One Deck Dungeon - È sbagliato cercare di non prendere mazzate in un dungeon?
One Deck Dungeon è un giocabile sia in cooperativa che in solitaria e sintetizza perfettamente l'esperienza di dungeon crawling.
La mia ladra si sta avventurando nella sala degli specchi. È entrata da poco nell'antro del drago, ma il tempo scorre inesorabile: deve fare in fretta se vuole affrontare la bestia e avere qualche possibilità di sopravvivere per raccontarlo.
Spalanca una porta, se ne è lasciate altre tre alle spalle perché i pericoli che avevano rivelato erano troppo per le sue capacità.
Spalanca una porta, dicevo, e si trova di fronte a un’orda di ratti.
La mia ladra muore.
Prima di lei, sono morte la maga, l’arciere e persino la guerriera.
Dovrà passare ancora del tempo prima che possa sorgere un’eroina: la paladina che, forte della resistenza che le dona la sua fede e delle capacità magiche sviluppate affrontando spiriti e ogre, riuscirà ad arrivare al termine del labirinto e a fare a pezzi il minotauro con due soli colpi.
One Deck Dungeon, creato da Chris Cieslik, nominato a tre Golden Geek nel 2016 e portato in Italia da MS Edizioni, si pone un obiettivo audace: usando solo un mazzo di carte e una – cospicua – manciata di dadi, vuole riproporre l'esperienza di un vero dungeon crawler.
Senza tessere componibili per le stanze, senza miniature, senza master. Solo carte e dadi. Ce la farà?
La scatola base, uscita in italiano un paio di anni fa e da poco ristampata, contiene 5 carte eroe di grande formato (guerriera, maga, arciere, ladra e paladina – tutte donne, con un piacevole ribaltamento dei canoni del genere), 4 carte che definiscono il dungeon che andremo ad affrontare e il boss rispettivo finale, abbastanza segnalini ferita e pozione per morire troppe volte e curarsi troppo poche, 30 dadi a rappresentare le nostre caratteristiche e abilità eroiche, carte e abilità e un blocchetto per la modalità campagna, una grande carta riepilogativa, 44 carte sfida e la carta scale. Tanta roba, insomma, che in modalità Tetris riesce a entrare nella piccola scatola.
(E le carte ci entrano anche quando sono imbustate – una buona cosa, visto che non sono telate e si rovinerebbero facilmente, dato che in questo gioco bisogna mescolare tantissimo)
Attenzione, avventuriere, perché la grafica delle nostre eroine e dei nemici è cartoonesca e a tratti pucciosa – una scelta che potrebbe far storcere il naso ai puristi del grimdark e del dark fantasy – ma non ci si deve far ingannare: è un gioco cattivissimo.
Nonostante sia spietatamente American, One Deck Dungeon è semplice e a suo modo elegante: si sceglie un personaggio e ci si avventura in uno dei sotterranei.
Ogni turno il tempo passa – facendoci scartare carte dal mazzo delle sfide – e questo è importante perché, una volta esaurito tale mazzo, comparirà la carta scale che ci permetterà di scendere al livello inferiore e infine di affrontare il boss.
Fatto passare il tempo, avremo due possibilità: esplorare – posizionando fino a quattro carte coperte di fronte a noi, a rappresentare porte chiuse del sotterraneo –, oppure aprire una delle porte ed eventualmente affrontare la sfida che ci troveremo di fronte.
Che sia un mostro o una trappola, quello che ci viene richiesto è tirare i dadi – tanti quanti i nostri punti caratteristica – e riuscire a coprire più caselle possibili tra quelle della sfida con dadi dello stesso colore e di valore uguale o superiore – oppure con i dadi eroici, che possiamo ottenere in svariati modi. Ogni caselle lasciata scoperta ci infliggerà ferite o ci farà perdere tempo. Dopodiché, la sfida viene scartata, trasformandosi in bottino.
Ed è nell’uso del bottino che One Deck Dungeon brilla.
Quando superiamo una sfida possiamo scegliere, infatti, se usare il bottino come oggetto – e in tal caso si trasformerà in bonus alle caratteristiche o ai punti vita –, oppure per apprendere una nuova abilità speciale che ci permetterà di influenzare i risultati dei dadi, oppure ancora come punti esperienza per passare di livello e ottenere nuovi slot oggetto e abilità, dadi eroici e pozioni, o infine – raramente – come ricetta per una nuova pozione.
Abilità e oggetti, poi, sono tantissimi, e spesso rischieremo una leggera analysis paralys con un brividino di terrore di fronte a una scelta, perché il centro di questo gioco è proprio l’abilità di scegliere come utilizzare il loot per personalizzare, e potenziare, al meglio la propria eroina. E si deve essere il più oculati possibile, perché ogni scelta sbagliata si paga e a ogni livello del dungeon diventa sempre più difficile sopravvivere.
Cercare di capire in quale direzione sviluppare il proprio personaggio è l’unica strategia che il gioco ci permette, tutto il resto si basa sulla tattica: come posso fare a subire meno danni possibile con i terribili risultati ai dadi che notoriamente ottengo ogni volta? Mi conviene sacrificare due dadi di forza per ottenere un dado eroico da piazzare su quella casella agilità ed evitare una perdita di tempo che mi porterebbe ad affrontare il drago ancora impreparato? Quando è meglio bere una pozione, adesso che devo recuperare punti vita o quando avrò una ricetta migliore?
Spesso, le nostre scelte si riveleranno tremendamente sbagliate, in altri casi daremo la colpa alla sfortuna; fatto sta che la maggior parte delle volte la nostra eroina andrà incontro a una fine orribile e prematura.
Perché One Deck Dungeon ha principalmente un lato negativo: dipende moltissimo dall’alea – come succede a tutti i giochi che usano mazzi di carte e tiri di dado. Possiamo avere il piano migliore del mondo, ma se incontriamo il nemico sbagliato e la fortuna non è dalla nostra parte, difficilmente riusciremo a sopravvivere, anche se in teoria non abbiamo sbagliato niente.
Certo, potremmo anche dire che questa altissima mortalità dovuta alla sfiga fa parte del voler ricreare l’esperienza di un vero dungeon crawler. Di quelli old school in cui cui praticamente la storia non esiste – perché in ODD la storia non esiste e può emergere solo dalla volontà del giocatore di inventarne una – e in cui i gruppi di avventurieri vengono decimati ogni due stanze per il piacere di un sadomaster.
E quindi, ce la fa questo gioco a ricreare questa esperienza in una ventina di minuti e con poco materiale?
Sì, a patto che abbiate il coraggio di continuare a tentare, che dei dungeon crawler non vi interessi la trama – che comunque spesso è un pretesto ed è pure bruttina – e che in sottofondo abbiate la colonna sonora di Darkest Dungeon in loop.
Insomma, se giochi a One Deck Dungeon, o vinci o muori. Ma di solito muori.