Sedici anni fa sulla Terra si è abbattuto un fenomeno cosmico nuovo e all’apparenza inspiegabile: al posto del sole sorge un astro nero che invece di luce e vita porta oscurità e morte sotto forma di una violenta isteria di massa, lasciando come unico segno del proprio passaggio il vuoto dei lutti e una generazione di bambini che, all’epoca feti nel ventre delle madri, hanno riportato un’alterazione cromatica apparentemente inspiegabile.
Caratterizzati da un lungo collo affusolato, colore di pelle grigiastro, occhi dalle iridi rosse e capelli chiarissimi come quelli degli albini, i Figli del Sole nero sono trattati da reietti nonostante studi svolti da una equipe di ricercatori mentre i bambini erano in fasce non abbiano determinato nessuna alterazione rilevante del genoma: per quanto diversi all’aspetto, i bambini sono in tutto e per tutto degli esseri umani. Forse.
Dopo 8 anni il fenomeno si ripete lasciando una seconda generazione di Figli del Sole nero e apparentemente tracciando uno schema.
Ora, sono passati 4 anni dalla secondo giorno del Sole nero e quando la luce solare inizia ad apparire più fioca, il timore per le avvisaglie di una nuova venuta del Sole nero iniziano ad agitare la altrimenti pacifica cittadina di Brightvale, mentre due generazioni di Figli iniziano ad interagire rivelando un’origine meno naturale di quanto gli scienziati avessero previsto.
Dario Sicchio imbastisce una storia che apertamente omaggia Il villaggio dei dannati del 1960 sfruttando intelligentemente la storia originale per caricare Sole nero di una più attuale ed interessante stratificazione generazionale.
Il punto non diventa più quindi solo quello di due generazioni a confronto, ma di tre. Una situazione più contemporanea quindi in un momento storico come il nostro dove il ricambio generazionale avviene ad una velocità superiore rispetto al passato e dove già con pochi anni di differenza, i temi, ciò che avvicina e ciò che allontana, il territorio comune cambia velocemente.
E così anche per le due generazioni di Figli del Sole nero, la più “anziana”, consapevole che ha accettato il suo ruolo nello schema e che cerca di indicare la strada alla seconda, che invece abbonda di dubbi e che si trova così tra due orrori, a metà tra la natura umana alla quale non può appartenere e che la ripudia quella disumana dei Figli alla quale prova per scelta a sottrarsi.
Tutto ciò è raccontato con una delicata stratificazione di eventi e frammenti di punti di vista che rimandano ad una gestione per certi versi kinghiana del contesto nel quale si muovo i protagonisti, quasi a togliergli il privilegio del ruolo, nel mentre che i colori del disegno iniziano a raffreddarsi, in un conto alla rovescia cromatico verso l’avvento di un nuovo Sole nero e di tutto ciò che potrebbe portare.
Mi hanno molto divertito i corollari “scientifici”: pagine di fumetto riprendenti i vlog di un progetto super segreto di scienziati dalle diverse specializzazioni che hanno studiato il fenomeno del Sole nero per darne una spiegazione. Mi ha ricordato tantissimo la fantascienza alla Crichton, ma dissacrante nella totale inconcludenza della ricerca, tradendo il gusto di Dario per il genere letterario del new weird: la deformazione del pensiero razionale nel momento in cui la ragione incontra un fenomeno che non può spiegare, per capirci le parti migliori della Trilogia dell'Area X di VanderMeer, quella che non prova nemmeno a dare risposte.
Di più: è come se tra tutti gli specialisti tirati in causa ci fosse un brandello di verità, percepita più che consciamente definita che contribuisce ad aumentare il senso di disagio e di mistero legato al Sole nero.
Tra gli elementi che Dario Sicchio ha tirato in mezzo ho trovato estremamente affasciante quella della comunicazione e dell'empatia, di come le parole non se le porta il vento ma hanno un effetto su chiunque le ascolta. Oltre a segnare, forse, la più grossa differenza con Il villaggio dei dannati, dove i bambini erano dei piccoli psicopatici completamente privi di empatia, i Figli del Sole nero hanno una spiccata abilità manipolatoria, da loro chiamata "risonanza", dovuta anche ad una sensibilità alla chimica delle emozioni umane che sono in grado di manipolare tramite le parole per avere effetti concreti sulle persone e fargli fare quello che vogliono contro la propria volontà.
Dario Sicchio, che ho raggiunto in chat per chiacchierare del fumetto ha dichiarato:
"Questa era una storia che avevo in mente da molto tempo, che è stata ispirata dalla corrente letteraria del new weird di cui sono un grande appassionato, ma nella quale c'è tantissimo di me. È forse il mio progetto più personale in assoluto. Al contrario dei miei passati lavori, volevo che fosse una storia breve, sfuggente, algida e profondamente ambigua. Lavorarci con un team con il quale mi sento così in sintonia, ha reso tutto molto organico e naturale. Avevamo tutti lo stesso desiderio espressivo: una cosa estremamente rara e cruciale per un progetto come questo. Con SOLE NERO speriamo non soltanto di raccontare una storia strana e interessante, ma di lasciare una precisa sensazione nei lettori. Un senso di spaesamento, di angoscia e di incombente minaccia... ma anche di inconfessabile fascinazione."
E vale la pena spendere più di una parola sul comparto artistico dell’albo.
Letizia Cadonici si esprime attraverso un tratto aggraziato di chine sottili, rapide ed essenziali a disegnare anatomie corrette, ma che nonostante ciò riescono anche a caricarsi quando c’è da eccedere in dettagli quasi grotteschi nella caratterizzazione dei personaggi.
Stessa cosa per interni ed esterni che mantengono sempre una più che dignitosa coerenza formale. Il meglio però lo dà a mio avviso nel capitolo intitolato “Vorrei sorridere ma non ho la bocca” (citazione splendida, tra l’altro) dove appare un personaggio completamente smarginato che pare sovvertire tutte le regole del mondo tratteggiato di cui sopra ma che rivela una potenza espressiva invidiabile e perturbante che si concretizza nel capitolo finale quando il descrittivo cede completamente il passo all’espressivo.
I colori di Francesco Segala consapevolmente rifiutano il tono piatto in favore di un equilibrio di luci, di ombre e di tono su tono a regalare la giusta profondità ad un mondo così prepotentemente basato sulla resa cromatica della luce come elemento narrativo.
Sole nero è un fumetto piacevolmente inusuale grazie ad una sapiente gestione delle tematiche priva di emergenze didascaliche che rende un ottimo servizio alla narrazione che in questo modo scorre fluida verso il suo apice naturale da classico racconto dell’orrore, supportato da un ottimo comparto artistico che strania il lettore che trova, nel finale della storia, un senso di liberazione più che di conclusione.