Piazza Napoleone è il centro pulsante della attività legati ai fumetti di Lucca. Ci sono gli stand delle case editrici più importanti a alcuni distributori piazzati molto bene e pericolosamente forniti.
È il mondo del fumetto al suo meglio, se non vogliamo contare la gestione dei flussi.
Se passando per il centro rallentate infilando il gorgo di folla è molto probabile che dipenda dal Padiglione a piazza Napoleone.
Se in quel di Napoleone trovate una spaventosa fila che fa il giro del Padiglione è molto probabile che porti allo stand Bao con Zerocalcare.
Forte del mio pass stampa, mi infilo in una delle uscite con la complicità della sicurezza, scatto qualche foto in giro perché risalendo la fila, al banco delle firme, insieme al sopracitato Zerocalcare, a Giacomo Bevilacqua, a Maicol&Mirco, c’è Rachele Aragno, l’autrice nota per Melvina e, più recentemente, per le importanti collaborazioni con pezzi grossi del fumetto usa come Mike Mignola e Skottie Young.
Aragno l’ho conosciuta su instagram. È che nei miei tentativi di disegnare meglio, mi piace vedere come disegnano gli altri e Rachele Aragno ha uno stile incredibile sia nel tratto che nella colorazione ad acquerello, un mio debole fin dai tempi di Madrid, quando ho imparato a lavorare sulla rappresentazione a mano libera.
Quando nella lista delle proposte degli autori da intervistare ho visto che c’era lei non ho resistito per organizzare una chiacchierata per parlare di disegno e di colori ad acquerello.
Una tecnica che lei, per inclinazione caratteriale, ha coltivato da totale autodidatta, pur venendo dalla Scuola di Comics di Roma. Lo ha scelto per l’effetto finale dei colori, per il senso di immediatezza che restituisce l’acquerello, per il suo non permettere di ritornare sui propri passi, modificabile solo per aggiunte successive. Nonostante il digitale possa aiutare a correggere l’effetto ottenuto, l’approccio resta analogico con prove su prove di colore per ricercare l’effetto voluto.
Volendo evitare il realismo, la soluzione è stata quella di sposare l’acquerello con l’inchiostro a china con pennino, partendo dai colori per ricostruire la luce che ha in mente, anche lavorando con diversi tipi di carta (con una bassa percentuale di cotone, ad esempio) per sperimentare con il foglio ancora bagnato.
“L’acquerello va dove vuole, se prende una linea non si può fermare ed è anche questo il bello. L’insicurezza di come sarà il risultato finale.”
Come tutti coloro che si approcciano al disegno per capire la direzione da intraprendere, Aragno ha iniziato copiando e ispirandosi. Arrivata alla Scuola di Comics con uno stile che doveva molto a Mike Mignola (creatore di Hellboy, tra gli altri), ha lavorato a partire da una mano che lei stesse definisce poco ferma per accentuare la vibrazione che diventa la sua peculiarità.
Successivamente ha lavorato sui dettagli, sottraendoli in funzione della narrazione, restituendo uno stile apparentemente casuale ma che al suo interno ha tantissimo studio e tanto background.
È un modus operandi ciclico: guardando a Mignola, Aragno impara a interiorizzare e sfruttare un proprio limite per trasformarlo in stile, un percorso che la accomuna al suo “maestro”.
“Trovare il punto debole e farne un punto di forza: per me ad esempio erano le mani quindi ho dovuto trovare il modo di disegnarle in un modo che mi piacesse. Inizialmente pensavo di essere ingabbiata in uno stile, ma quando ho iniziato a lavorare ad altri progetti, con Young e Mignola ho scoperto che il mio disegno può essere più fluido. Anche se Melvina può sembrare una fiaba, è una storia molto cupa guardandola dall’interno ed è quello che vorrei trasmettere nei prossimi lavori.”
Agganciare Mignola per lei è stata una cosa stranissima, prima per la variant di Hellboy, pur mantenendo il proprio mezzo espressivo dell’acquerello è stata comunque una sfida. Situazione totalmente differente quando fu lo stesso Mignola a notare sul suo profilo il personaggio di una vampiretta, per poi contattarla per acquistarla con la promessa che un giorno avrebbero lavorato insieme.
A seguito di questa promessa le arriva per mail con una proposta di soggetto e dopo un mese aveva un contratto con Mignola dove Rachele Aragno risulta co-creatrice del personaggio che poi diventerà noto come Leonide the Vampyr.
“Lavorare con Mignola è stato fantastico. Ha ritenuto che il personaggio fosse mio, per lui era giusto dividere a metà i diritti.”
Progetto che comunque l’ha lasciata liberissima dal punto di vista grafico, pur lavorando in digitale, soprattutto per una questione di telelavoro e di rapporto con gli altri soggetti coinvolti nella produzione dell’albo, con Dave Stewart come colorista per avere un look unico anche nel momento in cui le pagine disegnate da Aragno vengono alternate a quelle di Mignola.
Il rapporto con i colori del resto è un elemento da tenere in conto quando si va alla stampa, c’è una differenza enorme che separa il trattamento quasi artigianale dei volumi Bao con quello degli albi americani spillati tradizionali. È chiaro che con questi ultimi per motivi puramente tipografici bisogna andare incontro al formato mentre la libertà concessa ad un autore Bao in termini di formato e carta per restituire al meglio la propria opera è impareggiabile. Nella fattispecie, rendere l’acquerello in Melvina richiede una carta che ne restituisca le differenze di tono, di spessore e di luce.
Storia simile, passante per i social, quella con Skottie Young, con la proposta di un fumetto di 10 pagine da allegare alla sua newsletter, realizzata con il suo stile e con i suoi mezzi.
“Il suo stile quasi caricaturale si unisce ad asce e sangue, quello che in realtà piace disegnare anche a me.”
Il motivo che ha portato Rachele Aragno a Lucca però è la presentazione del volume di Skottie Young e Jorge Corona “Il me che ami nelle tenebre” edito in Italia sempre da Bao, di cui lei ha curato la copertina per l’edizione Variant limitata a 1000 copie in esclusiva per Lucca e rappresenta un po’ la somma di un percorso di avvicinamento al fumetto americano da diversi punti di vista. Il me che ami nelle tenebre è una storia a tinte horror che affronta il topos della casa stregata (à la Shirley Jackson) che tengo d’occhio da almeno un anno per la fissa mia di seguire più serie limitate che fumetto seriale e che spiccava per una narrazione all’apparenza più intima rispetto ad altre storie di Young, ingentilita la parte caricaturale dai disegni di Corona.
Disegnare questa cover per Aragno è stato un nuovo esperimento, misurandosi con la colorazione in digitale, cosa che fino ad ora non aveva fatto a livello professionale.
La carriera di Rachele Aragno è divampata rapida nel giro di pochi anni, da che quasi voleva appendere i pennelli al chiodo dal 2019 ha intrapreso un percorso professionale che l’hanno portata da autrice completa a declinare il suo stile e la sua competenza artistica nei modi più disparati del fumetto internazionale, coprendo con la sua abilità e versatilità tutte le diverse professionalità che si occupano di fumetto.
“È bello perché mi sono trovata a fare cose differenti che però mi hanno dato un background: sono passata da voce unica a disegnare con uno sceneggiatore (Mignola) incredibile, con margini abbastanza definiti. Questo è il bello del mio percorso ed è avvenuto in talmente pochi anni che, sinceramente, non l'avrei mai immaginato.”
Rachele ha ancora molte storie da raccontare e con Bao si sente di poterlo fare nel modo più sincero possibile, invece lavorare oltreoceano con l’America significa sperimentare tutti i modi in cui la professione di fumettista è declinata.
Quando le chiedo del suo personaggio preferito di Mignola (escludendo Hellboy) mi risponde Abe Sapiens “un personaggio di una dolcezza rara” collocato in un universo vasto che continua mensilmente a espandersi con personaggi e storie, nonostante il filone principale di Hellboy sia teoricamente chiuso.
Concludiamo la chiacchierata snerdando di Mignola e dei fumetti che ci piacciono, del Batman di Gotham by Gaslight, del Darkseid di Cosmic Odissey, del Fafhrd and the Gray Mouser di Fritz Leiber che sempre Mignola sta trasponendo in fumetto.
Quello con Rachele Aragno è stato un bell’incontro di quelli per i quali Lucca vale la pena di essere vissuta con un pass al collo sgomitando tra la folla, al quale arrivare trafelati appesantiti da uno zaino pieno di roba che non sai davvero se ti servirà e che sicuramente sai prima della fine della giornata riempirsi ulteriormente di volumi, idee e roba della quale scrivere.