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Il ritorno di Napoleone. Il fumetto di Ambrosini ne Le Storie di Bonelli.

Il recente ritorno in edicola del bonelliano “Napoleone” di Carlo Ambrosini, con una miniserie all’interno del “Le Storie”, è a suo modo un piccolo evento fumettistico. Napoleone era nato, senza particolare clamore, nel 1997, durando poi come bimestrale una decina d’anni nella scuderia di Via Buonarroti prima della chiusura finale. Il personaggio era ispirato vagamente, nell’aspetto, a Marlon Brando, un rimando a un certo tipo di noir stratificato e complesso, che Napoleone contribuirà ulteriormente a complicare.  L’ambientazione a Ginevra è un po’ pretestuosa: Ambrosini voleva collocare il suo personaggio a Milano, nella chinatown di via Paolo Sarpi, ma aveva prevalso il classico esotismo bonelliano: da qui la “mascheratura” nella città svizzera.

A meno che, naturalmente, in un fumetto postmoderno e complesso come questo anche tale dichiarazione dell’autore non fosse una dissimulazione: la Svizzera infatti, nazione “neutrale” per antonomasia, è la patria di Paracelso, il fondatore dell’alchimia, e di Carl Gustav Jung, fondatore della psicanalisi più esoterica: due temi che tornano potenti in questo fumetto. (inoltre, è la patria di Rodolphe Töpffer, padre dei moderni comics, a fine ‘700).

Di Napoleone vediamo infatti le manifestazioni inconsce della ninfa Lucrezia, del maggiordomo Caliendo e dell’anfibio antropomorfo Scintillone: che sono una versione non-freudiana delle pulsioni psichiche: l’insofferente e rettilomorfo Scintillone può corrispondere all’Es, al “cervello rettile”; Caliendo, il maggiordomo, ha la funzione del super-ego, rappresentando il richiamo all’ordine (nel modo solitamente garbato di un maggiordomo, che ha sovente questo ruolo rispetto al protagonista: nel fumetto, pensiamo ad Alfred per Batman), mentre Lucrezia appare una sorta di proiezione dell’Anima in senso iniziatico, in un rapporto duale con l’Animus che è il Napoleone personaggio, che agisce nella storia, e che è il proprio Ego. Il tutto, ovviamente, non in chiave rigidamente freudiana, ma con un certo grado di libertà fantastica che immerge i personaggi in un cosmo parallelo dell’immaginario collettivo popolato da figure bizzarre che non sono, spesso, semplici metafore di pulsioni psichiche freudiane ma rappresentano, appunto, il contatto junghiano con l’immaginario collettivo.

Anche la comprimaria Allegra, la tumultuosa adolescente (che in questo sequel a un decennio dalla chiusura della serie è cresciuta e protagonista fin dal titolo: “Le ali di Allegra”) adottata da Napoleone e di lui freudianamente innamorata, è dotata di un singolo alterego psichico, dal significativo nome edipico-elettrico di Robespierre.

E le stesse avventure si muovono sempre su questo doppio piano: il mondo reale e il mondo simbolico strettamente intrecciati, e più nel senso mistico che vede il primo una manifestazione essoterica del secondo che non il secondo come invenzione oppiacea del primo.

Pur restando perfettamente leggibile il primo livello di lettura (dove i rimandi onirici, psicanalitico-junghiani e propriamente esoterici rimangono percepibili come un vago “color ermeticus” di fondo), la cosa interessante è la possibilità offerta da ogni singola storia di Napoleone di individuare sottili corrispondenze interne: ma non in una decifrazione univoca, enigmistica, ma come spunti di una interpretazione che lascia sempre potenti margini di non detto, che sfida il lettore con il suo enigma.

La raffinatezza di Napoleone deriva probabilmente anche dall’essere uno dei più compiutamente autoriali dei fumetti bonelliani: a partire dal fatto materiale di avere in Ambrosini, sceneggiatore e disegnatore, un padre unico, pur affiancato da molti disegnatori, naturalmente, per le inevitabili ragioni produttive, e da uno sceneggiatore di valore come Diego Cajelli, affiancatosi nel 1999. Il più sperimentale dei disegnatori ospitati (non solo della testata, ma forse di tutta la storia Bonelli), Paolo Bacilieri, giunto sul personaggio nello stesso 1999, ne diverrà anche sceneggiatore (e autore completo) nel 2001, in un caso affiancato da Ostini.

Questo ritorno del personaggio, che mantiene il passaggio del tempo intercorso dalla chiusura della serie, è l’occasione di una nostalgica rimpatriata per gli estimatori della serie: ma può anche divenire un modo di incuriosire e stimolare nuovi lettori alla conoscenza di un gioiello della produzione seriale italiana.

 

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