STAI LEGGENDO : Space Marine 2 e il gusto di avere esattamente ciò che cercavi

Space Marine 2 e il gusto di avere esattamente ciò che cercavi

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Space Marine 2 è un titolo che arriva da una bolla temporale dove i game as a service, le microtransazioni e un sacco di altre cose non sono mai esistite, e va benissimo così.

Di solito apprezzo un approccio cauto e poco emozionale quando recensisco. Certo se qualcosa mi piace lo dico ma rimanendo sempre nei confini di un certo understatement. Ecco, penso che con Space Marine 2 adotterò un approccio diverso, lo stesso approccio esagerato che ti porta dentro un mondo dove tutto è assurdo e la cosa più normale sono tizi che vanno in giro in armature degne di un carro armato e una biologia in cui la cosa più normale è che hanno due cuori e tre polmoni.

Space Marine 2 è stato per me un’esperienza di puro e semplice abbandono gaudente, il punto di contatto tra ciò che volevo e ciò che mi è stato dato, una scarica adrenalinica che arriva dal passato ormai sepolto sotto un mondo di game as a service, mondi persistenti, abbonamenti e microtransazioni.

È la soddisfazione di essere visti, di un prodotto che sa quello che stai cercando e te lo fornisce senza troppi giri di parole. Oltre che essere un bel gioco di Warhammer, cosa che fino a poco tempo fa non era assolutamente scontato. Per fortuna Battlesector e Rogue Trader hanno alzato recentemente la media.

Quando dico che Space Marine 2 arriva dal passato dico proprio che sembra di vedere un titolo concepito, a livello economico e di design, almeno 10 anni fa, se non 15.

La pietra angolare è una solida campagna single player in cui si fa sostanzialmente una cosa: si avanza tra orde di mostri, li si fa a pezzi, si preme un interruttore e si ripete, con occasionali battaglie coi boss a segnare momenti particolarmente importanti. Non dirò assolutamente niente sul dipanarsi della storia, alcune cose sono già note, posso solo dire che è in tutto e per tutto quello che in gergo viene definito “bolter porn”: ore e ore (circa 12/13, dipende anche da voi) di tizi grossi che si chiamano “brother”, inni a Ultramar (e qua ammetto che se non vi piacciono i marine più basic bitch del mondo potremmo avere un problema), grugniti, spade a catena, vessilli innalzati per un ultimo scontro verso una morte gloriosa e insulti alle divinità del caos e alle loro macchinazioni.

È tutto molto statico, dritto, su binari ben precisi, con poche zone più aperte. I marine non saltano, non scavalcano, vanno solo avanti dove devono, mietendo morte. Certo, per alcuni non sarà il massimo tornare a una struttura che pare quella del primo Gears of Wars, ma in fondo che mi frega degli open world dove poi mi annoio perché non c’è niente da fare?

Questa staticità è compensata da una resa visiva di puro godimento. Centinaia di mostri a schermo che scalano le pareti di un complesso gotico per strapparvi la faccia, schizzi di sangue, distorsioni magiche, lampi azzurri, armature scintillanti ma piene di bozzi e graffi, pile di cadaveri e ceri, ceri ovunque. i fan di Warhammer 40.000 vivono per i dettagli e gli sviluppatori lo hanno capito.

Manca solo una modalità foto che renda giustizia a tutti quei momenti in cui ho diviso in due un guerriero tiranide, dopo averlo sollevato sopra la testa. Unico dettaglio fastidioso: lo switch delle armi che ti compaiono in mano. Hai fatto 30, a quel punto fai 31 e metti l’animazione dove la prendo dal fianco.

Il combattimento alterna momenti di totale caos dove si tirano fendenti un po’ a caso a situazioni più coordinate, dove può essere utile concentrarsi su un singolo obiettivo o risolvere addirittura piccoli rompicapi. Ogni tanto capita di vedere nemici un po’ imbambolati che aspettano il turno per menarci mentre completiamo un’esecuzione, ma in generale tutto fila abbastanza liscio e nelle mischie più accese si ha proprio l’impressione di venire menati da tutti gli angoli e sopravvivere per il rotto della cuffia grazie alla nostra costituzione sovrumana.

Tutto è pura Rule of Cool, come doveva essere.

Quando poi tutto fila tra parate, finisher, colpi da lontano, granate e ondate di nemici respinti si ha veramente l’impressione di poter affrontare il mondo da soli (o almeno con due confratelli), di poter combattere con lo stile di uno Space Marine, che non si nasconde, non usa quasi mai le coperture ma avanza, porta la guerra in faccia al nemico e lo affronta senza sapere cosa sia la paura.

Volevate la fantasia di potenza? Eccovi la fantasia di potenza.

L’unico neo di questo ottovolante grimdark sono i compagni di squadra. Perché il gioco è concepito anche per essere giocato tutto in cooperativa e a volte (per fortuna raramente dopo una patch) i nostri compari si perdono un po’ per strada o non si concentrano sui bersagli veramente importanti, soprattutto quelli volanti. E quindi tocca fare tutto da soli. Questo si avverte soprattutto nelle missioni cooperative che si sbloccano seguendo la storia e che raccontano le vicende dei team che ci aiutano nei nostri scontri e che potremo rigiocare ancora e ancora per sbloccare un sacco di modifiche alle armi.

Si perché, come saprete, in Space Marine 2 non c’è solo la campagna single player ma anche otto missioni cooperative (che verranno ampliate in seguito) e tre modalità competitive molto standard 6vs6 che sono l’unica parte che al momento non ho potuto provare (e che forse mi interessa meno), quindi al momento non so dirvi niente su mappe, bilanciamento delle classi, matchmaking e netcode.

Le missioni cooperative invece le ho assaporate. Sono un po’ lunghe, quando ci sono i compagni gestiti dal computer a volte è un dramma, quando ci sono altre due persone invece è divertente, con due persone che conoscete probabilmente è una gioia. Il tutto sarà cross platform dal giorno uno, quindi se i vostri amici ci giocano su PC e voi su PlayStation o Xbox non cambia niente.

Co-op e PVP si basano su 6 classi con stili abbastanza differenti: c’è il marine standard, quello d’assalto col jump pack, l’incursore col rampino, il cecchino che può diventare invisibile, lo specialista armi pesanti, la Bladeguard. Ogni classe ha stili di gioco abbastanza differenti e possono essere via via personalizzate sfruttando i punti che accumulate in co-op e multiplayer in uno stile simile a COD: più usate un’arma più ci farete esperienza e più bonus sbloccherete, idem per le varie classi.

Poi ci sono le modifiche estetiche, altrimenti dette “godopoli”. Questo è il regno degli impallinati di chi dipinge o colleziona, di chi adora questa estetica. Con i punti infatti potrete sbloccare spallacci, stemmi, colori, zaini, estetica delle armi e il livello di dettaglio è tale che i colori che potete usare hanno lo stesso nome delle boccette acquistabili nei negozi. Con un po’ di pazienza potrete crearvi il vostro personaggio ideale. Sfruttando i set già preesistenti per i vari Capitoli o creando uno stile tutto vostro. L’editor è un po’ macchinoso perché separa in due sezioni differenti il tipo di pezzo dell’armatura e le modifiche che potete apportare su di esso (colori, stemmi ecc), ma in qualche modo funziona ed il risultato è veramente appagante.

E per tutto questo non dovete pagare un euro in più. Non ci sono microtransazioni in Space Marine 2, non ci sono missioni quotidiane, non ci sono pacchetti d’espansione dedicati al fenomeno pop del momento, non c’è manco la Battle Royale (quella forse poteva essere divertente). L’unica eccezione è un season pass che sblocca ulteriori modifiche cosmetiche, ma tutto quello che vorrete mostrare lo dovrete ottenere giocando. Stando a quanto dichiarato eventuali nuove missioni, nuovi nemici e nuove armi saranno disponibili gratuitamente. Come mi hanno fatto notare: fa strano che qualcosa legato a Games Workshop non cerchi di spillarti più soldi dopo il primo acquisto.

Sono convintissimo che tanta gente non apprezzerà Space Marine 2 perché per gli standard di oggi sembra fatto per essere giocato un po’ e dimenticato, non è il classico gioco che accumula decine e decine di ore per farti credere che i tuoi soldi siano stati spesi bene e non è un gioco gratuito che cambia continuamente pelle per tenerti incollato a sé. Ve l’ho detto, è un dinosauro e certe scelte di game design vecchie si vedono tutte, perfettamente coerenti col marchio Games Workshop e alla faccia di quegli ansiosi che spaventano la fanbase con presunte derive “woke”.

Però, allargando il discorso, mi piacerebbe che nel mondo dei videogiochi e nell'intrattenimento in generale ci fosse sempre spazio per qualcosa che piace anche a un determinato pubblico, a una determinata nicchia. Perché non è detto che tutto debba essere campo largo, tutto debba rappresentare tutto. Nel grande mare di ciò che ci piace così come c'è spazio per qualcosa che parli a un pubblico variegato e multiculturale ci può essere spazio per qualcosa che piace perché è l'identità di un mondo specifico. Ci dev'essere insomma spazio per Reacher come per Bridgerton, per Baldur's Gate 3 e per Space Marine 2.

Quindi sì, Space Marine 2 è vetusto, ma lo sono anche io: quindi mi sta bene così, è un vecchio gioco che mi ha divertito, è l’album di rock anni ’70 che ti fa ancora muovere la testa, la moto comprata quando tutti ti dicono che sarebbe meglio una familiare, il filmone action anni '80 dove i cattivi sono cattivi senza troppe motivazioni o, ovviamente, quei racconti di Space Marine di cui è piena la Black Library. Oppure, il dipingere miniature a quarant’anni mentre la gente pensa a famiglia, figli e alle “cose importanti” della vita.

È il gioco sugli Space Marine che volevo, che forse non piacerà a tutti, anzi potrebbe essere anche cringe per chi cerca titoli più moderni e trame raffinate, ma in fondo “non piacere a tutti" è esattamente uno dei motivi che mi hanno riportato nel tetro futuro del 40esimo millennio.

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