Dobbiamo chiedercelo: ci siamo stufati degli zombie? Personalmente no, non penso potrà mai finire il fascino della zombie-apocalypse, soprattutto se ravvivato da questa ondata di produzioni che prendono lo scintillio americano e lo trasformano in un arazzo della decadenza per eccesso. Per questo sono qui a scrivere di Dead Island 2, atteso da molti e demolito da altrettanti colleghi della critica di ogni oceano.
In gergo si parla di mixed reviews, ma ditemi un prodotto che di questi tempi non abbia questa nomea e non si chiami Zelda o Final Fantasy XIV.
Come capita spesso di ripetere, viviamo in un’era che non rispetta più il nostro tempo o portafoglio, presuppone la nostra disponibilità finanziaria a ogni progetto e scialacquati dei nostri averi finiamo per perderci delle occasioni come quella di Wild Hearts anche sotto un forte sconto futuro. Il treno passa una volta sola, dicono, e forse ho intenzione di tirare il freno d’emergenza per farvi vedere il paesaggio della Hell-A di Dead Island 2.
Sì, alla vostra destra c’è sicuramente un gameplay come il più classico dei classici, se siete veterani del primo troverete familiari le barre delle vita sugli zombie, le armi trovate a terra con la durabilità diversa e un ricco sistema di crafting per sperimentare ogni tipo di morte concepibile dall’artigianato umano. Più che sparatutto in prima persona direi che è un simulatore di massacro sparso, tanto è vero che la tecnologia maggiore in Dead Island 2 è riservata all’accuratezza degli smembramenti, giusto per soddisfare il piccolo Raimi che è in voi.
Tuttavia è a sinistra che dovreste rivolgere la vostra attenzione, proprio lì tra le stelle di Hollywood nella non più ridente Los Angeles, rinominata umoristicamente Hell-A dai sopravvissuti del luogo. Certo per arrivare alla vera apocalisse avreste dovuto giocare il primo Dead Island, ma se come me non amate riflettere troppo sul passato direi che non vi perdete chissà quale trama che non potreste tirare fuori da soli con un po’ di immaginazione e un vasto catalogo di film a tema zombie. Tant’è vero che Dead Island 2 parte con voi su un aereo di evacuazione schiantato dallo scontatissimo zombie intrufolatosi a bordo.
Lottare tra i rottami è la cosa più Hollywood che ci sia ma i veri amatori sono quelli del settore Real Estate, li definirei i veri padroni dello stardom a stelle e strisce.
Questo Dead Island 2 lo sa bene e ci tiene a rimarcarvelo nel momento esatto in cui si apre con tutti i quartieri divisi in aree separate ed esplorabili a vostro comodo. Con tutto che il titolo di Dambuster è focalizzato al 100% sul gameplay e nella sua spettacolarizzazione truculenta, la vera chicca per quanto mi riguarda è stata la costruzione ambientale, che è la cosa che in un gioco in prima persona guardo spesso e volentieri.
Per sapere di cosa parlo vi basta girare su un profilo Twitter molto bello e poco invasivo, chiamato Berduu, e osservare le foto che ha pubblicato a tema Dead Island 2. In alcuni scorci faticherete a credere che si tratta di immagini in-game, eppure lo sono. La minuziosità dei dettagli negli ambienti chiusi, nelle case dei personaggi “famosi” nel gioco e che imitano gli attori reali, così come dei massacri in ognuna di esse, è fenomenale. Per non parlare di tutti gli ambienti che vengono poi esplorati nel corso del gioco, dagli studios a supermercati e via discorrendo.
Certo uno potrebbe anche entrare di corsa dentro ogni luogo, uccidere tutti e fregarsene altamente anche solo di sostare nelle varie zone. Siamo uomini d’azione, che diavolo! Fermarsi? In un apocalisse zombie? Dovreste farlo, invece.
Una cosa che odio in queste produzioni è che la velocità dell’andatura standard, quindi premendo la levetta senza scatto, è sempre troppo veloce e da “corsa”. Ma voi quando andate in giro sfrecciate come ossessi per le strade? Non vi curate di ciò che vi circonda? Nei giochi in prima persona mi piace andare piano, e per Dead Island 2 significava andare stanza per stanza e osservare quello che le stanze mi stavano raccontando.
Si chiama narrazione ambientale e Dead Island 2 la fa abbastanza bene direi, non ai livelli di The Division o Cyberpunk 2077 ma comunque tiene testa e ha davvero molto da dire. Ad esempio, nel primo quartiere che visiterete vi capiterà di passare in diverse ville per raggiungere l’obiettivo principale della mappa. Idealmente dovreste tirare dritto e superare i vari ostacoli, non ci sono neanche missioni secondarie da svolgere, sono solo edifici nella vostra strada.
Fermandovi trovereste invece il racconto, sparso tra audio, note e sistemazione degli oggetti, di una casa di influencer colpita dall’evacuazione e dagli zombie. Ci sono studi di registrazione, posti dove fare dirette streaming, i loghi della community, i trofei del loro raggiungimento nelle varie fasi delle visualizzazioni su YouTube e anche la loro triste fine tra un selfie e l’altro.
Mi è sembrato di vivere uno scorcio di Logan Paul e tutto questo mi è stato raccontato mentre esploravo naturalmente la villa, costruendomi la storia e riempiendomi di domande le cui risposte sarebbero arrivate di lì a breve. Di posti del genere Dead Island 2 è pieno, alle volte ci lega delle missioni secondarie sbloccabili successivamente e altre invece non hanno alcun tipo di rilevanza nella trama, eppure sono a vostra disposizione, qualcuno ci ha messo del tempo a costruirle e a narrare pezzo dopo pezzo, come un complesso puzzle tridimensionale, una storia unica.
Ecco, questa voglia di ricreare una Los Angeles estremamente viva e ricca nella desolazione di un’apocalisse di zombie con gli occhiali da sole è il maggior selling point del gioco, il motivo per cui vale il vostro acquisto.
Tutti possono darvi un po’ di caccia agli zombie, vi basta caricare Left 4 Dead per sparare qualche proiettile su un’orda, ma solo Dead Island 2 può fornivi quella Los Angeles in quella precisa maniera.
È solo nelle sue strade che risiede la maestria di un’idea stata in gestazione per tanto tempo a cui è stato appiccicato un gameplay solido ma totalmente nella norma e una storia le cui iperbole finiscono per perdersi ben presto. Se la campagna è un pretesto per farvi vedere luoghi nuovi, fatevela da soli la vostra storia: fermatevi, prestate attenzione ed esplorate davvero, solo così riuscirete a vedere il valore di un gioco in cui la fretta cambia totalmente la prospettiva tra il bello e il brutto. E magari cambierete opinione su Army of the Dead di Zack Snyder.