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I vermi conquistatori: un’apocalisse biblico-lovecraftiana

Brian Keene trasporta i lettori in un mondo apocalittico popolato da creature abominevoli e personaggi sull’orlo della follia con pochissime speranze di sopravvivere. 

I vermi conquistatori e I vermi conquistatori II: Diluvio, entrambi scritti dall’autore americano Brian Keene e pubblicati in Italia da Independent Legions, il primo tradotto da Daniele Bonfanti e Luigi Musolino e il secondo da Chiara Beltrami, compongono un dittico narrativamente e tematicamente coerente, ricco di spunti e richiami. 

La trama è molto semplice ed è facilmente riassumibile in poche righe: un diluvio costante e imperterrito si scatena sulla Terra. Mentre i livelli delle acque si alzano a dismisura, anche per causa di uno strano fungo, nuove creature popolano il pianeta: vermi grossi come veicoli, ibridi uomini-pesce, sirene vampiro e piranha assassini (l’influenza dei pulp magazine della prima metà del Novecento è evidente nella delineazione delle creature). All’orizzonte, una battaglia dimensionale tra esseri potentissimi e implacabili. In mezzo a tutto questo, vari piccoli gruppi di persone cercano di sopravvivere all’imminente fine del mondo.

Keene riesce a passare efficacemente dagli scontri tra umani e mostri all’introspezione psicologica dei personaggi, lasciando il giusto spazio ad entrambe le parti.

Il ritmo rimane serrato in entrambi i romanzi, ma più che di fronte all’orrore, o al binomio terrore-orrore, per le creature, il lettore si trova spesso di fronte alla disperazione più totale: sembra davvero non esserci nessuna speranza per i personaggi che, da un lato, si sforzano di combattere e cercare di andare avanti giorno per giorno, dall’altro non sembrano vedere la luce nella cupezza che li divora esternamente e internamente (la debolissima luce di un sole perennemente oscurato da nuvole e nebbia è una metafora didascalica ma chiara, forte proprio perché facile da comprendere). 

Se apparentemente il tema ecologico sembra essere più presente e prevalente, mettendo in scena una sorta di ribellione della natura sull’uomo che l’ha devastata, andando avanti con la lettura la storia prende altre direzioni e molte altre istanze si palesano in maniera evidente: una su tutte, il legame doppio con la Bibbia e con Lovecraft.

L’apocalisse biblica viene evocata costantemente, a partire dal diluvio universale fino all’arca che dovrebbe salvare i sopravvissuti rimasti.

I personaggi si trovano davvero di fronte a qualcosa mandato dal cielo, in tutti i sensi, ma in questo caso non esiste un salvatore vero e proprio, un Noè che sappia guidare le persone rimaste verso la salvezza. Ci si trova di fronte ad un evento così sconvolgente che risulta impossibile processarlo razionalmente e infatti la depressione o la follia colpiscono come una scure sulle teste di tutti, vanificando ogni speranza. In questo contesto che richiama fortemente la Genesi (ma bisogna comunque ricordare che il concetto/evento del Diluvio è presente in numerose culture e popoli distanti nel tempo e nello spazio, come momento che simboleggia grandi sconvolgimenti politici e socio-culturali, ma anche come fatto secondo alcuni storicamente accaduto e successivamente ingigantito e mitizzato) viene innestato l’immaginario lovecraftiano. 

Così come viene raccontato da Simon, uno dei personaggi de I vermi conquistatori II: Diluvio, i grandi e potenti esseri che abitano oltre le dimensioni, la nostra e qualsiasi altra, sono vere e proprie divinità, esseri che non si possono fermare e a cui si può sfuggire solo con abilità e fortuna.

Il richiamo ai Grandi Antichi di Lovecraft è palese, tanto che il Leviatano, uno dei due grandi esseri che si palesa fisicamente sulla Terra nei romanzi, ha fattezze e caratteristiche tali e quali a quelle di Cthulhu, e lo stesso Simon afferma che da alcuni viene anche chiamato in questo modo, facendo un ulteriore piccolo riferimento metanarrativo.

Interessante poi come Keene sfrutti il concetto di “soglia”, molto caro allo scrittore di Providence: singoli luoghi sono carichi di magia spirituale e diventano porte per l’Altrove, ponti che collegano una realtà materiale ad una oltremondana. Sembra di essere di fronte a quella psicogeografia applicata alla narrativa che hanno utilizzato scrittori come Alan Moore e Warren Ellis, ma Keene ne fa forse un uso leggermente più blando, senza utilizzarlo come cardine della storia, ma sfruttandolo come espediente da un certo punto in avanti. A questo lega inoltre teorie complottistiche e fondamenti new age per aggiungere ulteriori note di colore alla trama.

In generale mi sembra che questa saga possa essere ben descritta con quanto proposto da Eugene Thacker nel suo Tra le ceneri di questo pianeta (Nero Editions, 2019) nel quale l’autore usa Lovecraft come paradigma per provare a spiegare come può essere un mondo impensabile, cioè quanto un mondo inesorabilmente avverso all’umanità inglobi esso stesso quell’avversità in modi imprevedibili.

La triplice distinzione che fa Thacker tra mondo-per-noi (il mondo popolato dagli esseri umani e adattato per condurre la vita), mondo-in-sé (il mondo nelle sue caratteristiche più terribili, come la morte, i disastri ecologici e naturali, la malattia) e il mondo-senza-di-noi (ovvero come sarebbe il mondo se non ci fossero stati gli esseri umani), viene in qualche modo rielaborata da Keene, presentando un mondo-per-noi annichilito, un mondo-in-sé imperante e un mondo-senza-di noi prossimo a materializzarsi, risultando quindi da questo punto di vista stimolante.

Concludendo, I vermi conquistatori e I vermi conquistatori II: Diluvio sono due romanzi horror solidi e soddisfacenti, che non lesinano né sulla violenza né sulla riflessione, e mettono bene a fuoco le abilità e le tecniche narrative di un maestro del genere come Brian Keene.

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