L’uscita di Capitan Marvel al cinema ha indubbiamente portato nuovi riflettori alla figura della Carol Danvers appartenente all’universo dei fumetti. Brie Larson e la sua controparte cartacea presentano molte similitudini a livello caratteriale e l’attrice ha indubbiamente fatto un ottimo lavoro nel caratterizzare l’eroina dai poteri cosmici, come abbiamo avuto modo già di esaminare. Tuttavia non sono di certo mancate le solite polemiche del caso. La stessa pellicola sottolinea egregiamente come un’eroina femminile così cazzuta spesso venga vista male da una mentalità chiusa, da chi è abituato a un panorama di supereroi maschi dall’alto testosterone. Non è tanto la presenza di una donna nel team degli Avengers a suscitare una stortura di nasi, anche perché Vedova Nera e altri personaggi hanno ampiamente dimostrato il loro valore, ma è l’atteggiamento peculiare di Capitan Marvel a generare scontento. Peperina, perentoria, istintiva, l’anima dell’ex-pilota è un misto di approccio diretto e attitudine al comando, una vera e propria forza anche nella sua relazione con il prossimo.
Non potrebbe però essere altrimenti: Capitan Marvel è una figura di spicco dell’universo Marvel e rappresenta l’espressione più pura e splendente del potere cosmico, molto affine a quanto lo era il vecchio Nova nelle sue tirature più storiche. E sul fumetto non si è mai nascosta la tendenza al riscatto del potere femminile, del quale la Danvers è stata una forte apripista per nuove figure come Spider-Gwen e la recente Thor. Nella storia di Capitan Marvel c’è però stato un singolo evento, anche piuttosto recente che ha davvero ridefinito la sua figura nel panorama attuale trasformandola perfino in un supercattivo agli occhi di molti fan: Civil War II.
La nostra Carol ha avuto una storia editoriale ballerina, andando via via a fortificarsi negli anni recenti a partire da dopo i famigerati eventi di House of M. In linea con la canonicità Marvel, la sua figura pre Secret Wars può essere messa da parte per analizzarne le implicazioni post evento. Essendo una dei pochi ad aver preso la “scialuppa di salvataggio” di Mr Fantastic, la Danvers dei numeri attuali ricorda perfettamente gli eventi precedenti al grande piano di Dr. Destino, perciò la sua carriera tra gli Avengers, il ruolo come Binary e il coinvolgimento in Civil War sono impressi nella sua memoria.
Dato che il multiverso stava per finire e lei ha assistito alla sua scampata distruzione, fu eletta come capo della Prima Linea di difesa all’interno dell’ambizioso Programma Spaziale Alfa. Un compito davvero molto simile a quello svolto dai precedenti Fury e Soldato D’Inverno nelle loro storie precedenti, con la differenza che Carol fonda anche gli Ultimates: una squadra di supereroi eterogenea (tra cui Pantera Nera e Spectrum) specificamente messa in piedi per distruggere potenziali minacce prima ancora che si tramutino in minaccia.
Il suo status conferma quindi come la figura di Captain Marvel fosse una delle più importanti se non quella chiave nella protezione della Terra, perfino dei più navigati Avengers e di altre entità molto riconosciute come i Guardiani della Galassia. La pura potenza e la leadership dimostrata dall’ex-pilota sono stati essenziali per convincere il governo americano e gli altri supereroi, tanto da affidarsi a lei con rinnovata facilità e fiducia. Questo fino a quando non entrò in scena l’Inumano Ulysses, il quale è capace di vedere il futuro attraverso delle visioni molto precise. Chiaramente si tratta della perfetta risorsa per una squadra come quella degli Ultimates e Carol ha fatto di tutto pur di sfruttare il suo potere.
Del resto chi non lo farebbe? Se si potesse conoscere con esattezza un pericolo prima ancora di vederlo iniziare e si vestissero i panni di un’entità dal potere cosmico, non si farebbe di tutto per eliminare la minaccia? Carol Danvers aveva già perso molto, come persona e come eroina, e l’intero universo era stato recentemente messo a rischio proprio perché nessuno aveva potuto prevedere quella minaccia creata da Dr. Destino. In questi fattori troviamo la forte giustificazione, sottolineata nella storie post-Civil War II, che mosse la rabbiosa e quasi arrogante voglia di non avere ostacoli tra lei e Ulysses, andando perfino a ledere le delicatissime relazioni con la famiglia reale degli Inumani.
Per quanto possa sembrare una reazione emotiva, sconsiderata e quasi presuntuosa, in realtà la base dietro il comportamento di Captain Marvel è asseribile all’istinto di chi è chiamato a fare decisioni estremamente difficili pur di avere la chance di salvare delle vite. Purtroppo però, la posta in gioco si fece così alta da riuscire a corrompere la visione morale della Danvers, lasciando subentrare una cieca visione eccessivamente rinchiusa nelle sue premesse.
Ci furono due eventi che diedero il via alla vera e propria seconda guerra civile: Il primo fu l’attacco a Thanos dopo che Ulysses aveva avuto una visione su di lui. La battaglia, portata direttamente nel pianeta del Titano Pazzo, fu così feroce da ferire gravemente She-Hulk e uccidere War Machine. La morte di Rhodey – ora di nuovo in vita - distrusse letteralmente il già fragile Tony Stark, il quale iniziò ad antagonizzare apertamente Carol, innamorata di Rhodey al tempo, come figura di comando con il suo classico atteggiamento da chi ha la soluzione per tutto e che abbiamo visto in altre tirature, o nel grande sbaglio da lui fatto nella versione cinematografica di Age of Ultron. Iron Man inizia così a indagare per conto suo, pensando che Carol si fosse lasciata prendere dalla foga e fosse diventata troppo zelante per i suoi gusti, il che non era lontano dalla realtà ma è altrettanto vero che l’aperta ostilità del signor Stark abbia ulteriormente attizzato le fiamme del conflitto.
La degenerazione definitiva avvenne nel secondo evento topico: quando Ulysses ebbe una visione su Hulk e sulla distruzione che avrebbe portato di lì a poco. Carol, Iron Man e i loro schieramenti si ritrovarono quindi davanti alla caverna/laboratorio di un Bruce Banner ormai in “astinenza” da tantissimo tempo e sconvolto dal racconto della visione. Tra le pressioni di Carol per mettere sotto chiave Banner e l’obiezione di Tony per la libertà del suo caro amico, Occhi di Falco stupì tutti e tirò la freccia che uccise immediatamente Bruce Banner, la stessa freccia che lo scienziato gli aveva precedentemente affidato nel caso in cui ci fosse stato il pericolo del ritorno senza controllo di Hulk.
Inutile dire come la morte di un personaggio di quel calibro – ora di nuovo in vita - abbia scosso nelle fondamenta sia gli schieramenti in questione, sia l’intero universo fumettistico dentro e fuori la carta. Ed è proprio lì che nacque il punto di rottura più significativo tra Tony Stark, Carol Danvers e gli stessi lettori, esattamente come fu la fuga di Capitan America dallo S.H.I.E.L.D. nella prima Civil War. Dalle pagine dei volumi dedicate alla ricerca di Tony e dalle storie parallele, traspariva come le visioni di Ulysses fossero sì affidabili, ma non assolute o perennemente certe. Principalmente perché lo stesso Ulysses non era altro che un ragazzo senza la minima comprensione dei sui poteri, e poi per via del fatto che il tempo e lo spazio sono entità così modificabili da non poter avere l’assoluta certezza matematica di qualsiasi evento, specialmente in un mondo con esseri così forti da modificarli a piacimento. Alla luce di ciò, è giusto agire preventivamente quando si ha un team di supereroi dalle difese super pronte per qualsiasi minaccia, come ha fatto Capitan Marvel?
Questo e altri dubbi legittimi e molto razionali hanno attirato i maggiori consensi da parte degli appassionati. Insomma, se lo dice Iron Man chi è questa Carol Danvers per contraddirlo o per andargli contro? Solo perché ha i poteri cosmici deve sentirsi in diritto di imporre la sua opinione? E chi le ha dato il potere giuridico di arrestare civili e supereroi riconosciuti? Razionalmente, un dibattitto del genere sarebbe una pura disquisizione morale dallo svolgimento decisamente interessante per il panorama supereroistico, eppure è diventata l’ennesima velata occasione per contrapporre la visione femminile a quella maschile. Si fa attenzione a nascondere questa chiave di lettura dalle motivazioni dietro l’odio generale, eppure se si frequenta la scena americana non è certo la prima volta che vediamo proporsi un discorso del genere, anzi viene spesso sottolineato come l’azione delle supereroine debba rimanere al di sotto delle imprese e delle morali delle icone più grandi e mascoline. Purtroppo però, l’autore non ha di certo fatto nulla per rendere meno odiosa la Carol di questa saga, la quale pronuncia discorsi senza senso indipendentemente dal sesso da cui vengono pronunciati.
La scrittura rimane comunque abbastanza profonda e lascia la Danvers a fare i conti con il suo lato umano: non viene ritratta come una fredda comandante dedita al sacrificio dei suoi sottoposti, la sua sofferenza diventa estremamente reale e traspare in ogni scena in cui la si vede riflettere da sola o con pochi intimi. All’apparenza non può permettersi di vacillare ma vorrebbe davvero far capire di pensare di essere dalla parte del giusto, una tensione che costerà caro al suo stato psicologico e che la porterà a commettere errori palesi, pagati con estremo scotto nelle conseguenze della saga. Mentre fino alla morte di Rhodey bene o male sembrava una situazione gestibile e aperta al dialogo, con l’arrivo della visione su un attentato commesso da una civile si intravide l’apice della morale distorta creatasi in Capitan Marvel. Le scene, fino a quel punto, lo sottolineano molto bene: vediamo infatti l’eroina cosmica dipinta come una figura di spicco in lotta con la parte emotiva, la stessa capace di viziare la propria linea di pensiero e giustificare qualsiasi azione pur di dimostrare di essere nella parte del giusto. A fronte degli eventi dolorosi susseguitesi fino alla morte di Banner e le conseguenze diplomatiche di essa, il peso sulle forti spalle di Carol si fece davvero troppo pesante per riuscire a pensare con lucidità. Come lettori lo vediamo quando Tony Stark cerca di riportare il dialogo a un tono pacato nonostante una rabbia furente dentro di sé, oppure quando gli stessi Ultimates cercano di far ragionare senza successo il loro leader.
Lotte intestine, critiche e pressioni governative sono la punta dell’iceberg dell’intento degli autori di sottolineare l’estrema umanità della Danvers, contrapposta allo stesso tempo dalla forza del suo alter-ego galattico. E dov’è che è più umana? Non lo è nei sentimenti, nel dolore o nell’arroganza quanto lo è nella difesa di un concetto fallato come la moralità della “Pre-Punizione”, cioè quello che vuole applicare lei cercando di punire i criminali prima che diventino tali o che compiano l’atto. Il tema legato a questo discorso ha generato numerosi dibattiti accademici e politici, soprattutto in considerazione di fenomeni come il profiling delle agenzie della difesa ed eventuali nuove frontiere del controllo civile. Il risultato di tali riflessioni è stato una bocciatura abbastanza condivisa per via di una serie di questioni legate alla libertà individuale, ai diritti civili e alla fallibilità dei mezzi con cui si calcolano le probabilità dell’azione di un crimine.
Argomentazioni incarnate proprio in Tony Stark, il quale ha alcuni passaggi piuttosto interessanti e direttamente legati al dibattito, come quando Capitan Marvel afferma: “Cosa farò? Una persona viene da te e dice: laggiù c’è un tizio armato di pistola e ha detto che farà fuoco. Vai a controllare o ti dici: oh, bè, aspetterò di vedere se spara per capire se il primo tizio aveva ragione?” Il filantropo quindi risponde “Ottanta percento? Sessanta Percento? Quaranta? Quale probabilità riterresti accettabile per agire basandoti su queste visioni del futuro? Se ti dicessi che c’è solo il dieci percento di possibilità che la visione sia corretta?” La risposta della Danvers è tanto lapidaria quanto importante per la comprensione: “Vuoi sapere cosa farei se ci fosse la possibilità del dieci percento che Thanos metta le mani su un cubo cosmico prima che possiamo fermarlo? Per me è più che sufficiente. E Rhodey sarebbe d’accordo”
Da questo scambio nasce la spirale di degenerazione morale che spronerà la Danvers ad arrestare un’innocente civile per poi trattarla come una terrorista, azione deplorevole che distrugge completamente la figura di Capitan Marvel e che porta a una prima battaglia tra i due schieramenti. Lo scontro produce una nuova visione di Ulysses in cui Miles Morales aka Ultimate Spider-Man si trova da solo con un Capitan America morente tra le braccia. Un simile presagio scuote tutti e interrompe l’intera lotta, lasciando in massa l’arena dello S.H.I.E.L.D. nel tentativo di capire cosa sia più giusto fare. Carol Danvers conclude di dover tenere sotto chiave anche lui e perciò si fa trovare pronta a combattere nel giorno in cui sarebbe dovuto accadere il tutto. Tony Stark, incredulo e scettico di fronte a uno scenario così irrealistico, scommette tutto sé stesso e si prepara ad affrontare la donna cosmica con ogni pezzo dell’arsenale a sua disposizione. Ne consegue uno scontro epocale in cui la sceneggiatura porta l’ex-pilota a commettere il peggiore atto della sua storia fumettistica: spedire in un coma profondo Tony Stark.
Ed è qui che Carol Danvers finisce veramente di esistere; è in questo suo grande errore umano dettato dalla sua indole senza freni che diventa alla stregua di un vero e proprio villain. La stessa impulsività indicata come debolezza da Marr Vell nella pellicola uscita nelle sale, la quale però è stata anche un punto di forza in altre saghe. Alla fine si tratta proprio di questo: Carol è umana e spesso chi le sta intorno se lo scorda, così tanto umana da poter commettere errori di giudizio di quando in quando, così come hanno fatto tutti gli altri supereroi. Vi ricordate quando Tony Stark e gli altri Illuminati hanno spedito Hulk fuori dal pianeta terra e scatenato World War Hulk? O quando Ciclope decise di uccidere il Professor Xavier? O quando Peter Quill decise di lasciarsi sopraffare dalle emozioni in Avengers: Infinity War?
Eppure, nessuno di questi esempi ha portato a un disfacimento totale della figura come quello avvenuto con Capitan Marvel. Oltre alla reazione dei fan e all’indice di gradimento precipitato nel baratro prima del recente film, gli stessi supereroi all’interno delle saghe successive continuarono a riportare fuori l’errore commesso da Carol. Lo stesso Tony Stark, quello che ha approvato l’atto della registrazione degli eroi e esiliato Hulk, ha continuato a sottolineare come Carol lo abbia mandato in coma. Per non parlare poi degli altri membri del team Ultimates, i quali non smisero di insistere sulla questione nonostante anche delle buone intenzioni. Questo errore, di cui Carol aveva già ampiamente mostrato pentimento in molte pagine, viene ancora portato avanti nonostante una serie di approfondimenti dedicati. Eppure sembra fin troppo facile scordarsi le motivazioni e la storia dietro la Carol Danvers di Civil War II, l’alter ego dietro la figura brillante di Capitan Marvel, lo stesso che ama, odia, pensa e vive come una terrestre a tutti gli effetti. A Brie Larson l’onore di ricordarci i momenti belli di questa eroina, senza però dismettere i suoi errori come se non fossero mai accaduti: ognuno di noi, del resto, è forgiato proprio dagli sbagli che ha commesso.