Sessantatre romanzi. Ed è ancora in libreria con Billy Summers, la sua ultima opera. Sessantatre volumi, senza contare saggi e raccolte. Classe ‘47, Stephen King può vantarsi di oltre 350 milioni di copie vendute in tutto il mondo. Settanta libri in settant’anni.
King è una macchina da guerra. È maestro nel far incontrare horror e quotidianità, nel materializzare le paure che ci portiamo dietro dall’infanzia o dall’adolescenza. Ha spaziato tutti i generi - dal thriller al dramma carcerario, dal romanzo di formazione a quello post-apocalittico. Ha utilizzando tutti i meccanismi narrativi possibili - forti spaventi e inquietudini sottili, humor e momenti introspettivo-letterari.
Qui su N3rdcore vi abbiamo già raccontato da dove iniziare a farsi una cultura sul Re. E se ora potessimo entrare nella sua testa? Anzi meglio, nella sua penna.
Vent’anni, e non sentirli
Sessantatre romanzi, certamente non tutti capolavori. Non tutti perfetti, men che meno imperdibili. La produzione recente di King è forse meno radicale e radicata di It, Carrie e Misery, ma magari questo dipendere dalla nostra saturazione oppure dalle trasposizioni sul grande schermo, più mainstream a scapito della qualità e fedeltà a ciò che avevamo letto. Però sono proprio quelle idee dirompenti e geniali alla base dei suoi libri che spesso lo fanno percepire al pubblico come un creator e non come un writer.
Si tratta di scrivere, dannazione, non lavare la macchina o mettersi l'eyeliner. Se sapete prenderlo sul serio, abbiamo da fare insieme. Se non potete o volete, è ora che chiudiate il libro e vi dedichiate a qualcos'altro.
Non è una questione che King sottovaluta. Parte proprio dall’amica autrice Amy Tan, che a proposito della presentazione delle opere dice che “Non mi chiedono mai del linguaggio”. Come se per gli autori di narrativa popolare il metodo passasse in secondo piano. Da questo nasce On Writing, uscito ormai vent’anni fa, tutt’oggi validissimo. Perché se scrivi sessantatre volumi e vendi così tanto, forse qualcosa sul tuo mestiere ce l’hai da dire. E King, di cose, ne ha da dire, eccome.
Una biografia non convenzionale
Il metodo di King è unico, nel senso che è qualcosa che vale per lui, e lui soltanto. Sa benissimo che è impossibile scindere il percorso personale da quello professionale. Non vuole realizzare un manuale di scrittura, ma condividere la sua storia, e qualche consiglio..
Questa non è un'autobiografia. È casomai una specie di curriculum vitae, il mio tentativo di spiegare come si è formato uno scrittore. [...] Un processo di crescita disarticolato nel quale hanno agito in varia misura ambizione, desiderio, fortuna e un briciolo di talento.
King parte dalla sua infanzia, dalla madre e dal fratello. Gli aneddoti sui primi racconti, venduti ai compagni di classe. L'incontro con moglie Tabitha, i primi scritti acquistati dalle riviste. Esulti quando riceve la telefonata per i diritti di pubblicazione di Carrie. Ti deprimi quando vive la dipendenza da alcol e droga. Fai il tifo quando recupera e torna a scrivere dopo un terribile incidente d'auto. King ti cala nel suo passato e quando siete ormai sulla stessa lunghezza d’onda, ti accoglie sulla sua scrivania.
Lustrare gli attrezzi del mestiere
Come affrontare il terrore della pagina bianca? Con vocabolario e grammatica, forma attiva e non passiva. Attenzione al momento della revisione. Aprirsi all'esterno ma lavorare a porte chiuse. Avere un lettore ideale che aiuta a figurarsi la reazione del pubblico. Se pensiamo che la pianificazione sia tutto, King ritiene invece superflua la scaletta e lascia che siano i personaggi a far proseguire nel racconto.
Se vuoi essere uno scrittore devi fare due cose sopra tutte le altre: leggere molto e scrivere molto.
Lontanissimo da consigli astratti, in un capitolo condivide la revisione della prima parte del racconto 1408, quello del film con John Cusack e Samuel L. Jackson. Rispetto alla prima stesura snellisce del 10% segando avverbi e frasi superflue. Addirittura accorcia il nome di un personaggio, così da ridurre le pagine e velocizzare il ritmo, Funziona, e ci si sente davvero accanto al Re.
Nella mente del Re
La verità è King non insegna a scrivere, insegna a farti pensare come dovrebbe pensare uno scrittore. A organizzarti come uno scrittore e a capire come costruirti gli strumenti che ti renderanno tale. Una storia, innanzitutto. Una grammatica, ovviamente. Senso del ritmo e qualche accorgimento tecnico. Ma soprattutto lavoro e dedizione. “Poi la strada la trovi da te”, ti canta Bennato in sottofondo.
Scrivere è soprattutto un modo per arricchire la vita di coloro che leggeranno i tuoi lavori e arricchire al contempo la propria. Scrivere è tirarsi su, mettersi a posto e stare bene. Darsi felicità, va bene?
La sua genuina consapevolezza è quella di indicarti sia di rimboccarti le maniche, sia di mettere la scrivania in un angolo della stanza, non al centro. Ti spiega che se vuoi intraprendere questo mestiere, devi cercare l’equilibrio dello “scrivere per vivere”. L'errore è vivere per scrivere, che da solo non funziona. E l'orrore è farlo pure male.
Insomma, si impara qualcosa?
Si impara, eccome. Chiariamoci, se cercate di scoprire cosa si cela nella mente del Re, King lo condivide con estrema trasparenza, e dal punto di vista narrativo mantiene le sue promesse. All’opposto, se cercate manualistica per correggere il vostro stile, probabilmente questo volume sarà solo un punto di partenza.
“La strada verso l'inferno è lastricata di avverbi”, dice King, ma anche manuali di scrittura che arrivano al momento sbagliato. Perché quello giusto probabilmente è al termine della lettura di On Writing. Solo dopo si è nel mood di buttarsi sugli esercizi de I ferri del mestiere di Fruttero e Lucentini, coppia d’oro della letteratura popolare, che come King hanno lavorato su qualunque genere. Solo dopo si può entrare meglio in sintonia con Raymond Carver e il suo Il mestiere di scrivere. Solo dopo si possono apprendere le regole (e infrangerle) in Come non scrivere di Claudio Giunta. E chissà quanti altri ce ne sono da consigliare!
Adesso al lavoro, prima di tutto nella lettura. Poi anche nella scrittura. Perché adesso quella pagina bianca non deve far paura a nessuno.