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Gretel e Hansel: piccole streghe crescono

La fiaba di Hänsel e Gretel fu pubblicata per la prima volta nel 1812 e come ogni fiaba che si rispetti ha continuato a essere raccontata di generazione in generazione praticamente fino ai giorni nostri. Il grande potere delle fiabe è infatti quello di saper parlare dell’umanità attraverso i simboli, usando una storia terrificante con riferimenti indiretti alla realtà per costruire un discorso educativo, ammonitore e utile per sopravvivere in un mondo immancabilmente ostile. Lasciandosi in parte alle spalle il contenuto originale incentrato su carestia e infanticidio, Gretel e Hansel rielabora la fiaba per farne un racconto di formazione legato saldamente a una prospettiva femminile.

Come suggerito già dal titolo, il film di Oz Perkins (sì, è il figlio di Anthony!) mette l’accento sulla protagonista invece che sul fratello, qui inutile e fastidioso come qualsiasi bambino della sua età. Per altro, Gretel è interpretata dalla favolosa Sophia Lillis, che prestando il volto alla Camille giovane di Sharp Objects, alla Beverly Marsh di It e alla Sydney di I’m Not Ok With It si è ritagliata un precoce e sfavillante posto nella narrazione di genere contemporanea. Il suo approccio all’orrore velato di disagio ne fa uno dei nomi più interessanti del settore, una post scream queen, che definirei più una gasp queen, dalle reazioni meno scomposte e plateali, un po’ come l’altra reginetta del sussulto, Anya Taylor-Joy, che non a caso ha avuto il ruolo principale di The Witch, che in Gretel e Hansel si ritrova molto in quanto ad atmosfera e stile.

Il film di Perkins è levigatissimo, elegante e minimale, ricco di inquadrature perfettamente simmetriche e molto attento alla geometria, elemento fondamentale per il background esoterico della storia. Posto di primo piano quindi per i triangoli, accennati nei cappelli, nelle costruzioni e nei dettagli di design, simbolo per eccellenza dalla triplice essenza del femminile, delle fasi lunari, della routine di base della perfetta strega, con tanto di gatto al seguito. La trama di Gretel e Hansel si mantiene infatti molto vicina a quella della fiaba dei fratelli Grimm: fratello e sorella vengono cacciati di casa, vagano nel bosco e si imbattono nella casa di una strega, qui la affrontano e ne escono salvi. Tutto molto semplice, almeno a grandi linee.

Quello che distanzia questo nuovo adattamento dalla materia fiabesca originale sono i dettagli, è sempre lì che sta il diavolo, no? I due giovani vengono sì cacciati di casa dalla madre, ma qualcosa ci dice che la via del bosco probabilmente sarebbe arrivata comunque, prima o poi. Appena messo piede nel meraviglioso scenario verdeggiante, Gretel inizia a vedere e sentire cose, la raggiunge un richiamo ancestrale, una voce di donna che parla alla giovane come a volerla riportare alla sua vera casa. Quando finalmente giunge alla scura casa nel bosco, sappiamo già che il suo rapporto con la vecchia strega sarà molto più complesso di un banale antagonismo.

Se la fiaba dei Grimm era incentrata sulla sopravvivenza, Gretel e Hansel è incentrato sull’evoluzione. Sappiamo che anche Gretel nasconde in sé dei poteri e capiamo presto che la strega sarà la sua sciamana, colei che le permetterà di accedere alle sue potenzialità attraverso un rito di iniziazione, insieme razionale e misterico. Una parte di Gretel andrà infatti a caccia di conoscenza sotto la superficie, dietro porte e finestre nascoste, in libri antichi e stanze sepolte, mentre la sua forza magica la metterà in contatto con gli elementi e con gli aspetti più mistici della sua natura.

Non a caso dopo l’incontro con la strega Gretel vive il suo primo ciclo mestruale, emblema perfetto di ritualità femminile, sintomo di maturità e maturazione. Tra la protagonista e la sua inquietante benefattrice si instaura quindi un legame di reciproco beneficio, lo stesso che si formerebbe tra alunna e insegnante, apprendista e mentore.

Come ricorda costantemente Gretel al fratello, però, è bene aver timore dei regali, perché niente viene dato senza prendere qualcosa in cambio. È arrivato il momento di discutere il finale, quindi se ancora non l’avete visto potete ingozzarvi di spoiler oppure tornare in un secondo momento.

Guidata dalla vecchia attraverso visioni notturne e sussurri, Gretel si apre alle proprie capacità magiche, ma il prezzo che le viene chiesto di pagare è assoluto. Come la maestra aveva sacrificato i propri figli mangiandoli, altrettanto deve fare Gretel con l’ignaro fratello Hansel, che costituisce la sua unica vulnerabilità.

L’iconografia classica sulla fattucchiera che mangia i bambini è stata creata per connotare al massimo l’empietà della stregoneria, attribuendo alle megere la colpa più infame che si poteva pensare per una donna, la violenza contro la prole, considerato il loro unico interesse nella vita. Non sorprende che i movimenti femministi si siano riappropriati di questo immaginario accusatorio, facendone slittare il significato in favore di un’allegoria della liberazione dalla schiavitù biologica. La donna che mangia i propri figli sta quindi rinnegando simbolicamente la maternità, rifiutando un ruolo imposto e stereotipato, attraverso la perversione estrema di un’icona sociale sacra.

A Gretel viene chiesto di fare la stessa cosa, di sacrificare i suoi legami di sangue e una parte di se stessa per avere accesso alla forza della sopraffazione. Ma Gretel non vuole attaccare e inglobare l’unica figura maschile della sua vita, non lo vede come una minaccia, vuole tentare di cambiare le cose.

Non si lascia quindi influenzare dal passato e dalla maestra, riesce a creare per il fratello un’alternativa, indipendente e divergente dalla sua, ma capace di conviverci. Tre le due streghe viene messa in atto una contrattazione, un confronto (anche generazionale) che serve a ridefinire l’approccio femminile al potere, che può essere nutrito di oscurità oppure di luce. Gretel sceglie di cercare una nuova via verso il potere, che non si serva della violenza e della prevaricazione. La vecchia strega brucia, ma solo per lasciare il proprio posto alla nuova arrivata, che sull’antica conoscenza delle sue antenate costruirà un mondo stregonesco dagli strumenti inediti, più gentili ma altrettanto efficaci.

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