oscar Vault Mondadori, è una nuova perla della letteratura fantasy contemporanea. Ma la vera domanda è... come è stato passare dalla prosa sobria, asciutta seppur emozionante di Sanderson a quella più imprevedibile di Kristoff?
In effetti è richiesto un certo periodo di ambientamento. Lo stile di Sanderson è sicuramente più immediato e scorrevole, capace di descrivere un personaggio con poche, rapide pennellate e di rendere dinamiche le scene d'azione. Kristoff invece ha una costruzione della frase molto più peculiare, a volte con periodi brevi retti da un semplice gerundio. E poi c'è un continuo gioco di rimandi di parole e frasi che tornano nel corso dell'intera narrazione. Insomma, all'inizio ho dovuto trovare l'equilibrio giusto tra rendere scorrevole la sua prosa in italiano (usando la forma verbale più adatta a seconda dei casi oppure aggiungendo qualche congiunzione qua e là) e mantenere il più possibile il suo stile così peculiare, che meritava di non essere "lost in translation".
Ed ora la scelta della traduzione di Nevernight in Illuminotte, devo dire che intitolare la saga in "Accadimenti di Luminotte" è stato molto sofisticato, secondo me un colpo assestato, un buon adattamento del titolo. Ma scommetto che è stata una scelta molto ben ponderata e avrai avuto dei ripensamenti o altri modi per tradurre il titolo. Ci vuoi raccontare come è stato interessante e complesso soltanto adattare la costruzione linguistica del titolo?
Qui si è trattato di una decisione presa a quattro mani, in cui io ho dato ovviamente il mio apporto in quanto traduttore, ma è stato solo tramite il confronto con l'editor che siamo arrivati alla "quadratura del cerchio"; possiamo dire che sia stato 50 e 50.
"Illuminotte" è una mia invenzione. Fin dalle prime pagine, ho capito che era un termine che andava sicuramente tradotto (non poteva essere lasciato in originale, come ad esempio "Godsgrave") proprio perché si tratta di una parola di uso assolutamente comune. Per spiegarlo uso sempre il paragone con un saluto: normalmente diciamo "buona notte"; dire "buona nevernight" risulterebbe bizzarro, quindi era necessario trovare un termine che non stonasse e che allo stesso tempo avesse un bel "suono" in una frase ordinaria. Vagliando diverse possibilità (pensate analizzando l'ambientazione), ho optato per la fusione tra le parole "notte" e "illuminata"; quel "never" che apparentemente viene perso, rientra nell'ossimoro della nuova parola (che in realtà per Itreya è tutt'altro che una contraddizione).
Invece "accadimenti" è stata un'idea del mio editor, partorita durante la traduzione del terzo libro, quando finalmente viene svelato chi è il biografo di Mia (ovvero l'autore di prefazioni, postfazioni e note, oltre che della narrazione stessa). Qui non rivelerò di chi si tratta, per non fare spoiler a chi non ci sia ancora arrivato, ma conoscere la sua identità ha confermato come si trattasse di una persona in grado di usare un eloquio forbito ove necessario (ma non solo, vedi le note). Proprio a seguito di questo, l'editor ha proposto il termine "accadimenti", che io ho accettato di buon grado.
Come sanno i lettori e come immaginano i futuri acquirenti, l'Italia del passato ricopre un ruolo a dir poco centrale nella narrazione e nell'ambientazione dei tre romanzi, come ti sei sentito a scoprire parola parola un mondo non così lontano dal nostro?
Ogni nuovo mondo fantasy è sempre una piacevole scoperta. Devo ammettere che in questo caso l'ambientazione mi è stata d'aiuto: fin dalle prime pagine mi è stato chiaro che il latino avrebbe costituito la base per gran parte dei neologismi, quindi i miei studi classici mi sono venuti incontro, contribuendo alla resa di termini come ad esempio "tenebris" oppure "mutavitrum".
La storia dell'antica Roma ha poi fornito altre parole (altro esempio: "justicus" che in italiano è diventato "tribuno"), e sempre in quest'ottica ho pensato di sostituire i titoli "don" e "dona" (che a mio avviso al nostro orecchio sarebbero sembrati troppo spagnoleggianti, quindi leggermente fuori contesto in una versione italiana) con "dominus" e "domina".
Per il resto, si tratta di un'ambientazione che è assolutamente nelle corde di noi italiani: da Roma a Venezia, dal Senato ai giochi gladiatorii, è stato bello scoprire in un mondo fantasy elementi e situazioni che spesso non trovano posto all'interno di questo genere, ma solo nei romanzi pseudostorici. Mi viene da pensare al nostro Valerio Massimo Manfredi, naturalmente, ma un altro tentativo encomiabile di fondere la Roma antica e il fantastico è il ciclo della Legione perduta di Turtledove.
Kristoff ha dimostrato nei fatti di amare l'Italia e la sua cultura, e in qualche modo con questa sua trilogia sta contribuendo a far conoscere di più la nostra storia.
E ora la domanda che aspettavano tutti, raccontaci il tuo rapporto con le note... io le ho trovate genialmente spassose, e tu?
Forse non tutti saranno d'accordo, ma è la parte che ho apprezzato di più, in primo luogo perché sono state un ottimo espediente per definire la cornice del mondo senza "spiegoni" all'interno della narrazione, ma soprattutto perché erano così intrise di ironia. E poi in diversi casi costituivano un piacevole abbattimento della quarta parete, tanto da ricordarmi Deadpool... e questa non è l'unica analogia che trovo tra il mercenario chiacchierone e Mia Corvere #stabstabstab