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Venticinquake anni e non sentirli

Viviamo in tempi difficili. Il videogioco è diventato un medium di massa attorno al quale girano fantastiliardi di dollari; ogni anno escono diosolosa quante decine di giochi che richiederebbero ai giocatori e alle giocatrici migliaia e migliaia di ore per essere completati; pure il Washington Post si è recentemente espresso sulla situazione con un articolo “diventato immediatamente virale” (virgoletto perché non so se sia vero, però si dice sempre così in questi casi).

Senza contare film, serie tv, libri e fumetti il mondo dell’intrattenimento non è mai stato così vivace e non ha mai prodotto così tante opere per anno.

E allora cosa può fare il povero impiegato sulla soglia dei quarant’anni, che in gioventù aveva la passione per i videogiochi ma che adesso tra lavoro, gestione della casa e il minimo indispensabile di sport e vita sociale (e il beneamato sonno) non sa da che parte sbattere la testa quando si parla di videogiuoco?

Ma si rifugia nei classici, che domande!

Disclaimer: alcune affermazioni nel corso di questo articolo potrebbero apparire eretiche a qualche lettore e a qualche lettrice; probabilmente lo sono, ma l’autore confida nella vostra comprensione. E ci confido anche io.

E su quale classico avrà deciso di rifugiarsi l’autore? Beh, nel 2021 Quake festeggia il suo venticinquesimo compleanno: quale occasione migliore per giocarci per la prima volta (eresia n. 1)? Ebbene sì, nonostante la mia passione per il gaming, come lo chiamano adesso, risalga agli anni ’90 del 1900, quando Quake uscì nel 1996 non avevo un pc sufficientemente performante da consentirmi di giocarlo. E non ce l’ho neanche adesso, se consideriamo che non regge neppure Magic the Gathering Arena (qui per ulteriori info)…

Per questa ragione ho deciso non troppo liberamente di giocare alla riedizione di Quake, chiamata Quake Enhanced, sulla mia fida PS4 (eresia n. 2), riaccesa dopo praticamente 12 mesi di quiescenza. Ma questa è un’altra storia.

Ma in soldoni com’è, questa riedizione di Quake? E com’è giocare a un FPS dopo tutto questo tempo, con i riflessi rallentati dall’età, i limiti imposti dal pad della PS4, delle cuffie brutte da 14 euro (eresia n. 3) per non disturbare i vicini potendo, come la maggior parte delle persone, giocare solo la sera (e non riuscendo, ma questo è un problema mio, a giocare il week-end), sedendo su uno scomodissimo divano di una nota catena di mobili supereconomici (no, non quella svedese, quell’altra un po’ peggio) anziché su una professionalissima poltrona da gaming (forse eresia n. 4)?

Beh, è divertente!

Avendo comunque un minimo di esperienza negli FPS per uso personale, avendo sempre aborrito il multiplayer se non in presenza (eresia n. 5), mi sono trovato immediatamente a mio agio nonostante il pad; pad che in effetti a suo tempo avevo usato per Bioshock e forse anche per qualcos’altro che ora non ricordo, ma senza voler fare acrobazie e cecchinaggio estremo riesce a garantire comunque una giocabilità dignitosa.

Il gioco è divertente e non sente troppo il peso degli anni, anche grazie a un restyling grafico assai poco invasivo, che ha toccato soprattutto i modelli poligonali dei nemici, ma li ha toccati con rispetto (questa frase suona molto male); nonostante io sia convinto che i giochi che ai miei tempi chiamavamo “poligonali” invecchino peggio di quelli in 2D, se il gameplay è valido l’estetica passa in secondo piano; e qui è valido eccome.

L’atmosfera c’è tutta, grazie al design dei livelli, dei nemici e all’osannata colonna sonora curata da Trent Reznor (cosa che ho scoperto informandomi un po’ prima di scrivere questo pezzo e che mi ha permesso di apprezzare molto l’inside joke della scritta “NIN” sulle scatole di munizioni per lo sparachiodi), anche se quella di Painkiller o dei primi due Doom mi sembrava più “gasante”.

«Ma come? Hai giocato a Painkiller ma non a Quake?» sento provenire da là in fondo. Ne parliamo un’altra volta.

Tornando alla colonna sonora è adattissima al contesto, dato che l’obiettivo di Quake non mi pare sia quello di farci sterminare ondate su ondate di nemici… o almeno non fino al punto a cui sono arrivato io.

Eh sì, siccome purtroppo riesco a dedicare pochissimo tempo all’attività che ho amato tanto scrivo queste righe arrivato appena a metà del gioco originale (eresia n. 6?), senza contare ovviamente le due espansioni comprese nel pacchetto e il multiplayer che continuo a evitare come la peste.

Però un po’ ho mentito quando ho detto che non ho mai giocato a Quake.

Già, perché per un breve periodo quello che all’epoca era il mio spacciatore di miniature e carte di Magic aveva allestito nel negozio una “zona LAN”, nella quale i ragazzi grandi andavano a spaccarsi di non so quali giochi in multiplayer.

Sicuramente tra questi giochi c’era anche Quake, e ricordo chiaramente di averlo provato lì per la prima volta in LAN con un mio amico. I pc erano terribili e non capivo un accidente di quello che stava succedendo, salvo che stavo continuando a morire come un fesso.

Ma avevo 15 anni e siccome il disagio era il mio stile di vita dopo quell’occasione non ci ho mai più riprovato.

Ora, venticinque anni dopo, sono contento di avere la possibilità di colmare un piccolo ma importante vuoto della mia carriera di giocatore, seppur su una piattaforma diversa e in condizioni non ottimali, e solo in microsessioni tardo-serali da 45 minuti o giù di lì.
E se il me quindicenne sapesse che ancora adesso non ho abbandonato le sue passioni, pur con tutti i limiti che la vita adulta impone, credo che si tranquillizzerebbe un po’.

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