STAI LEGGENDO : Il Museo Stibbert e gli Otaku dell'Ottocento

Il Museo Stibbert e gli Otaku dell'Ottocento

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Una mostra al Museo Stibbert racconta la passione ottocentesca per tutto ciò che arrivava dall'Oriente e che mostra sorprendenti legami con le fascinazioni di oggi.

Sono ossessionati dall’oriente, specie dal Giappone, riempiono le loro case di oggetti particolari acquistati in pochi negozi specializzati, non disdegnano travestimenti e feste a tema.

No, non sto parlando della community nerd in preparazione per Lucca Comics and Games, ma di un gruppo di nobili e borghesi ottocenteschi, i quali ricreavano il fascino dell’oriente nelle loro dimore, protagoniste della nuova mostra al Museo Stibbert di Firenze: Così lontani, così vicini.

L’esposizione, visitabile fino al 5 Maggio 2024, fa immergere il visitatore in un percorso che porta dalla seconda metà dell’Ottocento ai giorni nostri, seguendo il fil rouge dell’interesse dell’Europa per l’oriente.

Infatti, sebbene si possa pensare che l’attrazione verso la cultura giapponese sia un fenomeno recente, nato dalla diffusione massiva di manga e anime, la realtà è ben diversa. Già a partire dal XVIII secolo infatti, l’Europa inizia a guardare all’oriente, grazie ai commerci della Compagnia delle Indie (sì, quella di Pirati dei Caraibi..), che porta prima in Gran Bretagna, e poi negli altri Paesi, preziose porcellane, stampe e tessuti che prendono il nome di chinoiserie, “cineserie”, a prescindere dalla vera origine.

Il gusto per l’oriente entra nei palazzi aristocratici e borghesi a partire dal giardino, dove vengono inserite pagode come ghiacciaie o coffee-houses, per passare poi alle ‘sale cinesi o giapponesi’ che iniziano ad apparire negli interni (come la famosa ‘sala cinese’ della Reggia di Portici). Nel XIX secolo, con l’apertura del Giappone ai commerci e la sua presenza alle Esposizioni Universali, si scatena una vera e propria ossessione per il Paese del Sol Levante, che coinvolge anche il padrone di casa, Frederick Stibbert.

Non si può infatti parlare della mostra senza evidenziarne il legame profondo con la visione di Stibbert: amante della cavalleria, del medioevo e dell’oriente, trasforma la sua villa di Montughi in un “santuario” dei cavalieri, dando spazio ad armature ed armi europee, medio-orientali e giapponesi, ricreando l’ambientazione e lo spirito dei vari Paesi e periodi storici sala per sala, come vuole la moda dell’epoca, l’Eclettismo.

Questo è un movimento artistico che prevede di costruire, e soprattutto arredare, “mescolando” elementi di vari periodi storici e varie provenienze in un connubio dall’effetto fiabesco e dalla grande portata culturale.

Sabine du Crest ed Enrico Colle, rispettivamente curatrice della mostra e direttore del Museo, con il prezioso contributo della Fondazione Alinari per la Fotografia, ci accompagnano passo passo nella conoscenza di luoghi, oggetti, eventi e personaggi che, da nerd, possiamo percepire come vicini a noi.

Luoghi speciali come i negozi, avamposti orientali a Firenze, come quello della famiglia Janetti in Piazza Antinori o quello di Pietro Botto in via Strozzi, capaci di rifornire le ville di piatti, vasi, sculture e sedie provenienti da India, Giappone, Cina e Bengala.

Fra gli eventi ricordati nella mostra, le feste di carnevale del periodo 1885-1888 nella zona dell’ex-ghetto (nelle vicinanze di Piazza della Repubblica), ci avrebbero fatto perdere la testa! Il vecchio quartiere venne trasformato in una versione fiorentina di Baghdad prima, e della “Città proibita” poi. Nobili e borghesi agiati vi parteciparono in gran numero e in costume: neanche il cosplay, infatti, è una pratica così moderna come pensiamo, e affonda le sue radici molto lontano.

Andare alla mostra però, significa anche confrontarsi con personaggi di ieri e di oggi che hanno fatto del legame con il “lontano” oriente il loro segno distintivo. Stibbert innanzitutto, eccentrico collezionista col cuore diviso fra Medioevo e oriente, entrambi ricreati seguendone più l’immagine letteraria che quella filologica.

Ma anche Auguste François, Console di Francia in Cina, che per presentarsi alla promessa sposa non le invia il suo ritratto, ma la foto del suo salotto, con un’armatura da samurai al centro, una sala allestita con la stessa cura che noi riserviamo ad action-figure e repliche.

Gli oggetti che possiamo trovare alla mostra sono necessariamente variegati: kimoni giapponesi e un’armatura da samurai, porcellane cinesi, maschere africane (che influenzeranno l’Espressionismo e il Cubismo di inizio ‘900), draghi birmani, sculture e pezzi d’arredamento.

Con le sue sette sezioni, la mostra, pur di dimensioni contenute, riesce a sintetizzare il fenomeno dell’esotismo nei salotti europei fra Ottocento e Novecento, grazie all’allestimento evocativo e alla puntuale corrispondenza fra fotografie ed oggetti esposti, dandoci l’occasione di fissare un punto di partenza per un molto probabile approfondimento personale del tema.

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