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Orchard - Un frutteto tutto per sé

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Orchard è un gioco in solitaria il cui scopo è coltivare e far prosperare il proprio frutteto, portato in Italia da GateOnGames.

Prima di scrivere questo articolo ho mandato una foto alla mia ragazza perché, per la seconda volta nella mia carriera di contadino, il mio frutteto risultava quasi-perfetto, con un record personale di 52 punti.

Un piccolo brivido, per me che al massimo mi sono occupato di una pianta grassa ora passata a miglior vita…

Ma andiamo con ordine.

Nel 2018 Mark Tuck decide di partecipare a un contest, il 9-card nanogame print & play design, e si capisce già dal nome che le regole di selezione sono piuttosto restrittive: giochi di breve durata che usino nove carte (e fino ad altri 18 componenti).

Mark, che oltre a essere un game designer è anche un graphic designer (e su questo ci torneremo più avanti), partecipa con Orchard.
E vince: questo gioco in solitario in cui si deve coltivare e far prosperare il proprio frutteto riesce a sgominare avventure spaziali, dungeon, montagne dei goblin e pure gli Spartani alle Termopili.

Ma non solo: lo stesso anno il suo piccolo gioco vince anche il Golden Geek come miglior gioco print & play – per chi non lo sapesse, i Golden Geek sono un po’ gli Oscar dei giochi da tavolo, organizzati dalla community del sito boardgamegeek.com.

Ora, siccome normalmente non frequento l’ambiente dei print & play, ho aspettato che il gioco venisse portato in Italia nella sua versione retail a opera di GateOnGames – e per fortuna, perché le loro edizioni sono belle e curate e il cartone della piccola scatola di Orchard è solido e compatto, adatto a starsene in tasca o nello zaino ad aspettare la pausa pranzo per il tempo di una partita.

Una partita Orchard, infatti, dura al massimo dieci minuti, e la meccanica di gioco è tanto semplice quanto sfidante.

Come detto in precedenza, infatti, l’obiettivo è ottenere più punti facendo prosperare il proprio frutteto, e questo avviene sovrapponendo nove carte – e usando dadi per tenere traccia del punteggio.

Le carte di Orchard hanno tutte le stesse caratteristiche: ognuna di esse è composta da sei alberi (due meli rossi, due peri gialli e due susini viola), ma la disposizione di questi alberi cambia di carta in carta. Come anticipato, infatti, il buon Mark Tuck è anche un grafico e il design del gioco è minimale, colorato ed elegante, con un’occhio di riguardo (no pun intended) per i giocatori daltonici.

Dopo aver svelato la carta di partenza, se ne pescano due e si sceglie quale piazzare, poi se ne pesca un’altra fino al termine della partita, con un procedimento che ricorda un pochino Carcassonne (o Domino, se vivete ancora fuori dal mondo dei giochi da tavolo).

L’unica regola, infatti, è sovrapporre almeno un albero a quello di una carta precedentemente giocata, rispettando i colori. Con due alberi sovrapposti si piazza un dado del colore adatto a indicare un punto, se si aggiunge un terzo albero i punti diventano tre, con un quarto diventano sei e al quinto si raggiungono i dieci punti – che è il massimo per un dado, facendo attenzione perché i dadi sono solo quindici, tre per colore, e le risorse sono quindi limitate.

(I dadi sono normali dadi da sei – anche loro belli compatti – ma con facce che mostrano 1, 3, 6, 10 e due foglie che non valgono un fico secco)

In realtà, durante la partita si possono fare due eccezioni a questa regola, sovrapponendo due alberi di colore di verso e piazzando un segnalino “frutta marcia”. Il problema è che facendo così non potremo più sovrapporre nulla su quell’albero ibrido (gli innesti non sono contemplati, se non come variante amatoriale tutta italiana che potete reperire su bgg) e, soprattutto, ogni segnalino “frutta marcia” ci frutterà ben tre punti in meno a fine partita.

Tutto qui. Più o meno, perché la sorpresa è che, anche se per giocare si usano solo nove carte, all’interno della scatola ce ne sono diciotto, e le regole dicono proprio di mescolarle tutte e creare due mazzi, così da avere subito il materiale pronto per una nuova partita.

E se ne avrà voglia, perché il flow scorre potente in Orchard: la brevità delle partite invoglia a giocare immediatamente contro se stessi per battere il proprio high score – o per sperare in una pescata migliore.

Infatti, dal momento che le carte in Orchard vengono pescate in ordine, e che l’unica scelta che abbiamo è quale carta piazzare tra le due che abbiamo in mano e dove, a volte si sente la dipendenza dalla fortuna – che possiamo arginare solo con una buona tattica, in un gioco in cui preparare una strategia è impossibile. Ma questo non è un lato negativo, perché permette a Orchard di essere rigiocabile virtualmente all'infinito: con diciotto carte a disposizione, usandone nove alla volta e mescolandole, stando a Google pare che ci siano 48.620 possibili ordini di pesca (e questo nonostante la pesca non sia uno dei frutti del gioco, pensa un po’).

Insomma, tutto questo significa che, nonostante io ami i giochi pesantemente ambientati, i giochi regolisticamente pesanti, i giochi narrativi e i cinghialoni, mi sono ritrovato a intavolare Orchard più di qualsiasi altro titolo nell’ultimo periodo – complice anche il fatto di tenerlo un po’ troppo vicino alla scrivania – per giocare contro me stesso.

O contro altri, perché Orchard prevede anche una modalità competitiva multigiocatore (a patto che ognuno possegga la propria copia), in cui ci si sfida a ottenere il punteggio migliore seguendo tutti lo stesso ordine di pesca. Si tratta di una modalità che mi pareva un po’ sterile, fredda, ma che invece è stata una grande sorpresa in questo particolare periodo: ha trovato un ottimo terreno fertile per germogliare (tra poco la smetto con i giochi di parole) online, sui vari gruppi dedicati ai gdt, stimolando sfide e partite in differita e costruendo una piccola comunità (agricola).

Insomma, Orchard è un giochino succoso, che se piacciono i solitari non si può lasciare sullo scaffale a marcire.

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