Inside No. 9 è la serie giusta se vi piace passare da un genere all'altro in cerca di finali sorprendenti
Siete mai entrati nell'Interno 9? Nel caso vi avviso: se ne esce più spesso morti che vivi, oppure le cose vi vanno meglio e ne uscite involontari (o quasi) colpevoli di omicidio. Si può ridere tutto il tempo, oppure essere terrorizzati, si può cercare di risolvere un giallo oppure assistere a un musical. A volte ... Inside No. 9 è la serie giusta se vi piace passare da un genere all'altro in cerca di finali sorprendenti
Siete mai entrati nell'Interno 9? Nel caso vi avviso: se ne esce più spesso morti che vivi, oppure le cose vi vanno meglio e ne uscite involontari (o quasi) colpevoli di omicidio.
Si può ridere tutto il tempo, oppure essere terrorizzati, si può cercare di risolvere un giallo oppure assistere a un musical. A volte è tutto realistico in maniera drammatica, certe volte il sovrannaturale è dato per scontato. Insomma, si tratta di una serie TV antologica che fa della varietà solo uno dei suoi punti di forza.
Il vero titolo della serie è Inside No.9, serie TV inglese, della BBC. Dato il canale potreste pensare si tratti di una serie del dinamico duo Moffat-Gatiss che ha riportato alla ribalta Holmes con la serie Sherlock, ma per una volta loro due non c'entrano nulla. E sia chiaro, niente dissing da parte mia, li adoro dai tempi della serie Jekyll del 2007, e mi è pure piaciuta la strafottenza di Moffat nel rinnovare in qualche modo Dracula.
Ma è bello ogni tanto variare la propria dieta guardando storie scritte da autori un po' meno visti del solito.
In questo caso si tratta di Reece Shearsmith e Steve Pemberton che non solo hanno creato Inside No. 9 e ne scrivono gli episodi, ma ne sono pure i principali interpreti. Potreste accusarli di eccessivo protagonismo, ma la serie è così peculiare che un controllo di buona parte del prodotto credo sia necessario, per poter modulare nel modo corretto il tono degli episodi.
Un aspetto forse ancora più importante quando si maneggia una serie antologica con episodi autoconclusivi che cambiano genere di volta in volta.
In caso ve lo stiate chiedendo: sì, si intitola Inside No. 9 perché ogni episodio è ambientata in un interno N° 9, che può essere un appartamento, un edificio, un garage, il lotto di un cimitero, lo stage di uno studio televisivo, una villa gotica, un magazzino abbandonato, la camera di un albergo, il cubicolo di un ufficio.
Ci sono veramente pochi limiti nello capacità di Shearsmith e Pemberton di trovare un interno da sfruttare che sia meno ovvio del previsto.
Magari ogni tanto li si potrebbe accusare di stiracchiare un pelo il concetto di interno, ma stiamo parlando di storie e non di regolamenti di giochi.
Ancora meno limiti li dimostrano nel riuscire a infondere alla serie, nonostante i cambi di genere a quasi ogni episodio, quel caratteristico tono pervaso di humor molto inglese, a volte secco e caustico, ogni tanto più di grana grossa, ma sempre e comunque irrimediabilmente british: colto anche quando crasso, ricco di sfumature e sottintesi e sotto testi, estremamente bianco e upper class.
Tipico della serie è poi l'uso del finale a sorpresa, tradizione dì vecchissima tradizione ma che, se amate il genere, non annoia mai.
In questo, Shearsmith e Pemberton mostrano raramente momenti di stanca lungo le stagioni e sono, anzi, ben consapevoli di quanto gli spettatori stessi siano consapevoli a loro volta dei trucchi del mestiere.
Non mancano quindi episodi in cui si gioca con la rappresentazione di un qualche tipo di fiction, che sia teatrale, televisiva, artistica o un qualche tipo di truffa ai danni del gonzo di turno. Nel riuscire a tenere sempre l'attenzione alta e il ritmo serrato, i due sono aiutati dalla durata degli episodi, 30 minuti in cui raramente si ha la sensazione che i secondi vengano sprecati o la storia giri a vuoto, un format che si pone per certi versi come vecchia scuola nel mondo dello streaming, del binge watching, delle lunghe saghe che prevedono racconti orizzontali dipanarsi per stagioni e stagioni, ma per nulla vecchio nel cogliere spesso molto bene il sentire dell'oggi nei rapporti tra realtà e social, e tra persone e realtà (e se ogni tanto le storie sono ambientate nel passato remoto o prossimo, mostrano comunque una scrittura vicina al gusto dell'oggi, anche quando si fa il verso all'horror britannico anni '70 o al gotico anni '30).
Insomma la scrittura è il punto di forza della serie ma, proprio per il format antologico, vi potete godere anche una cura di scenografie, costumi, luci e regia sopra la media che si adatta di volta in volta al genere, oltre a interpreti che sanno adattarsi al canovaccio di turno, a partire dai due demiurghi della serie.
Attualmente sta andando in onda la sesta stagione e pare che il duo non abbia intenzione di fermarsi ancora presto con la loro produzione così oliata e ben accolta dal pubblico inglese.
Solo un avviso: il pilot, che io trovo ottimo, è un pelo più pesante del resto della serie per tematiche. Il secondo episodio invece fa sdraiare dal ridere. Vi consiglierei di guardarli entrambi per capire subito quanto variegato sia il tono.
Bonus: se andate sul sito della BBC potete pure scaricarvi le sceneggiatura di un paio di episodi, da qua.