Sono arrivato alla fine della quarta puntata stremato nonostante le otto ore di sonno ristoratrici della notte precedente perché ad attendermi al risveglio c’è stata la puntata più debole e monotona di tutta la stagione, almeno fino ad ora.
Se nelle puntate precedenti avevo comunque avuto modo di elogiare l’equilibrio col quale i contenuti fossero sapientemente (?) bilanciati per andare incontro al pubblico generalista con una controllata dose di inciuci ed azione grazie anche ad una rapida progressione degli eventi, questa nuova puntata appare immediatamente come una virata molto brusca, se non nel tono, che è sempre quello verboso e compiaciuto di uno convinto di raccontare la storia più figa sulla piazza, nel modo in cui la trama è portata avanti.
L’intero blocco centrare dell’episodio è occupato da un lungo montaggio alternato che contrappone il ruolo delle due figure femminili principali sulle quali ruota la serie.
Da un lato la regina Alicent Hightower e dall’alta la principessa Rhaenyra. A contrapporsi non è soltanto il ruolo istituzionale, ma letteralmente un confronto a distanza tra due modi di portare la corona.
La giovane regina è in pratica soltanto una pedina del padre, Otto Hightower, la mano del Re (in italiano mi pare Primo Cavaliere, letteralmente un primo ministro), che ha letteralmente infilato la figlia nel letto del re per avere una leva importante per scardinare le difese di un sovrano debole.
La principessa Rhaenyra invece non fa svincolarsi dal suo ruolo istituzionale, opponendosi ai suoi pretendenti alla sua mano che rischiano di confinarla lontano dai centri del potere, per abbracciare un’idea di libertà e di autodeterminazione che sedere sul trono di spade comporterebbe, se non fosse che il tutto si concretizza nel noiosissimo e prevedibile apice emotivo dell’episodio.
Se non fosse che è a sua insaputa essa stessa oggetto delle mire di Daemon che, screditandola, punta a diventare suo sposo dal momento che nessun lord delle grandi casate del continente occidentale accetterebbe una sposa dalla virtù compromessa.
E torniamo al punto di partenza: la peggiore puntata fino ad ora.
Didascalica, lunghissima, lenta, molto compiaciuta nel suo incedere sull’aspetto sessuale della vicenda che sembrava ormai essere assente da un po’.
A dirla tutta l’utilizzo del sesso non è strumentale come da tradizione per le prime stagioni di GoT, ma è sostanziale, in quanto è il sesso stesso l’oggetto del discorso. Un colpo al cerchio e uno alla botte, potreste anche dire, ma mi permetto di dissentire rumorosamente.
Basando tutto il resto dell’episodio sull’inaffidabilità sia della principessa che di Daemon, la regia poteva gestire il momento centrale della vicenda diversamente, lasciare un grande “non detto” sulla vicenda a gettare un velo di ambiguità morale estremamente possibilista sul fatto scabroso in sé per sé.
Per i fini dell’episodio avrebbe funzionato esattamente allo stesso modo.
Ma non siamo in quel tipo di serie. Qua lo spettatore non deve avere dubbi. Tutto deve essere chiaro e a vista per evitare scomodi fraintendimenti. E quindi l’episodio, purtroppo, ce lo teniamo così com’è, con questo lungo e soprattutto didascalico montaggio alternato.
BEST IN SHOW: Sir Criston Cole della Guardia Reale. In paradiso per sbaglio (sic).
LA SEGA DELL’ARCHITETTO:
quando guardate qualcosa, quello che è legittimo e quello che no passa per il nostro filtro della percezione. Così i talebani di Tolkien possono trovare insostenibili alcuni aspetti de Gli anelli del potere, di come debbano essere gli elfi e cose del genere, oppure come tutti i generali da salotto che non ritengano i trabucchi posizionati nel modo corretto, o su come si utilizza la cavalleria in battaglia, o come si utilizzano i draghi in battaglia e altre amenità perfettamente ininfluenti ai fini dello spettacolo.
Oggi mi è passata davanti questa scena:
L’antica Valyriaa ha caratteri mitologici di tipo atlantideo.
In tempi remoti, le mura non erano bastionate. I bastioni furono un’opera dell’ingegneria bellica rinascimentale dal momento che con lo sviluppo di avanzate tecnologie da assedio le mura “tradizionali” non avrebbero retto all’urto. Tecnologia che all’epoca dell’antica Valyria difficilmente avrebbe potuto essere disponibile, ma ciò non ha impedito di rappresentare la città come cinta da una tripla e arzigogolata cerchia di bastioni scenograficamente arroccati gli uni sugli altri che, insomma, non hanno nessuna utilità pratica. Utilità pratica che ricordiamo essere l’unico motivo per il quale si cingevano le mura delle città. Ma va bene, eh. Capisco lo spirito dell’opera, capisco la ratio scenografica e mi sta bene perché sto assistendo ad un fantasy che non ha nessuna attinenza con la realtà.