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Warcraft — L’inizio: recensione

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Anno 1994, avevo 13 anni e Warcraft era uno dei giochi più belli di quel periodo, un’epoca d’oro per il settore videoludico che, come scrivevo nel pezzo di Doom, ha poi gettato le basi per storie e saghe che esistono ancora.

Mai però avrei pensato che un giorno quello strategico in tempo reale, giocato di nascosto sul PC dell’ufficio di mio padre mentre facevo finta di studiare, sarebbe approdato al cinema.

Mai avrei potuto immaginare che questo


… sarebbe diventato questo!


Quindi già il fatto che qualcuno abbia ritenuto sensato farne un film è di per sé una vittoria. Warcraft rappresenta il nerdismo puro, non quello della ragazzetta che si atteggia ad alternativa coi suoi capelli colorati e la maglia di Dr. Who, ma della gente chiusa in casa per giorni, delle sessioni universitarie saltate (perdonami madre por mi vida loca), dei raid comparabili a turni in fabbrica, delle storie di asocialità e delle innumerevoli notti in bianco.

Vederlo trasformato in un evento mondiale, con tanto di red carpet, è bello e straniante al tempo stesso. È come incontrare dopo anni quel campagno delle elementari un po’ sfigato e scoprire che è diventato un manager milionario.

Premetto che per me è impossibile giudicare questo film con occhi totalmente imparziali. Warcraft è parte della mia famiglia.

Tuttavia, come quasi tutti quelli che erano in sala con me, ho iniziato a vedere “Warcraft — L’inizio” con aspettative bassissime. Innanzitutto perché raccontava storie e luoghi mitici che in un certo senso avevo già visto nei vari giochi e nelle cut scene di Blizzard. Poi perchè una media voti del 3 non faceva pensare a un capolavoro. Eppure, dopo due ore, le parole sulla bocca di tutti erano “Pensavo peggio”.

Chiariamo subito, questo non vuol dire che sia un film perfetto. Ha dei grossi difetti di ritmo, trama e carisma di alcuni personaggi chiave, ma ci sono anche momenti molti ispirati. E poi ci è piaciuto che anche nel film si sia subito fatto chiarezza su un punto importante: Non esistono dualismi “orchi cattivi vs umani buoni”, i confini sono più labili e la trama ce lo ricorda costantemente attraverso un continuo susseguirsi di tradimenti, colpi di scena, possessioni demoniache e atti di eroismo.

Ma ci sono così tanti racconti nel mondo di Warcraft che isolarne uno e chiuderlo in un film è un’impresa davvero ardua. Non stupisce quindi che i grandi problemi di questo film siano la fretta, i cali di ritmo e l’impossibilità di spiegare tutto. Dopotutto Duncan Jones aveva a disposizione solo due ore per definire un mondo enorme, soddisfare i fan e stuzzicare chi non sa niente di razze e classi. Il risultato non poteva che essere un compromesso. Del resto non basterebbe una serie TV alla Game of Thrones, figurarsi una pellicola con 40 minuti tagliati.

A controbilanciare i difetti c’è una ricostruzione impeccabile di Azeroth. Tutto è identico, dalle armature alla forma dei lampioni per strada, dal carretto sulla via per Stormwind alla forma delle torri di guardia degli orchi. Blizzard ha supervisionato tutto e si vede. Volendo fare i puntigliosi, il fan dentro di me avrebbe voluto più razze e magari anche un ammiccamento alle classi del gioco, come sciamani e curatori.

Fin dal primo momento siamo bombardati da personaggi, luoghi fantastici, decisioni fondamentali, nomi e trame che il fan accetta senza problemi, ma che potrebbero disorientare chi non conosce la saga. Quello che ci troviamo di fronte è un film con una storia, non solo puro e scaltro fanservice, le basi per una trilogia ci sono tutte.


Ci sono persino momenti in cui ti viene da dire “Mai io da là ci son passato”. Gli orchi poi sono semplicemente perfetti. Espressivi, grossi, incazzati e violenti, trasudano carisma da ogni poro e recitano pure bene. Peccato che questo faccia però risultare ancora meno interessanti gli umani che spiccano clamorosamente sui fondali digitali e rendono il tutto posticcio. Insomma è un po’ come se un’armata di cosplayer avesse deciso di muovere guerra contro dei mostri veri.

E poi c’è Garona, personaggio che ammicca al nerd infoiato e cerca allo stesso tempo di proporre un modello femminile forte, in linea con i trend del momento. Il suo aspetto diverso, spiegato frettolosamente dalla mescolanza di orchi e draenei, dovrebbe essere il volano per descrivere un paria, un personaggio tormentato e interessante, ma finisce invece per renderla una modella pitturata di verde con le zanne finte appena uscita da Lucca Comics.

Volete un esempio femminile tosto? E allora guardate la moglie di Durotan, Draka, che nasconde il pancione pur di seguire il marito in guerra!

Garona, con la sua storia d’amore adolescenziale, è protagonista delle scene più assurde del film. Pur essendo un essere dell’Altro Mondo, tutti si fidano subito di lei, le danno armi, un ruolo, la fanno avvicinare al re senza problemi, la regina in persona le porta in cella le coperte per la notte. Un vero peccato, perché il personaggio originale, una sorta di spia in parte soggetta al controllo di forze demoniache, poteva avere sviluppi molto interessanti. Così invece è solo l’abbozzo di un personaggio femminile forte con la passione per i bei cavalieri e se la gioca con l’altra storia d’amore improbabile fra nano ed elfa nel Lo Hobbit.


Eppure, nonostante i molti momenti che sembrano voler a tutti costi distruggere il pathos e vanificare il carisma orchesco, Warcraft rimane dignitosamente in piedi fino allo scontro finale. Se ci fosse stato un ritmo meno zoppicante, il combattimento avrebbe potuto essere ancora più epico.

Comunque più ci penso e meno capisco la sfilza di voti orribili. C’è tanto di buono in Warcraft. C’è un fantasy diverso, che sa parlare di onore, tradizioni, sfumature, compromessi, dubbi etici e multiculturalità. C’è una potenza visiva maestosa che si esprime in campi lunghi ed espressività degli orchi, che trasmettono emozioni e valori come famiglia, amore e lealtà. Certo, ci sono anche cose da sistemare, ma guardare solo quelle vuol dire non cogliere la rivoluzione in atto nel mondo del cinema, ignorare le potenzialità e il continuo mescolarsi di reale e digitale, trincerandosi dietro lo snobismo di chi usa ancora la parola “americanata”.

Se siete fan ortodossi ed estremamente attenti alla coerenza della storia originale probabilmente griderete all’eresia, perché l’adattamento porta con sé compromessi importanti. Se non sapete di cosa si parla probabilmente resterete un po’ confusi ma vi divertirete a guardare una storia fantasy diversa dal solito. Se invece avete amato Warcraft ci sono buone probabilità che questo film vi piaccia così tanto da farvi venire voglia di reinstallare il gioco subito (ops).

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