L’universo di Shovel Knight è uno fra i più interessanti all’interno del panorama videoludico: dalla sua prima uscita nel lontano 2014 il titolo si è infatti evoluto continuamente con contenuti addizionali (gratuiti e non) che hanno contribuito non solo a rendere estremamente longeva l’esperienza offerta da Yatch Club ma anche a dare spessore e colore ad un mondo fantastico incredibile.
Non solo, gli sviluppatori nel corso degli anni hanno sperimentato tantissimo con il loro gioco, creando avventura uniche che ne hanno addirittura mutato il genere (come l’espansione dedicata a Card Knight) o veri e propri titoli ad hoc come Shovel Knight Poket Dungeon che, ancora, esplora meccaniche e generi inediti per la serie.
Proprio seguendo lo stesso spirito, Shovel Knighh Dig si presenta come un roguelite ambientato nell’universo del celebre cavaliere con la pala puntano ad espandere ulteriormente la caratterizzazione degli ambienti e dei personaggi oltre che ad avventurarsi all’interno di un genere estremamente difficile al giorno d’oggi.
Si scherza spesso sul fatto che ultimamente i rogue-vattelapesca siano diventati il genere preponderante all’interno delle produzioni più “undergound” ma tutto quello che ruota attorno al mondo di Shovel Knight basta a far sì che gli sviluppatori abbiano semplicemente provato ad approcciare il “genere del momento” piuttosto che farne bandiera per le vendite.
L’approccio, purtroppo, non è proprio dei migliori: per quanto vasto e spesso sia, l’universo di Shovel Knight manca di quella varietà necessaria alla costruzione di un buon roguelite.
E, se nel mondo esistono produzioni come Hades che sopperiscono alla mancanza di varietà con la scrittura, Shovel Knight Dig non riesce in nessun modo a ritagliarsi un suo perché all’interno dell’oceano di roguelite presenti sul mercato.
Non c’è una buona varietà di “stanze”, non c’è una buona varietà di oggetti e una volta completati entrambi i finali non esiste, di fatto, nessun motivo per cui continuare ad iterare le run all’interno del titolo se non per puro diletto nelle sfide giornaliere per vedere il proprio nome farsi strada nelle classifiche globali.
Nonostante questo, nelle circa 6 ore necessarie a completare l’avventura (cifra totalmente arbitraria che potrebbe scendere addirittura al paio d’ore) il titolo scorre: è piacevole, il gameplya è solido, l’art design è sempre di altissimo livello e le musiche sono un piacere per le orecchie.
A livello narrativo il titolo si difende bene andando ad esplorare e caratterizzare meglio quanto già vissuto all’interno dei vecchi capitoli fra nuove aggiunte al gruppo di personaggi e vecchie conoscenze che tornano a offrirci qualche nuova sfumatura.
Il gameplay è, in modo del tutto originale, sviluppato in verticale: dovremmo scavare in fondo ad un pozzo per atrivare in fondo dove ci aspetta il boss finale.
Lo scavo si compone in quattro aree (che possono aumentare nel caso in cui sappiate come raggiungere il finale alternativo) ognuna composta da tre stage più quello contro il boss: in ogni stage è necessario scavare verso il basso, scoprire delle stanze segrete (e non) laterali in cui trovare oggetti, potenziamenti o ulteriori gemme, ed evitare di morire.
Il nostro arsenale si compone della celebre pala, un’armatura potenziabile fra una run e l’altra, e una reliquia attiva (se ne troviamo in giro per il pozzo) che utilizza il mana per essere sfruttata.
In pieno stile Shovel Kngiht l’armatura non si potenzia ma sia cambia e ognuna delle disponibili, previo sblocco dopo aver trovato l’apposito progetto, è acquistabile presso il fabbro del villaggio.
Possiamo, inoltre, tramite le gemme raccolte comprare nuovi oggetti che possiamo trovare all’interno dello scavo, potenziamenti al nostro zaino o comprare delle scorciatoie per aree già visitate (in pieno stile Spelunky).
Il livello di sfida offerto dal titolo non è altissimo e una volta padroneggiate come si deve le abilità e imparati i pattern (molto semplici) di nemici e boss riuscire a completare il titolo nel suo finale base sarà la proverbiale passeggiata.
Le cose si fanno differenti per il finale alternativo (o true ending) che chi sta scrivendo non è ancora riuscito a raggiungere a causa dell’altissimo contenuto di causalità nelle azioni da compiere.
Sarà necessario seguire un certo numero di quest in un certo ordine senza morire o fallire nessuna di queste, pena il reset della run. L’unico problema è che alcune delle azioni da compiere sono fortemente dettate dalla casualità e potrebbero volerci numerosi tentativi prima di riuscire a beccare quello in cui tutti gli elementi giocano a nostro favore .
E, anche in questo caso sarà necessario battere il boss finale che, vi assicuro, è abbastanza complesso da far fuori.
In conclusione, Shovel Knight Dig è una piacevole variazione del mondo di gioco anche se il titolo non riesce a brillare come roguelite quanto, invece, riesce a farlo in tutto il resto degli elementi di cui si compone: un centro mancato.