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Elena Ferrante, il fumetto geniale

 

Elena Ferrante è uno dei più rilevanti fenomeni letterari dell’ultimo decennio. L’autrice, che scrive sotto pseudonimo e si trincera dietro un assoluto anonimato, ha esordito già nel 1992 con “L'amore molesto”, vincitore di numerosi premi letterari e trasposto in omonimo film di Mario Martone, in concorso a Cannes. Il romanzo successivo, "I giorni dell'abbandono", appare nel 2002, è finalista al Premio Viareggio, e ne viene realizzata la pellicola omonima di Roberto Faenza. Assieme a "La figlia oscura", terzo romanzo dell'autrice prima del suo ciclo più noto, queste prime opere formano la trilogia delle Cronache del mal d'amore, incentrate solitamente su amori sofferti narrati con una certa raffinatezza psicologica.

 

 

 

L’amica geniale: dal romanzo al film

 

Ma la vera esplosione del fenomeno Elena Ferrante avviene nel 2011, quando viene pubblicato il primo volume della serie “L'amica geniale”, che diverrà una saga in quattro volumi.

 

Elena Ferrante ha così  anche un grande successo estero, soprattutto negli USA. Nel novembre 2014 viene inserita in una lista dei cento pensatori più influenti dalla rivista Foreign Policy, nell'aprile 2016 compare nella lista per la categoria “Artists” tra le 100 persone più influenti secondo Time.

 

 

Tale successo ha portato nel 2017 all’avvio di una serie tv in coproduzione tra HBO e Rai, uscita in prima assoluta su HBO nel 2018, e quindi immediatamente dopo sulla RAI. Ne sono state realizzate le prime tre stagioni e la quarta è in lavorazione, e la serie ha ottenuto un buon successo di critica e pubblico, trasformandolo in uno dei pochi fenomeni globali – sia pure di nicchia – di matrice italiana nell’ultimo decennio, sulla scia del romanzo.

 

 

Le autrici

 

È interessante quindi che oggi anche il fumetto si inserisca in questa operazione crossmediale a partire dall’opera di Elena Ferrante, con un’opera disegnata da Mara Cerri sui testi e sceneggiatura di Chiara Lagani, con un adattamento, per ora, del primo romanzo (vedi qui l'opera sul sito Coconino).

 

Le due autrici già si erano confrontate con le opere di Elena Ferrante: Mara Cerri ha infatti illustrato anche il racconto La spiaggia di notte (Edizioni E/O, 2007), mentre Chiara Lagani ha realizzato con Storia di un’amicizia la trasposizione teatrale della tetralogia di L’amica geniale.

 

 

Chiara Lagani è nata a Ravenna nel 1974. È attrice, drammaturga e traduttrice. Scrive i testi originali degli spettacoli del gruppo Fanny & Alexander, fondato a Ravenna con Luigi De Angelis nel 1992. Nel 2017 si aggiudica il Premio Riccione Speciale per l’Innovazione drammaturgica e scrive a quattro mani con Elio Germano lo spettacolo La mia battaglia (Einaudi, 2021). Ha portato in scena lo spettacolo Storia di un’amicizia, tratto dalla tetralogia di romanzi L’amica geniale di Elena Ferrante. Ha curato e tradotto I libri di Oz di Frank L. Baum (“I Millenni” Einaudi, 2017), illustrato da Mara Cerri, e Sylvie e Bruno di Lewis Carroll (“Letture Einaudi”, 2021). Con le animazioni di Mara Cerri ha inoltre realizzato lo spettacolo OZ di Fanny & Alexander.

 

 

Mara Cerri è nata a Pesaro nel 1978. È tra le migliori illustratrici europee, autrice di albi e film d’animazione. Ha illustrato La spiaggia di notte di Elena Ferrante e ha collaborato con diversi scrittori, tra i quali Andrea Bajani, Paolo Cognetti, Nadia Terranova, Davide Orecchio. Con Chiara Lagani ha collaborato illustrando “I libri di Oz” di Frank L. Baum e lavorando allo spettacolo teatrale OZ della compagnia Fanny & Alexander. Nel 2020 ha disegnato il manifesto del Salone del Libro di Torino. I suoi libri sono pubblicati dalle case editrici Einaudi, Orecchio Acerbo, Else edizioni, Mondadori. Per Coconino Press è autrice di Dietro di te, la storia a fumetti ambientata nella Rocca Demaniale di Gradara, all’interno della collana Fumetti nei Musei, e del racconto Procreare nel libro-cd Cinque del cantautore Giovanni Truppi.

 

L’opera si avvale inoltre della supervisione artistica di Davide Reviati, uno degli autori più importanti del fumetto d’autore contemporaneo, di cui abbiamo già avuto modo di parlare su Nerdcore (ad esempio, qui).

 

Il fumetto

 

Il volume – 256 pagine a colori – è sviluppato con una griglia larga, due strip di due vignette, spesso unite in due grandi vignette una sopra l’altra, o in una splash page. È un montaggio che si trova spesso, nel fumetto italiano, nel formato pocket, dove però è funzionale alla piccola dimensione dei fumetti tipo Diabolik e affini: mentre qui abbiamo un formato grande, tipico del graphic novel. La griglia “larga” serve qui dunque a dare più spazio alle vignette, esaltando i magnifici disegni di Mara Cerri (che firma anche la copertina del volume).

 

 

Da notare la scelta di vignette contornate con un segno volutamente non netto, approssimativo, che è spesso uno stilema tipico del fumetto d’autore, quasi a segnare una distanza da quello più industriale e quindi, implicitamente, più “squadrato”. Inoltre, il segno smussato evoca nel fumetto il ricordo, e quindi qui ribadisce il senso di una narrazione che si muove nel ricordo di Lenù.

 

 

La vignetta ha il segno di contorno, comunque: mentre i disegni di Cerri, di grande bellezza e suggestione visiva, si caratterizzano per delineare, come si vede, l’immagine solo a partire dall’acquerello, usato a livello magistrale. È interessante notare come tutti i segni propri del fumetto siano abilmente “affievoliti” per non turbare la bellezza dell’immagine: i balloon di dialogo non hanno a loro volta linea di contorno, mentre le didascalie sono poste fuori dallo spazio della vignetta. Due elementi che paiono implicitamente affievolirne il suono (che, simbolicamente, nel fumetto è tanto più forte quanto più energico il tratto di contorno che lo racchiude e i caratteri con cui è rappresentato): ma, di nuovo, un elemento che evoca bene l’idea di un ricordo remoto, dove i suoni ci tornano come attutiti.

 

 

Lo sfumato dell’acquerello è su tinte terrose che ricordano in parte quelle scelte dalla serie tv, specie nella prima stagione, realizzata dalla regia di Saverio Costanzo; alternate talvolta ai blu intensi del mare, del cielo, della notte. Tuttavia, l’effetto visivo è totalmente autonomo e non derivativo dalla serialità televisiva, ripartendo in modo autonomo dal romanzo e senza passare da questa prima trasposizione visiva. Al di là dell’ovvietà del diverso medium, possiamo notare una differenza determinante nel segno: la serie tv ha una evocazione piuttosto precisa del contesto anni ’50, mentre qui la scelta appare quella di restare sì fedeli all’ambientazione, ma senza eccedere nel dettaglio, evocando una certa sospensione che rende l’universalità della storia di amicizia femminile, che è in effetti il vero fulcro, mi pare, della narrazione della Ferrante, e non un pretesto per raccontare la storia del nostro secondo dopoguerra (nella prima stagione della serie tv questo rischio mi pare evitato: un po’ più didascaliche le due serie seguenti, specie la terza).

 

Inoltre l’acquerello – come gli altri elementi visuali: i balloon, i margini… - è elemento che può introdurre un flashback. E la storia (come anche nella serie TV, dove questo traspare dal voice over) è come detto tutta una lunga reminiscenza dai contorni a volte incerti di Elena Greco, che ricorda la sua vita e quella dell’amica.

 

 

L’opera, come detto, mostra anche nei testi di Lagani un equilibrato mix di fedeltà al testo di partenza e inevitabile interpretazione. Naturalmente, l’elegante evocazione di un ricordo trasognato, di una memoria faticosa (sia materialmente, per la lontananza degli eventi che Elena indaga mentalmente, sia emotivamente) passa come detto dalla notevolissima resa visuale di Cerri, ma è impossibile scindere tale aspetto dalla scrittura di Lagani, che orchestra tavole essenziali, iconiche, basate su pochi scarni dialoghi che favoriscono la scorrevolezza fluida del flusso del ricordo (in generale, la scissione scrittura/disegni è in fondo abbastanza convenzionale, specie per il fumetto d’autore, e fermo restando, è chiaro, lo specifico dei rispettivi autori).

 

 

Inoltre Chiara Lagani, nello spazio molto più ristretto del graphic novel, deve compiere una operazione simmetrica a quella di Costanzo nella serie tv: se là si doveva in qualche modo dilatare il romanzo – tutto sommato breve – della Ferrante, qui l’opera va invece ulteriormente asciugata e sintetizzata. La narrazione fumettistica che ne emerge possiede un ritmo suo proprio, che adatta bene nel nuovo medium l’opera di partenza. La necessità del passaggio a un differente medium, in una dimensione narrativa proporzionalmente più ristretta comporta la riduzione dei personaggi che attorniavano le protagoniste, che risultano inevitabilmente meno approfonditi, per consentire di mantenere maggiormente il focus sulle due eroine.

 

 

Anche questo passaggio da un romanzo – e ancor più una serie – quasi corale a un focus più netto sulle due protagoniste funziona bene nella misura in cui corrisponde alla dinamica del ricordo che, come abbiamo detto, appare il filo-guida dell’opera. Elena ricorda Lila, e quindi le altre figure risultano, qui, più fuori fuoco, quasi ombre sullo sfondo, salvo rari momenti che le vedono balzare per un attimo in primo piano.

 

 

Ci auguriamo un buon successo dell’opera, che porti a indagare anche i capitoli successivi, in cui inevitabilmente questa struttura dovrà divenire più complessa. Infatti, con l’adolescenza e la giovinezza, diviene centrale la figura di Nino Sarratore, personaggio che attrae entrambe le protagoniste e che si inserisce (anche se non è il solo elemento d’attrito) nella loro amicizia tormentata.

 

Nino Sarratore è a mio avviso un punto di forza della fiction: la Ferrante è riuscita a creare in lui un credibile personaggio “che amerete odiare”, un narcisista pericoloso  e manipolatore che, però, non viene mai ridotto a macchietta e mantiene elementi di seduzione intellettuale (e, proprio per questo, è così odiato/amato come villain dagli appassionati della saga: perché non è un puro guscio vuoto, un Voldemort in versione di intellettuale maschilista, e ci si può affezionare – in negativo, in questo caso, solitamente – al personaggio).

 

 

Questa complessità è propria anche delle due protagoniste: il dualismo scontato nera / bionda, “bad girl” / brava ragazza è gestito con un certo spessore psicologico dalla Ferrante, mantenuto nella serie e nel fumetto. Ma anche questa complessità si vede meglio nei capitoli successivi. Lila resta sospesa tra aggressività e melanconia, tra torti subiti e torti fatti (che non sono mai ridotti a una pura “reazione” a quanto ha subito). Ma Elena supera in parte i blocchi di una educazione piccolissimo borghese anni ’50 (anzi, peggio: di un proletariato che si vuole disperatamente piccolo borghese, come sono appunto i suoi genitori), e non del tutto in positivo, dimostrandosi personaggio capace anche di cattiverie e crudeltà gratuite a fianco di slanci generosi ed entusiasmi per cause ideali.

 

 

Sarebbe appunto interessante vedere le due autrici all’opera con i capitoli seguenti della saga letteraria: quella televisiva, pur gradevole, non riesce a mio avviso a mantenere lo stesso livello della prima stagione, sia per l’abbandono di Saverio Costanzo, forse, ma anche probabilmente per una maggior difficoltà di resa psicologica. Lo spazio più compresso del fumetto da un lato toglie margine per approfondire le psicologie, ma può anche imporre una sintesi in grado di rendere più icastico il testo. In ogni caso, sarebbe una sfida in cui Lagani e Cerri potrebbero di nuovo dare il meglio di sé.

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