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Glassbreakers: portare i MOBA nella Realtà Virtuale

Esplorare la galassia dei visori per la realtà virtuale è sempre una sensazione strana per me. Spesso e volentieri si parla di un argomento che non vivo in prima persona visto che di visori non ne posseggo, ma il sentimento dell'utenza classica nei riguardi di questa tecnologia, a meno di investimento importante di tempo e denaro da parte del cliente, mi appare generalmente altalenante. Basti pensare a Sony e il suo visore per la realtà virtuale, proposto ben due volte in due formati diversi e bellamente ignorato sotto tanti punti di vista, se si esclude quello smielato e pompato dei content creator che se lo sono visto recapitare a casa per farci giusto l’unboxing e poi non toccarlo mai più. #PlayMakers, giusto?

Fuori dal mio rant e dalle iniziative fallimentari, ci sono tanti titoli validi che invece esplorano molto bene l’ambiente della realtà virtuale, insieme a studi che ci credono tanto e si specializzano proprio in questo frangente.

Tra i miei preferiti c’è Polyarc con Moss I e Moss II, avventure eccezionali che definirei la perfetta iniziazione per chiunque volesse provare l’esperienza più rilassante e fiabesca che ci sia. Quando il fantasy si mischia alle creature della prateria si crea sempre qualcosa di speciale e Moss riesce a farlo con un ingegno che difficilmente è replicabile in altri titoli VR.

Polyarc ha però mischiato nuovamente le carte in tavola proponendo, da qualche mese a questa parte in forma chiusa, un titolo strategico free-to-play chiamato Glassbreakers: Champions of Moss. Ispirato ai grandi MOBA del secolo e tradotto nella realtà virtuale, Glassbreakers si pone come terreno intermedio tra l’esperienza popolare e quella di nicchia della VR, al momento presente solo su PC tramite Steam e piattaforme dedicate a questa particolare periferica.

Sono stato invitato dal team di sviluppo per conto di Nerdcore a presenziare a una piccola introduzione al gioco in vista dell’imminente passo successivo verso la Open Beta a partire dal 26 settembre, fase che tra le altre cose introduce diverse novità.

Dietro il progetto si vede che c’è un team che crede nella propria idea, specialmente nell’immaginario che Moss è riuscito a creare in due capitoli. Espandere il proprio universo senza snaturarlo è un pregio incredibile e quanto fatto da Polyarc in questi termini è semplicemente ingegnoso, soprattutto se si considera che uno dei punti su cui puntano è quello di integrare la narrativa e la caratterizzazione dei propri personaggi sia nelle fondamenta del gameplay che nella tattilità dell’esperienza.

Glassbreakers infatti non è un involucro separato dove si piazzano delle pedine senza alcun tipo di contesto, come magari avviene in tanti progetti spin-off delle saghe principali. In realtà è strettamente collegato a Moss, espandendone la storia e alcuni luoghi specifici che servono a raccontare le storie degli eroi di questo continente in miniatura.

Il filo rosso più evidente, a mio giudizio, è invece l’insistenza nel rendere ogni cosa “toccabile” e piena di interazioni quando è il giocatore a controllarla, cosa che ha sempre contraddistinto Moss come videogioco creato su VR piuttosto che come idea riconvertita a realtà virtuale, come spesso accade.

Per Glassbreakers questo si traduce in maniera più evidente nel menù che si piazza tra i vari match, ricreato come una sorta di laboratorio (chiamato ufficialmente Attico) dove attraverso manovelle, leve e statuette è possibile interagire con ogni cosa.

Perfino l’utilizzare le diverse monete che il gioco mette a disposizione diventa un atto fisico, così come lo è cambiare la combinazione dei colori ai propri eroi attraverso delle pozioni o osservare le loro abilità sfogliando una carta. Possono sembrare piccoli dettagli, chicche se vogliamo, ma sono proprio queste accortezze a definire lo stile di Polyarc e anche il perché Moss, come progetto, funzioni così bene su VR.

La difficoltà, in questo caso, è riuscire però ad andare oltre ai menù e creare un gioco di strategia in stile MOBA che possa funzionare bene e che sia particolareggiato proprio dalla natura tattile e non solo un qualcosa che si può fare con mouse e tastiera ma riproposto in VR tanto per.

Per Polyarc questa è una sfida del tutto nuova, l’ho avvertito chiaramente nell’entusiasmo e nelle giuste preoccupazioni di un team che crede nella propria idea, e la partita che ci è stata mostrata aveva senza dubbio delle criticità.

Prima tra tutte è quella di riuscire a creare un campo che sia “comodo” da osservare in VR, soprattutto quando la visuale diventa essenziale per dirigere le proprie truppe. In Glassbreakers infatti sarete voi contro il vostro avversario, ognuno armato di 3 pedine, 3 torri di vetro da proteggere e alcuni punti intermedi da conquistare. Ogni eroe ha le proprie abilità e caratteristiche, dal tank al curatore, esattamente come in tanti altri MOBA.

Ad esempio, il nuovo eroe Mojo è una sorta di coccinella robotica dall’anima di Blitzcrank o Roadhog, per gli intenditori. Utilizzando un gancio può spostare i nemici e attrarli verso di sé, una funzione strategicamente molto utile per tutta la meccanica della partita da 9 minuti.

Tuttavia la mira e la tempestività con cui utilizzare questa abilità sono condizionati dalla propria maestria alla VR, allo spostare la testa (visuale) da una parte all’altra per muovere questo o quel pezzo.

Quando ho chiesto al team di sviluppo se avessero riscontrato dei feedback da parte dei giocatori iniziali sui comandi mi è stato risposto che nessuno sembra aver avuto da ridire su quel fronte, anzi il topic di maggiore importanza era il bilanciamento dei Campioni: processo più che naturale per un titolo del genere.

Eppure, da esterno, l’impressione che ho avuto è di essere davanti a uno schema che funzionerebbe benissimo nella classicità dello schermo piatto fisico, ma che in VR rischia di diventare fin troppo confusionario per permettere una strategia corretta.

Tutto il resto però è di alto livello, specie se si considera come gli obiettivi interagiscono con l’ambiente e la possibilità di conquistare più fasi senza per forza affidarsi al conflitto armato. Il posizionamento ha un ruolo chiave in Glassbreakers, ben più che l’attacco, così come il giostrarsi con la velocità di movimento e il percorso da intraprendere.

Questa è per me la strada che Glassbreakers dovrebbe inseguire di più, magari automatizzando qualche processo per far sì che il giocatore debba scorrere meno con la propria testa e possa ponderare di più sulle fasi da inseguire. Però è anche questo il bello di Glassbreakers e della sua natura sperimentale: la possibilità di aiutare Polyarc a plasmarlo in futuro, sotto richiesta espressa degli sviluppatori che vogliono far crescere la comunità Discord già avviata e che aspetta solo di ricevere ulteriori spunti, idee e valutazioni.

Del resto il gioco è gratuito ed è una delle poche applicazioni VR che crea qualcosa di nuovo utilizzando un terreno familiare. Nel caso peggiore potrete sempre scoprire il mondo di Moss e giocare a quello, si vince in ogni caso!

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