Detention: la prigione del corpo e la prigione dell'anima
Un survival horror in stile giapponese, che mostra anche il “sopravvivere all'orrore” nel mondo reale e come nessuno esca mai indenne dalle proprie azioni.
Taiwan, anni '60, nel mezzo del periodo di legge marziale imposta dal Kuomintang noto come “Terrore bianco”. Wei è uno studente delle superiori che si sveglia misteriosamente da solo nella sua scuola proprio mentre il sistema di allarme avvisa di un tifone imminente. Mentre vaga per i corridoi vuoti incontra un'altra studentessa, Fang Ray Shin, e dopo averne conquistato la fiducia i due escono, solo per scoprire che il luogo è circondato da quello che sembra un fiume di sangue; Wei e Ray si rassegnano a trascorrere la notte nell'edificio abbandonato, ma al ragazzo succede “qualcosa” e ci troviamo a prendere il controllo di Ray. Sogno, realtà o qualcos'altro ancora?
Detention è l'opera d'esordio degli sviluppatori taiwanesi Red Candle Games, una breve avventura horror a basso budget che omaggia storia, cultura e folklore della loro nazione. Sulle prime, il titolo non sembra discostarsi molto da altri giochi horror indipendenti occidentali dove sfuggire a creature invincibili e passare di stanza in stanza risolvendo enigmi con il limitato inventario a disposizione (The Cat Lady e Neverending Nightmares su tutti). Allo stesso modo, nonostante l'ambientazione taiwanese, sono inevitabili i paragoni con certi stereotipi di horror nipponico, come la scuola che diventa un labirinto maledetto da cui non si può scappare, e la presenza di spettri femminili mugolanti che si possono evitare solo compiendo determinati rituali.
Tuttavia, quella che può sembrare scarsa fantasia o voglia di conformarsi da parte di Red Candle, dopo le prime fasi di gioco si svela come una scelta precisa che serve a instillare nel giocatore un senso di familiarità, per poi metterlo di fronte a ciò che la loro opera vuole significare. Anzi, può persino essere che le fasi iniziali con sangue, spiriti e jump scare siano state pensate e messe in evidenza per attirare l'attenzione degli youtuber, che ormai sono per molti il canale privilegiato dove informarsi sulle produzioni indipendenti, specie se di stampo horror e/o surreale.
Al di là delle teorie sul marketing virale, diventa presto chiaro come l'etichetta di survival horror sia un “cavallo di Troia” che serve agli sviluppatori per ottenere ciò che interessa loro veramente: raccontare una tragedia personale che si intreccia e si riflette in quella di una nazione piegata da decenni di repressione politica e militare. Lo stesso titolo scelto per la versione inglese è indicativo in questo senso: “detention” ha il doppio significato di prigionia, e di punizione scolastica in cui si trattiene qualcuno oltre l'orario, e mai come in questo caso la differenza fra le due cose si farà labile.
È molto difficile parlare della trama senza incorrere in grossi spoiler, data anche la breve durata del tutto (attorno alle 5 ore se si vogliono ottenere entrambi i finali). Ma è anche inutile nascondere che da un certo punto in avanti le creature del folklore spariscono, l'interattività si riduce di molto e tutto ruota attorno alle esperienze passate di Ray e agli orrori reali e tangibili vissuti dal popolo di Taiwan, tra delazione, carcere e torture.
In diversi non hanno gradito il cambio di registro da un horror “puro” a una sorta di “punta e clicca” triste e angosciante più che macabro e pauroso; in realtà, la scelta si rivela azzeccata, in quanto la graduale scomparsa di azione e suspense favorisce la riflessione su personaggi e accadimenti. Tutto ha un significato preciso, anche la presenza di Wei e le scene in apparenza più irrilevanti, alla luce di quanto si scoprirà sulla condizione di Ray attraverso i tipici documenti disseminati ovunque, nonché i flashback e i dialoghi con le apparizioni che incontreremo.
Oltre a questo non scordiamo che Red Candle ha creato il gioco ad uso e consumo dei propri conterranei: i numerosi rimandi alla fede e filosofia taoista, certi graffiti non tradotti, e alcuni riferimenti (ad esempio, le canzoni che si sentono per radio furono tutte bandite dal regime nella realtà di quegli anni), se pure non necessari per apprezzare il gioco e le sue qualità narrative, sfuggono a chi non condivide lo stesso background culturale, ma dimostrano come Detention sia più complesso e sfaccettato di quanto possa apparire all'inizio.
L'intento di raccontare un periodo buio e raramente considerato del recente passato (il “terrore bianco” fu abrogato nel 1987) in modo non didascalico è senz'altro ammirevole e interessante; comunque, anche senza avere particolari conoscenze di storia, politica e mitologia asiatiche, la trama ruota attorno a esperienze umane universali come senso di colpa, amore, invidia, problematiche familiari, per cui non sarà difficile prendere a cuore la situazione di Ray e portarla verso un finale, se pure non del tutto inaspettato, duro e sconfortante. A meno che non si trovi il modo di placare i fantasmi del suo passato...
Detention è un raro esempio di titolo dove ogni cosa o quasi è funzionale e si incastra alla perfezione col resto: il minimalismo dovuto al basso budget potenzia l'atmosfera cupa e opprimente degli ambienti malsani e abbandonati, la breve durata fa sì che gli snodi della trama rimangano sempre chiari e ben impressi nella memoria, e la struttura circolare della storia incentiva la rigiocabilità e il riesame di certi dettagli che magari in un primo momento erano sfuggiti.
L'unico appunto può essere legato alla generale facilità e banalità degli enigmi proposti (a parte uno, basato su un pianoforte, abbastanza irritante), ma è evidente come siano stati inseriti per giustificare l'interattività del titolo, che altrimenti sarebbe potuto essere una “visual novel”, e resi semplici per non rovinare l'immersione e spezzare troppo il flusso della storia.
Red Candle Games ha mostrato di saper partire con il piede giusto, per cui sono alte le aspettative nei confronti del loro nuovo titolo in arrivo, “Devotion”: una sorta di sequel spirituale di Detention, che similmente affronta storia e cultura taiwanese in chiave horror, ma con un'ambientazione datata agli anni Ottanta e una visuale in prima persona