Dylan Dog 408, scritto da Gigi Simeoni e disegnato da Marco Soldi (il lettering è di Riccardo Riboldi) va a esplorare un tema originale. Protagonisti di quest'horror sono infatti i classici "umarell" che osservano i cantieri, sulla cui presenza Simeoni imbastisce una giustificazione "esoterica" che è il fulcro dell'albo in questione.
La copertina di Gigi Cavenago si collega ovviamente a questo tema, con un rimando a Lovecraft di grande impatto, che sarà ripreso nell'albo in modo molto più sfumato. Il titolo riprende invece Nietzche, e richiama uno dei temi principali dei fumetti di Simeoni, quello dello sguardo, declinato spesso in chiave orrorifica fin dai tempi de "Gli occhi e il buio". Come al solito, pur cercando di evitare gli spoiler più evidenti, consigliamo prima di leggere l'albo e di tornare qui per qualche riflessione e dettaglio in più.
La colonna sonora consigliata dal curatore Roberto Recchioni è, questa volta, quella dell'artista synthwave Carpenter Brut, in particolare Roller Mobster. Forse un rimando all'ispettore Carpenter, anche, che torna in quest'albo con un ruolo abbastanza centrale: non ci sono del resto altre indicazioni di "colonna sonora implicita" all'interno della storia. Si potrebbe, volendo, evocare anche "Sincronicity", albo dei The Police del 1983, dato che è il concetto portante dell'albo.
Fin da subito è evidente l'uso dello splatter, con una sequenza iniziale che integra un certa poeticità stralunata all'irrompere dell'orrore (6-7). Centrale anche l'orrore legato alla privazione della vista, fin da subito (9.i, con una vignetta piuttosto forte): un elemento orrorifico ben indagato già da Freud, esaminando il Sandman di Hoffmann, e poi da sempre al centro dell'orrore della EC Comics e similari, come lamentava lo psichiatra newyorkese Frederic Wertham. Se il cavare la vista agli occhiuti vecchietti ha un senso, meno chiaro è il perché della loro esposizione in posizione rovesciata: anche se il "rovesciamento" ha tutta una valenza nella tradizione ermetica, a partire dal tarocco dell'Appeso che viene quasi, in questo caso, evocato.
Continua una presenza un po' più fitta a rimandi di continuity: p. 9-10, il ritorno in servizio di Carpenter e Rania, il mancato stipendio di Groucho per due mesi di fila, p. 19, il caso del mese precedente a p.20, con tanto di nota di rimando. La figura di Rania ha una buona centralità, andando a indagare il suo nuovo rapporto di ex-moglie del protagonista.
L'indagine prende poi un filone "noir", un elemento un tempo tipico di molte storie dylaniate, che ultimamente, con il "nuovo corso" dal 2013 in poi, si era sostanzialmente abbandonato (anche se, in questo caso, è abbastanza evidente si tratti di un vicolo cieco). Il boss sorpreso all'opera mentre va a sentire Pagliacci di Leoncavallo è un grande classico dei film di mafia (vedi "Gli intoccabili"). Altra citazione - di segno diverso - è quella di "Eyes Wide Shut" di Kubrick, evocato in connessione al tema centrale della storia, quello della visione (e può essere un indizio della duplice lettura possibile, che vedrebbe tutto come una allucinazione di Dylan: così avviene anche in quel film). La citazione più sorprendente è quella di Totò, che appare nelle vesti del Pazzariello, così come immortalato ne "L'oro di Napoli" (1954) di Vittorio De Sica (p.65). L'importanza della rivelazione è sottolineata dal suo ritorno in 89.iii.
Proprio questo Totò, che potrebbe rappresentare l'intervento di misteriose forze sovrannaturali buone (sparisce nel nulla dopo aver instradato l'eroe), produce la svolta dei 2/3 dell'albo a p.66. L'indagine, prima, è proseguita sui binari classici, la doppia detection (razionale Carpenter, sovrannaturale Dylan, con Rania a mediare tra le due) da un lato, e i nuovi delitti dall'altro, con una buona dose di gore resa piuttosto disturbante dal disegno meticoloso e pulito di Soldi. Particolarmente efficaci sono le quadruple, dove il dettaglio può essere indagato in modo più macabro, come in p.60; ma anche in senso non-splatter, come nell'inquietante cantiere di p.46. Efficaci, a diversi scopi, anche alcune tavole a sviluppo orizzontale, spesso mute, con tre strisce lunghe: p. 37, o p. 49 (dove c'è anche un bell'effetto digitale).
Dylan, ricevuta la spinta, giunge all'intuizione mentre guida (divertente la scena del camion di un fioraio, "Ditelo con i fiori", che inveisce in modo molto meno gentile contro Dylan che non scatta al verde, perso nei suoi pensieri: p.67), giungendo a una p.68 dal montaggio "analogico", piuttosto raro anche nel nuovo Dylan Dog, ma decisamente efficace visivamente. La sincronicità junghiana (p.69) porta Dylan alla soluzione tramite appunto l'uso di una fusione irrazionale e analogica di dati numerici di per sé privi di significato: il termine viene poi usato in un senso differente nella soluzione del caso (ma il personaggio-chiave ha comunque letto, pur senza capirlo appunto del tutto, un testo junghiano).
A parte la sincronicità, la libreria evoca "Ritratto di Signora" e la "Coppa d'oro" di Henry James, due romanzi che illustrano la decadenza europea rispetto allo spirito vitalistico degli USA del primo '900. Non è marcata la corrispondenza con la storia, quindi appare una citazione di opere probabilmente care a Simeoni, o al disegnatore Soldi. Dall'altro lato, meno evidenti, anche "The Town and the city" e "On the road" di Kerouac, per cui vale lo stesso discorso.
Nella sua analisi della situazione Dylan, dietro spiegazione di Groucho (p.77: Groucho si conferma, come molte volte, l'indagatore più brillante e dalla cultura sorprendente), ricollega queste teorie a Einstein e alla Teoria del Caos (con una suggestione, forse, anche del Chaos Magick spesso evocato da Recchioni, sulla scorta di Grant Morrison e soci).
Lo showdown finale da p.80 in poi - scena in notturna, con un efficace aumento dei neri che sottolinea l'aumento della tensione - è piuttosto interessante, perché la procedura cui Dylan si sottopone (come fa in modo ancor più radicale chi gliel'ha indicata) rende ambiguo quanto egli vede in seguito, che potrebbe benissimo avere carattere allucinatorio (in questo caso, potrebbe anche essere una di quelle - rare - storie in cui Dylan non risolve il caso). Anche il montaggio di tavola si fa più vario, rispetto a un albo in generale fedele alla tavola bonelliana classica. La bella quadrupla di p.84 introduce bene l'idea del delirio sovrannaturale in cui Dylan è immerso, e seguono tavole nerissime a sviluppo orizzontale (85, 88) decisamente efficaci. La doppia quadrupla di p.92-93 chiude ugualmente bene la scena d'azione.
Curioso l'antagonismo che si viene a creare (già a p.24, e confermato nel finale) tra bambini e vecchi: se gli umarell vegliano contro il trionfo del male, i giochi infantili "della stella" (sapiente? per restare a Lovecraft) paiono invece evocare i mostri. L'idea dei giochi infantili come ultimo grande rituale è del resto proprio dell'alchimia: una corrispondenza che non appare casuale, perché simboleggia secondo molti il gioco combinatorio delle lettere ("Ma bisogna dire che questa scienza è molto a proposito e per eccellenza paragonata ai giochi di fanciulli, perché tutta l'Arte è giustamente chiamata gioco, ma principalmente gioco delle lettere, ludus litterarum, in cui i buoni spiriti prendono piacere, e altrettanto i dotti soddisfazione senza noia, come i fanciulli prendono gusto alle cose frivole secondo la loro portata, che fa loro passare il tempo piacevolmente, e senza l'apprensione di alcun disagio.", si spiega ad esempio nel "Toson d'oro"). Simeoni introduce piuttosto una combinatoria di numeri, ma se è casuale, è oggetto di una bizzarra sincronicità, per restare nei temi dell'albo.
In chiusura dell'albo, una citazione lovecrafiana di Dylan Dog (p.97) collega le misteriose creature anche al folklore lovecraftiano, giustificando così la copertina. I "notturni" visti da Dylan Dog potrebbero essere solo i preparatori di una risorgenza dell'orrore tentacolare apparso in cover, in pratica. La chiusura dell'albo nel segno della sincronicità di Jung, nuovamente richiamata, sottolinea di nuovo l'importanza del concetto (che, nel "nuovo corso", si è associata anche alla creazione di sottili paralleli sincronici con l'Old Boy). Tra l'altro, chiudiamo con una corrispondenza interessante: l'avvio dei "lavori in corso" sul nuovo Dylan Dog, nel lontano 2012-2013, erano stati introdotti da una vignetta di Brindisi che mostrava Dylan Dog e Groucho (e i principali mostri) nei panni di due umarell intenti a fissare Sclavi, Masiero e Roberto Recchioni al lavoro.
Nel prossimo numero, un ritorno importante: Claudio Chiaverotti ritorna infatti sul classico antagonista da lui introdotto sulla testata, il "signore del buio" Mana Cerace, per i disegni di un autore del calibro di Piero Dall'Agnol. Un nuovo ciclo, dopo due autoconclusive, come era appunto previsto dal rinnovamento post-400. Attendiamo dunque con interesse questi sviluppi.