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Deadpool contro Ryan Reynolds

Deadpool 2 arriva nelle sale per cercare di bissare il successo di un primo film che sembrava impossibile e invece si è rivelato una sorpresa in grado sfidare il Marvel Cinematic Universe, anzi, qualunque cinecomi a suon di citazioni pop, umorismo e violenza.

Il mercenario chiacchierone, tra i pochi super-esseri (“eroe” non è per lui il termine adatto) che ha tra i poteri quello di rompere la quarta parete, parlare col pubblico ed essere consapevole della sua natura di personaggio di finzione, nato come parodia Marvel del Deathstroke della Distinta Concorrenza, dotato di poteri rigeneranti che lo rendono praticamente immortale a fronte di qualsiasi ferita, comprese mutilazioni gravi, che non manca di esperire anche con un certo gusto, protagonista di storie dove sono l’umorismo surreale e la violenza grafica a farla da padrone – in barba alla Comic Code Authority per la preservazione di contenuti ‘puri’ all’interno delle pubblicazioni a fumetti – ha trovato spazio anche al cinema, non senza difficoltà, solo nel corso degli ultimi anni.

In primis fu X-Men – Le origini: Wolverine, dove Deadpool appariva come villain secondario e per lo più spogliato di tutte le sue caratteristiche principali, dall’iconico costume rossonero alla parlantina fulminante (per bizzarra scelta di produzione aveva in effetti la bocca cucita). A interpretarlo era già Ryan Reynolds, che primo fra tutti ha creduto, a seguito di quella esperienza poco esaltante, nelle potenzialità del ‘vero’ Deadpool in sala arrivando perfino a realizzare dei video promo per convincere gli Studios Fox a produrlo con budget medio-basso. Ci è riuscito, così un paio di anni fa è arrivato al cinema il suo lungometraggio, non privo di pregi e comunque di discreto successo.

C’è solo un problema: a Deadpool non piace Ryan Reynolds. Già, perché anche al cinema, l’anti-eroe aka Wade Wilson si vive come personaggio separato e autonomo, non mancando mai – e meno che mai nel seguito Deadpool 2 che arriva in sala in questi giorni – di rimarcare la differenza, prendendo per i fondelli la sua controparte attoriale in ogni modo possibile (ne diciamo solo una, la meno spoilerosa: firma ‘Ryan Reynolds’ la scatola di cereali di un suo presunto fan). E come dargli torto, del resto? Il Reynolds bitorzoluto ma non troppo – nei fumetti Deadpool è sfigurato da una malattia, qui non possono troppo, perché il bel volto dell’attore deve restare visibile per compiacere lo star system –  quando è senza maschera, risulta a malapena sopportabile, e probabilmente lo sa, ci gioca, e in questo vince.

Quando però si mette la maschera, arriva Deadpool, quello ‘vero’, con la sua mimica istrionica (i maligni dicono che non sia Reynolds a interpretarlo quando ha il costume, e chi scrive simpatizza per i maligni) il film decolla, e tutto quello che non funziona o risulta ridondante in altri contesti (battutacce a raffica, considerazioni metacinematografiche – gustosa quella iniziale su Logan – ironia e autoironia, ammissioni di colpa per gli scarsi successi di film precedenti e quant’altro) qui va a meraviglia, proprio perché è Deadpool a fare da traino. Se i Marvel Studios riuscissero a reintegrare lui nel loro universo, il suo punto di vista sarebbe illuminante e rivelatore. Già ci immaginiamo la scena. Scontro di massa tra gli Avengers, i Fantastici Quattro (anche loro di rientro dalla Fox) e gli X-Men a confronto.

Bruce Banner: “Ehi, questi tizi sembrano proprio provenire da un altro universo”.

Reed Richards: “Il substrato subatomico del nostro mondo deve essersi incrinato a livello molecolare di qualche particella gamma, aprendo un varco che ha permesso il passaggio a un gruppo alternativo di super-umani”.

Doctor Strange: “In altre parole, e in termini mistici, due piani dell’esistenza hanno rivelato la compenetrazione di due realtà alternative, che in questo preciso momento del tempo e dello spazio sono converse nel punto focale di ciascuna di esse, permettendo un incontro essenziale di primo livello”.

Spider-Man: “che costumi fighissimi!”

Deadpool: “Rilassatevi, la Marvel si è finalmente messa d’accordo con la Fox. Adesso meniamoci”.

Proprio perché Deadpool è Deadpool, è l’unico personaggio che nel passaggio da fumetto a cinecomic non teme la concorrenza del suo interprete. Riflettiamoci. Le campagne promozionali dei film Marvel sono molto basate – come abbiamo avuto modo di specificare anche in un pezzo di qualche giorno fa – sulla presenza degli attori, delle star, che spesso e volentieri mostrano il loro volto senza maschera, sui cartelloni e sulle copertine delle riviste, preservando la loro versione prettamente super-eroistica (e cioè, con maschera) solo agli advertising destinati alle fumetterie e alle fiere di fumetto. Deadpool no. Nei manifesti, sui social, ovunque, la campagna dei film di Deadpool si fa con Deadpool, in varie pose, per lo più spiritose. Deadpool come 007, Deadpool come Jennifer Beals in Flashdance, Deadpool in versione sexy ammiccante, Deadpool Masterchef… chi più ne ha più ne metta.

Quanto a Deadpool 2, funziona proprio in questi termini. È cosciente di sé e dei suoi limiti, risolve con un’inquadratura l’assenza degli X-Men nella magione di Xavier tranne Colosso e Cannonball, alterna citazioni e scene d’azione rendendo un vantaggio la costruzione esile della trama che però può vantare la presenza di un Josh Brolin nei panni del killer dal futuro Cable, che in pratica riesce a fare tutto quello che non sono riusciti a far fare a Schwarzenegger in Terminator: Genisys. Ai fumettofili dispiacerà solo una cosa: come viene trattato il gruppo X-Force, blanda copia della versione di carta che si riduce alla stregua di ‘supereroi scemi’, limitante per personaggi che in origine rappresentavano una sorta di complessa parabola di "diversità nella diversità", distinguendosi dagli X-Men anche per la peculiare sgradevolezza o apparente scarsa significanza dei loro poteri (il leader Zeitgeist, per dire, vomita corrosivo addosso ai nemici).

Ma pazienza, qui ci stiamo, perché alla fin fine il punto di vista distante e ironico del protagonista aggiusta e parifica tutto, perfino la pessima resa in CGI di certi passaggi. Del cambio di etnia del personaggio di Domino nemmeno vale la pena parlarne (ma Deadpool direbbe: “già, amico. Ma lo stai facendo in questo momento”). L’attice Zazie Beetz è bella, brava e si ritaglia il suo spazio, vedrete.

A conti fatti Deadpool è l’unico ‘super-comevipare’ che nel passaggio da fumetto a cinecomic resta fedele a sé stesso. Perché non può fare altro. Perché se non lo facesse, probabilmente si segherebbe in due solo per potersi far ricrescere le gambe e prendersi a calci nel culo da solo.

 

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