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Marco Milone e la filosofia del Go

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Il nuovo saggio di Marco Milone per Aracne Editrice indaga l'antico gioco orientale del Go, esaminandone la natura e le scuole nazionali.

Marco Milone è un attento studioso della cultura nipponica e orientale in genere. In una sua recente opera, di cui avevamo trattato, aveva affrontato gli Emaki, la antica forma d'arte giapponese che sta alle origini del manga moderno. Ora torna in libreria per Aracne con un nuovo volume: "Evoluzione e rappresentazione simbolica del gioco del Go". In esso, affronta un altro aspetto cruciale delle culture orientali. Il Go, infatti, è un gioco più antico della scrittura stessa, come spiega la bella citazione di Borges in apertura.

Go

Il Go in Cina.

Secondo la tradizione, sarebbe stato inventato dall'imperatore cinese Yao, vissuto tra il 2357 e il 2255 a.C.. L'imperatore creò il gioco come strumento educativo per il figlio, per svilupparne l'intelligenza strategica. Nel gioco, si riflette lo scontro di elementi avversi: cielo, acqua, terra. Il Go simboleggerebbe la terra, le pedine le pietre che bloccano e rilasciano l'energia, come nell'antica geomanzia cinese. O nell'agopuntura, applicando tale principio al corpo umano. Appare curioso che tali teorie geomantiche, in modo differente, fossero presenti anche presso le antiche civiltà europee, con l'uso di dolmen e menhir a identificare delle possibili correnti di energia, come a Carnac o il celeberrimo Stonehenge.

Per altri, c'è una forte connessione tra Go e I Ching, riflettendo l'equilibrio tra Yin e Yang, bianco e nero, Fiume Giallo e fiume Luo, che riprenderebbero la scacchiera del Go nei loro diagrammi. Si parla anche di un diagramma esoterico, descritto nello Shi Qing Lu, connesso al gioco. Altre tesi evidenziano possibili simbolismi astrologici, oppure addirittura sciamanici.

Dopo una affascinante introduzione, che esamina sinteticamente ma con cura queste radici sacre del gioco, il secondo capitolo analizza il Go in Cina nei suoi sviluppi storici. L'analisi diviene più serrata e dettagliata, soffermandosi sulle varie evoluzioni del gioco. Non mancano però passaggi affascinanti, come quello in cui si tratta dei modi di barare al gioco, analizzati con cura dai vari testi antichi, prevedendo pene severe, anche corporali, per i bari.

Interessante la parte moderna, in cui si vede come il gioco, dopo una diffusione popolare, viene appoggiato in una prima fase della rivoluzione maoista, per la sua possibilità di dare prestigio alla Cina.  In seguito, però, la Rivoluzione Culturale (1966-1976) delle Guardie Rosse porta al tentativo di rigettare ogni aspetto dell'antica cultura cinese. Col ritorno all'ordine, vi fu un ritorno del gioco, e la Cina tornò a incalzare il Giappone nella sua supremazia mondiale. Una parte storicamente affascinante, che sarebbe stato interessante vedere ancor più analizzata.

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Il Go in Giappone

Il terzo capitolo esamina l'arrivo del gioco in Giappone. Qui giunge tra il V e l'VIII secolo d.C., dalla Cina. Similmente, il capitolo presenta le evoluzioni del gioco dall'età antica a quella moderna, soffermandosi sulle vicende dei suoi giocatori più famosi. L'età moderna, con la libertà di stampa importata dall'Occidente, vedrà il fiorire del Go su riviste specialistiche e di massa. Si gioca il go anche al telegrafo, nel 1899. Nel 1905, dopo la vittoria sulla Russia (che sorprese la scena mondiale, confermando l'ascesa della potenza nipponica), il crescente nazionalismo si accompagna alla maggiore valorizzazione del gioco. Durante la seconda guerra mondiale i goisti, come celebrità, vengono inviati tra le truppe: ma la disastrosa sconfitta porta a un arretramento nel gioco. Nel secondo dopoguerra, la rinascita: oggi il Giappone conta più di 10 milioni di goisti, e 500 professionisti.

Milone non ne tratta nel libro, concentrato maggiormente sul gioco in sé e sulla sua storia che sui risvolti culturali in senso ampio. Tuttavia, il successo del Go in Giappone passa anche per la sua ricezione nei manga. Il più celebre, al proposito, è Hikaru no Go, sviluppato nel 1999-2003 su Shonen Jump da Yumi Hotta e Takeshi Obata. Con un pubblico di 25 milioni di lettori e la vittoria del Premio Tezuka nel 2003, è considerato responsabile della ripresa di fascino nel gioco nelle giovani generazioni. Anche nel mondo, specie tramite l'anime, realizzato dal 2001 al 2006, e diffuso anche su Netflix nel 2011 (ora non più disponibile).

La sua presenza è diffusa anche in diversi romanzi e film, di area orientale ma non solo: ad esempio, una scena cruciale di A Beautiful Mind (2001) di Ron Howard, dedicata al matematico John Nash, ha al centro una scena del Go. Il Go, inoltre, è di particolare interesse per lo sviluppo dell'intelligenza artificiale applicata ai giochi, poiché a differenza degli scacchi non rende facile la possibilità di far vincere la partita al programma per "forza bruta" (mero accumulo di schemi nella memoria del computer, applicati pedissequamente). AlphaGo è uno dei programmi più interessanti al proposito, cui Netflix dedicò anche un documentario.

Altre tradizioni nazionali.

Tornando all'opera, segue poi un quarto capitolo dedicato al Go in Corea, dove si analizzano le teorie per la diffusione del gioco, forse legato all'invasione cinese del 109 a.C.. Infine, un quinto capitolo tratta del Go in Vietnam, anche qui introdotto dall'invasione cinese del III sec. a.C.. Affascinanti i numerosi brani poetici citati, che mostrano l'influenza anche letteraria del gioco (similmente agli scacchi in occidente). Similmente alla Cina, vi è una crisi del gioco durante l'egemonia comunista, per poi riprendere in tempi più recenti. Intriganti - e sarebbero da sviluppare - le connessioni del gioco del Go con lo scontro bellico tra USA e Vietcong. I primi usavano gli scacchi come modello bellico (Schwarzkopf, il generale della prima guerra del Golfo nel 1990, era ad esempio un ottimo scacchista), basato sull'assalto frontale. Il Go, invece, è ispirato ai principi di accerchiamento propri dell'Arte della Guerra di Sunzi.

L'ultimo capitolo tratta della diffusione del gioco oltre il mondo asiatico. Sono i gesuiti a portarlo in occidente nel '600, Leibnitz lo studiò nel '700, mentre la vera promozione inizia in Germania alla fine dell'800. La diffusione del gioco resta di nicchia, senza poter intaccare il prestigio degli scacchi. Ciò può dipendere semplicemente dal prestigio e dall'antichità di questo gioco, ma anche dalla sua maggiore connessione con la cultura occidentale.

L'appendice contiene riferimenti ai primi goban - scacchiere - ritrovati, sui pezzi, sulle regole, e annotazioni sul Go in Okinawa e in Tibet. Affascinanti i due diagrammi sacri riportati, di cui si era parlato all'inizio. Il testo è poi corredato di una ampia biografia.

Insomma, ancora una volta un testo interessante, leggibile anche dal non specialista che voglia approfondire la storia di questo gioco interessante. Per praticarlo o approfondire la cultura nipponica. In attesa di un
The Queen's Gambit dedicato al Go, con una Beth Harmon orientale che ci faccia innamorare anche di questo gioco seducente.

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