Il recente saggio di Francesco Corigliano, “La letteratura weird”, pubblicato nel 2020 da Mimesis nella sua collana “DeGenere”, è un volume di estremo valore per chiunque sia interessato alla cultura fantastica qui in Italia. Corigliano, docente di scuola secondaria, ha conseguito nel 2019 un dottorato di ricerca all’Università della Calabria proprio con una tesi sulla weird fiction che è poi divenuta la base di questa pubblicazione.
Nel primo capitolo, “Teoria e critica”, si affronta il tema della definizione e contestualizzazione di tale concetto, che è fondante nella definizione di tutta l’impalcatura del letterario, Infatti, la stessa macro-distinzione tra realismo e fantastico pone dei costanti problemi di definizione, in quanto anche il realismo non è, ovviamente, aderente in modo pedissequo al vero (né può esserlo). Ma la cosa si complica ulteriormente quando si passa alla segmentazione del campo del fantastico, in cui molteplici definizioni si affiancano e talvolta sovrappongono nel definirne i vari ambiti.
Quella di “weird”, che solo imprecisamente si può tradurre con “strano, bizzarro”, e quindi è rimasta in italiano nell’originale inglese, è una di quelle più sfuggenti e, a un tempo, tra le più rilevanti e autorevoli.
Per quanto preesistente, l’etichetta si lega infatti alla fondante rivista letteraria “Weird Tales” (nata nel 1923), che nell’era delle riviste pulp americane ha contribuito in modo determinante all’affermarsi del genere, ospitando anche gli interventi di H.P.Lovecraft, la cui rilevanza letteraria è stata sempre più riconosciuta col passare del tempo.
L’autore si concentra su questa fase di formazione del termine e del concetto, in quello scorcio tra fine del XIX e inizio del XX secolo in cui avviene una fondamentale transizione nel fantastico moderno.
Lo scopo di Corigliano è quello di superare una definizione troppo angusta, che si limiti a far corrispondere il Weird con la definizione tautologica di “Ciò che viene pubblicato su Weird Tales” e riviste simili. Egli infatti tende a dimostrare come vi sia una concezione più ampia del fenomeno nei principali autori che l’hanno interpretato, estendendone il significato ben al di fuori della nicchia del pulp. Si viene così a identificare il weird come un vasto campo che si muove sugli assunti della “letteratura fantastica” senza connotazioni settoriali marcate, la letteratura in grado di “narrare l’impensabile” come recita l’efficace sottotitolo del volume.
Se infatti anche il realismo narra paradossalmente di eventi non-reali (non sono esistiti davvero Renzo e Lucia, Padron ‘Ntoni, Zeno Cosini), e spesso la fiction si spinge nel territorio dell’improbabile, il proprio del fantastico è la narrazione di ciò che è fattualmente impossibile, indagandone le conseguenze.
Corigliano distingue poi con finezza tale “impossibile”, impensabile, dal “sovrannaturale” classico e cristiano, che pur essendo ugualmente impossibile esiste in una cornice che lo giustifica, mentre il fantastico moderno presenta l’irrompere di qualcosa che spezza gli schemi del mondo usualmente inteso, nel Frankenstein (1818) di Mary Shelley e negli altri testi fondanti del genere.
Dopo una trattazione serrata e riccamente documentata, Corigliano precisa ulteriormente questa definizione: il Weird infatti deriva dal fantastico della letteratura sovrannaturale dell’Ottocento, ma lo pone in relazione col modernismo, e quindi si definisce come “modo letterario” (concetto che Corigliano riprende e applica da Cesarani) in cui in definitiva il tema centrale è i’inconoscibilità del sovrannaturale. Ciò viene espresso contestualizzandone l’irruzione nel racconto in una cornice narrativa verosimile, in cui la narrazione del sovrannaturale avviene in modo sempre allusivo, omissivo, reticente e imperfetto. Non è, insomma, solo “impossibile”, come potrebbe essere Pegaso, per dire: è “impensabile”, resistente a ogni definizione.
Si passa poi alla disamina di tre casi fondanti del genere: non si può che partire con Lovecraft, che è sicuramente centrale nel discorso innanzitutto per la sua rilevanza. Lovecraft fa dell’allusione la strategia centrale della sua narrazione, unitamente a un “weird realism” (Harman) che fa irrompere questo “indicibile” in un contesto realistico (anche grazie alla fitta rete dell’intertestualità, degli pseudobiblia, che crea una fitta e credibile rete di rimandi). In questo loro essere indefinibili, e quindi incomprensibili, e tuttavia centrali come rivelazione numinosa al lettore, i mostri di Lovecraft divengono quindi ossimoriche “allegorie vuote” su cui va a infrangersi, con inquietudine, lo sforzo interpretativo.
Anche Stefan Grabinski, il secondo autore trattato, proveniente dalla tradizione letteraria polacca, distingue tra fantastico e “metafantastico”, ovvero quello in cui l’inquietudine non nasce da un elemento mostruoso terrificante ma definito, ma per l’alterazione della nostra percezione della realtà. In modo più marcato rispetto a Lovecraft, Grabinski dà spazio all’alienazione tecnologica nelle sue opere. In modo simile a Lovecraft, sia pure con linee di evoluzione diverse che Corigliano tratteggia con efficacia, l’autore si pone similmente l’esigenza di un superamento del fantastico tradizionale secondo le istante che provengono dal modernismo, in quanto a dissoluzione del soggetto e della stessa realtà (Corigliano, giustamente, cita Pirandello).
A margine, appare interessante notare come una delle sue opere più importanti, la raccolta "Demon Ruchu" (1919), traducibile come "Il demone del movimento", metta al centro di un "nuovo orrore" il tema del treno come mostro infernale. Si tratta infatti di un tema che, in modo più indiretto e allegorico, ma con una certa forza espressiva, è stato indagato dal nostro Giosué Carducci, primo Nobel della letteratura italiana (nel 1906, a un decennio dall'opera di Grabinski che citavamo) sia nel suo "Alla Stazione" (dove, certo, il treno è mostruoso perché porta via la donna amata, ma con una certa cupezza espressionistica che carica più del necessario questo suo aspetto terrifico) sia soprattutto nel suo "Inno a Satana" dove il treno è il carro solare-diabolico del trionfo di Lucifero, il "portatore di luce" infernale (che il Carducci anticlericale del 1863 vede con simpatia).
Già il mostro, conscio di sua metallica
anima, sbuffa, crolla, ansa, i fiammei
occhi sbarra; immane pe ’l buio
gitta il fischio che sfida lo spazio.
Va l’empio mostro; con traino orribile
sbattendo l’ale gli amor miei portasi.
Ahi, la bianca faccia e ’l bel velo
salutando scompar ne la tenebra.
(Carducci, il treno mostruoso ne "Alla Stazione una mattina d'autunno")
Un bello e orribile
Mostro si sferra,
Corre gli oceani,
Corre la terra:
Corusco e fumido
Come i vulcani,
I monti supera,
Divora i piani;
Sorvola i baratri;
Poi si nasconde
Per antri incogniti,
Per vie profonde;
Ed esce; e indomito
Di lido in lido
Come di turbine
Manda il suo grido,
Come di turbine
L'alito spande:
Ei passa, o popoli,
Satana il grande.
Passa benefico
Di loco in loco
Su l'infrenabile
Carro del foco.
(Carducci, il treno diabolico in "Inno a Satana")
Il belga Jean Ray chiude questo trittico: figura molto nota e apprezzata nel primo ‘900 e poi ridimensionata in seguito per una presunta minore originalità. L’operazione artistica dell’autore include in questo caso anche il lavoro sulla propria maschera artistica (si tratta di pseudonimo, infatti), e appare forse meno marcato il lavoro – spesso per contrasto – sulle istanze del modernismo proprio dei due altri autori. L’avvicinamento a Lovecraft per ragioni editoriali è stato per l’autore un abbraccio mortale sul lungo periodo, portando a un ridimensionamento critico in virtù di questo parallelo eccessivamente forzato, dove in Ray sono presenti alcuni elementi e non altri (non, ad esempio, la dimensione cosmica). Eppure, la sua ricerca sull’inquietudine resta profondamente valida e vitale, e da riscoprire – nei giusti modi – in un canone anche europeo del Weird, a partire dal suo romanzo, "Malpertuis" (1943), che costituisce forse la sua eredità più famosa.
L'opera di Corigliano si rivela dunque un lavoro cruciale per la risistemazione del concetto di Weird tale da renderlo uno strumento critico indispensabile per il pieno e sacrosanto riconoscimento del fantastico nel canone letterario, soprattutto a livello italiano, dove permangono - soprattutto nell'ambito accademico, dove Corigliano opera in modo coraggiosamente innovativo - ancora residui di resistenze verso tale tradizione. Probabilmente, quello che a questo punto servirebbe è procedere alla costruzione di un canone del fantastico, che in gran parte, ovviamente, esiste, ma che dovrebbe essere integrato al "canone occidentale" comunemente inteso, alla Harold Bloom, e in particolare, qui da noi, a un Canone Italiano a volte un po' sclerotizzato, specie a livello italiano.
In questo senso, i tre autori analizzati da Corigliano costituiscono un buon punto di partenza per una riflessione: se Lovecraft rappresenta un nome ormai tradizionale nel canone fantastico, molto meno vale per gli altri due nomi europei, che allargano il discorso rispetto a una predominanza statunitense spesso assunta in modo acritico. Probabilmente una riflessione ad ampio raggio sul fantastico e sul weird imporrebbe un allargamento ulteriore del canone che include anche, ad esempio, le letterature extraeuropee e nomi femminili del canone, di solito marginalizzati. In ambito italiano, infine, un recupero - specie a livello scolastico - potrebbe partire dalla valorizzazione di due nomi di primo piano del nostro canone quali Landolfi e Buzzati, oltre a una ripresa, nell'Ottocento, della tradizione scapigliata. Per parte nostra, Nerdcore cercherà di mantenere l'attenzione che ha sempre avuto sul fantastico e sull'inquietante (vedi qui), specie nella scena indipendente italiana. Un importante passo nella costruzione di tale canone è stato indubbiamente il lavoro del CuNeoGotico, che ha portato nel 2015 a un importante ricognizione sul NeoGotico Tricolore (vedi qui). In ogni caso, il volume di Corigliano è un tassello importante nel consolidamento degli studi sul fantastico, e le prospettive che offre possono aiutare a creare un nuovo sguardo con cui indagare nell'abisso inquietante della letteratura weird.