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Osare l'inosabile 3 - La reunion dei Beatles

“Boy, you’re gonna carry that weight for long time”

È il 10 aprile 1970. La band più influente della storia della musica moderna inizia a sciogliersi. Ma non ci riuscirà mai.

È difficile fare il nome di un grande gruppo del passato, che non abbia avuto dagli ‘90 a oggi una seconda vita, una nuova possibilità, un reunion tour, un disco di inediti, almeno una comparsata in un festival estivo. Per reali esigenze artistiche, per soldi o anche per riaffermare il proprio passato sul presente dei nuovi arrembanti musicisti. 

Eppure nella storia del rock, in ogni megalive c’è sempre stato un convitato di pietra.

L’entità a cui tutti debbono qualcosa, consapevoli di non poter mai ripagare tale debito e neanche di avvicinarcisi.  La band nata in una caverna (il Cavern Club di Liverpool) e ascesa in cielo (il concerto sul tetto della Apple Corps). 

Una presenza palpabile quella dei Beatles, un peso che i quattro componenti hanno trascinato, ognuno a modo suo, per il resto delle proprie carriere. Paul fondando una nuova band da zero, John giocando a fare Bob Dylan, George rifugiandosi in un cantautorato misticheggiante (e giocando a fare Bob Dylan), Ringo continuando a fare dischi, frequentare modelle e allestendo la All Star Band, un supergruppo per esperienze live a metà fra un raduno rock e il circo di Buffalo Bill.

Tanti avrebbero voluto rivederli insieme almeno una volta, ma sono rimasti delusi.

A volte l’icona intoccabile è il proprio passato e a tutt’oggi i Beatles sono l’unico grande gruppo della storia del rock di cui non c’è stata reunion, nuovi concerti tour o nuovi dischi. Led Zeppelin, Deep Purple, Pink Floyd o Black Sabbath non si sono fatti fermare dagli anni, dagli acciacchi, nemmeno dai decessi. I quattro di Liverpool invece hanno deciso di rispettare il patto stretto con la propria storia.

Anche se, con l’operazione The Beatles Antology del 1995, ci sono andati molto vicini.

Un libro, un documentario in dieci episodi, ma soprattutto tre cofanetti di outtakes di studio venivano lanciati da due singoli “inediti” che riunivano finalmente i quattro Beatle. In realtà erano demo di John Lennon su cui gli altri sono intervenuti a posteriori.

Eppure non era ancora quello che il mondo aspettava: i Fab Four di nuovo insieme (possibilità resa molto difficile dal fan numero uno di Lennon, che nel 1980 aveva aspettato John sotto casa con una pistola).

 Ebbene, il mondo è stato abbondantemente accontentato, anche se non la mai saputo. 

Infatti il quartetto è riuscito a fregare tutti: un disco inedito dei Beatles, con brani originali di Lennon, McCartney, Harrison e Starkey (il vero cognome di Ringo, usato nei credits), con esecuzioni strumentali, partecipazione ai cori e interventi di produzione di tutti e quattro i Faboulous  esiste da decenni, basta saperlo cercare dove si nasconde: di fronte agli occhi, anzi le orecchie, di tutti. 

In quanti film, in quante storie le risposte arrivano dal più debole, il meno valutato, il più insospettabile dei personaggi coinvolti. Qualcuno ricorda ancora “Verbal” Kint? 

Un corposo LP beatlesiano con tre brani inediti di John, quattro di Paul e cinque di George (oltre a una valanga di pezzi firmati Starkey) è disciolto nella discografia di Ringo Starr a cui gli altri tre hanno sempre regalato brani originali.

Spesso molto più interessanti dei troppi filler del loro songbook post 1970. Basta ricomporlo.
Come una band pronta alla reunion.
O come un corpo smembrato

 

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