Una questione di formato
Che i fumetti siano sotto tutti i punti di vista una materia viva in continua evoluzione è stato l’argomento centrale di molte mie riflessioni nel post Lucca (una sindrome che funziona allo stesso modo del Long Covid e di cui solo adesso sto riprendendo il senso del gusto e dell’olfatto per la vita al di fuori della fiera toscana).
Al centro di queste mie riflessioni c’è stato la questione della forma del fumetto, intesa come formato distintivo con il quale il fumetto passa dagli autori ai lettori. In poco più di mezzo secolo siamo passati da dalle strisce sui giornali al volume di lusso con in mezzo tutte le esperienze da edicola, i bonellidi, gli spillati americani, i TPB che purtroppo ancora latitano dal mercato italiano.
Questo cosa ci dice in termini sociologici? Che il pubblico dei fumetti è cambiato.
I lettori di fumetti non sono più un mercato marginale o necessariamente infantile, sono anche adulti disposti a spendere, anche tanto, per avere l’esperienza fumetto nella migliore delle forme possibili.
E mentre anche Bonelli consolida la sua stretta sulle fumetterie e le librerie di varia con linee dedicate, forte di un pubblico che è cresciuto e non abbandonerebbe comunque le edicole, la domanda legittima che viene da farsi è come si approcciano i giovani alla lettura di fumetti dal momento che le edicole sono l’indiscusso fortino presidiato dalle vecchie glorie che con i volti di attori decrepiti fanno capolino dalle copertine di mensili canonizzati quando i loro nonni avevano la loro età?
“La stampa è morta”
Il webcomics è stato un game changer di proporzioni inimmaginabili se pensiamo di come Zerocalcare abbia avuto un boost di popolarità nel passaggio dalle fanzine dei centri sociali a Netflix passando per un blog.
Un blog: questa stessa parola che per molti di noi è stata, ed è ancora adesso a dirla tutta, un baluardo di libertà creativa dove comunicare con un mondo cartaceo altrimenti sordo, mentre scrivo, è una realtà vecchia. Blog sono nati e sono morti durante questi ultimi 20 anni chiusi nella loro dimensione generazionale, questo perché ad ogni generazione è inevitabilmente associata ad una fruizione diversa e “contemporanea” delle informazioni, siano queste notizie, storie o, per l’appunto, fumetti.
Ulteriori iterazioni di questa nuova natura digitale del fumetto, svincolata dalla carta stampata, le abbiamo avute su Instagram. Il social network con il suo formato quadrato si è posto immediatamente come un utile rimpiazzo della griglia e lo spazio bianco tra una vignetta e l’altra è rappresentato dallo scorrimento delle immagini della galleria. Unico limite, nemmeno troppo diverso da quello delle prime strisce o di una griglia molto classica pre anni 90 del comics americano, del numero di vignette da infilare di fila e dalle proporzioni 1:1, anche quello comunque elegantemente aggirabile tramite qualche trovata che non metto in dubbio avete sicuramente visto in gito.
Sta di fatto che, come alludevo sopra, i fumetti sono di nuovo pensati in modo diverso, e già sembra di tornare ad un momento di sperimentazione della rifondazione e riappropriazione della gabbia dopo essersi liberato del telaio bianco proprio durante le esterienze degli anni 90 e 00.
Nomi che hanno fatto di questa sequenzialità un marchio di fabbrica, per citarne giusto un paio: Sio, Fumettibrutti, CapitanTroll, o lo stesso Leo Ortolani quasi incidentalmente ha realizzato un webcomics sulla pandemia che una volta stampato per di più ha mantenuto il formato quadrato emulando la fruizione dello scorrimento orizzontale delle immagini su Instagram.
O la recente esperienza di Grinta di Roberto Recchioni che segue un iter molto simile, passando da una necessità artistica a diventare prodotto con in mezzo il passaggio su Instagram.
Ma perché limitarsi allo scorrimento orizzontale nuovamente limitato dalla griglia? Si può lavorare sul formato digitale in modi nuovi e, in tal senso, le piattaforme di comics si stanno muovendo per offrire un “valore aggiunto” che la carta non può offrire.
Non sono un fan della “lettura guidata” di comixology, per capirci, ma le riconosco un merito assolutamente non banale nel tentativo di innovare.
Trovo molto affascinante il valore enciclopedico che hanno le piattaforme proprietarie di Marvel e DC Comics, perché metti caso che un giorno nel prossimo futuro mi salta la mosca al naso di recuperare tutto il Conan di Berry Windsor-Smith, ho la certezza matematica di trovare comodamente tutto il materiale lì.
Al di là del valore enciclopedico però dal punto di vista delle novità queste piattaforme sono carenti e niente mi toglie dalla testa che i digital first siano un po’ una seconda scelta e che il canale di distribuzione principale è e rimarrà ancora per chissà quanto tempo quello cartaceo.
Perché non in verticale?
Si viene a creare un grosso vuoto di potere nel voler approcciare a storie nuove pensate per venire incontro ai nuovi metodi di fruizione del fumetto.
A mettere una pezza a questo apparente vuoto arriva il fumetto indipendente, sempre pronto a proporsi in modalità nuove e sperimentali per ricavare uno spazio nel mondo che sia proprio, rivolgendosi ad un bacino di utenza come in questi casi, quanto mai specifico: nuovi giovani lettori.
Partiamo dall’assunto che la fruizione possa avvenire su qualsiasi dispositivo connesso ad internet ma dal momento che in tasca tutti portiamo un dispositivo che, in pratica, ci accompagna per la vita e il gesto che credo più facciamo oggigiorno è lo scrolling è razionale pensare che anche il fumetto possa esprimersi funzionalmente su un nastro continuo che si sviluppa lungo l’asse y.
E torniamo alle piattaforme, per raccontare l’esperienza di una vera e propria realtà editoriale che afferma la sua esistenza portando a lettori storie che altrimenti vai a sapere se sarebbero mai passate attraverso le maglie dell’editoria tradizionale o che se ne distaccano consciamente per la loro forte identità indipendente.
Di Tacotoon abbiamo abbondantemente chiacchierato durante le nostre dirette su Lucca (e se non le avete viste male, ma potete sempre recuperare immagini di noi che mangiamo e beviamo davanti una carta da parati dal gusto tropicale) e in questa sede volevo soffermarmi su un’altra realtà dalla matrice indipendente che ha sposato le ragioni dello scrolling: Jundo.
Jundo è un microcosmo di editoria indipendente che si pone l’obiettivo di pubblicare originals di giovani fumettisti e importare opere inedite dalle più disparata provenienza, che sia la scena indipendente statunitense o la grossa piattaforma di webtoon cinese.
Il catalogo allo stato attuale si presenta come spaventosamente vasto ma che per percorsi tematici è più facile orientarsi per andare incontro ai propri gusti, ad esempio io sono arrivato un pelo spiazzato non essendo ferratissimo sui manga e ho iniziato a procedere a tentoni provando un po’ quello che sono i titoli che si presentano con un carattere riconoscibili più forte.
Allo scopo di sondare il territorio è interessante spendere un po' di tempo sulla classifica del titoli più apprezzati dalla community anche solo per volersi dare un’idea di quali sono gli argomenti che tirano di più.
Tra questi sicuramente spicca Streetball Arena di Kuaikan Comics, la più grande piattaforma di webtoon cinese, che racconta di come un manga datato come Slam Dunk getti ancora un’ombra lunga sia sui nuovi autori che sui lettori.
Visivamente notevole, dallo stesso collettivo Kuaikan, lo shonen post apocalittico Of Machines and Beasts che spicca per un notevole dinamismo nelle scene d’azione. Similmente accade per lo shonen fantasy Anomaly: Soul di Sensor Sange, forse più tradizionale sia come tratto che come tematiche ma che comunque è riuscito a scavarsi una nicchia nel cuore degli utenti, forse proprio grazie al suo impianto così tradizionale.
Piacevolmente sorpreso di notare come nella top 5 della app spicchi anche Shaman, tranquillamente ascrivibile al filone di manga italiani che racconta dell’impatto che ha avuto la cultura manga sulle generazioni nate dopo il 2000 e di come su Jundo queste abbiano trovato uno spazio dove poter far conoscere il loro lavoro.
Personalmente, data la mia scarsa familiarità con il genere, ho trovato comunque materiale più vicino alle mie corde nell’offerta forse più tradizionale, come Chiantishire, storia di una nobildonna etrusca divenuta immortale, del collettivo indipendente Storie Brute o di Belle Epoque, la storia di due amici nella criminalità parigina di inizio ‘900 sceneggiato da Matteo Filippi disegnato da Lorenzo Grassi.
E adesso le cose che non mi sono piaciute.
Dal punto di vista del formato purtroppo è un po’ pesante notare una certa disomogeneità.
È estremamente interessante come viene di volta in volta sfruttato lo scorrimento verticale, anche quando le storie non risuonano nelle mie corde, fa un po’ meno piacere leggere invece i fumetti degli autori italiani che non sposano la fruizione a scorrimento della app, non per qualche motivo legato alla genuinità dell’opera ma di come questa sia scomodamente fruibile sulla app pure avendo un cellulare dalle dimensioni generose.
È in questo frangente che Jundo tradisce la natura “ibrida” del suo progetto, che pur abbracciando le interessanti novità del webtoon resta legato ad un mondo fatto di carta in quanto tra le possibilità offerte dalla piattaforma c’è quella di acquistare in formato fisico i volumi proprietari che quindi non possono essere fruiti e nemmeno pensati come nastro continuo, anche se ammetto sarebbe affascinante acquistare un fumetto e vederselo recapitare a casa sotto forma di rotolo.
Per quanto invece trovo giusto come i manga sfruttino lo scrolling, sono molto scettico sull’effettiva efficacia della colorazione che non aggiunge niente alla storia se non appesantire il disegno con gradienti visibilmente spezzati dallo scorrimento e qualche tono troppo piatto che impasta il disegno invece di esaltarlo, e quindi a quel punto avrei preferito dei “buoni vecchi” retini per permettere alle chine di respirare.
Sta di fatto che per offerta di titoli e per varietà della proposta è estremamente affascinante tenere d’occhio queste realtà emergenti in quanto il futuro del media fumetto, come racconta l’esperienza maturata negli ultimi anni, è molto meno scritto sulla carta di quanto fosse legittimo aspettarsi nel decennio scorso. Nessuna realtà è immutabile e spesso abbracciare il cambiamento è l’unico modo per evolvere e portare al media qualcosa di innovativo.