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Più Libri Più Liberi: Il fumetto come bandiera per gli spazi sociali

Lorenzo Ceccotti, in arte LRNZ, non ha certo bisogno di presentazioni. Illustratore e fumettista d’alto calibro, ha collaborato a numerosi progetti di spessore, ha scritto e illustrato il suo primo romanzo grafico, Golem, ed è un maestro di Tekken che si diletta a fare streaming su Twitch in cui distrugge gli avversari della rete. Un’eccellenza nostrana che nella cornice di Più Libri Più Liberi, insieme a Anahi Mariotti di Lucha Y Siesta e Luca Valtorta ha voluto parlare del fumetto come bandiera della cultura in un tempo in cui si dimostra sempre di più tale.

Linguaggio pop e icone pop compongono i toni di questo settore mentre le tavole dei fumetti creano un connubio tra intrattenimento e arricchimento, il quale alle volte passa più dal primo lato che dall’altro subissando di difficoltà le iniziative culturali che il fumetto tenta di creare con i propri spazi. Oggi però, le cose sono decisamente cambiate, e la testimonianza ci arriva dall'eco dell'urbe romana.

Il caso di Lucha Y Siesta è infatti l’esempio che si è voluto portare all’interno della Nuvola dell’Eur nello spazio di Robinson, lontano dall’inizio tuscolano del movimento. Lucha Y Siesta è una casa delle donne che si prefigge di contrastare la violenza su con rifugi, sportelli e case che forniscono riparo dagli abusi di genere. Lucha però è molto, molto di più: è un’arma per combattere l’ingiustizia e un collante con cui ricostruire la propria vita partendo dai suoi pezzi infranti. Ma è anche riflessione, politica, sperimentazione e dialogo, un’apertura verso un mondo fuori dai classici schemi di genere e dalle regole del patriarcato.

L’edificio di Lucha Y Siesta è purtroppo anche uno spazio posseduto sulla carta da ATAC, una delle aziende pubbliche più in crisi di Roma e gestita così male che per risanare il gigantesco debito che la attanaglia ha dovuto dare via gli stabili abbandonati. Lucha, come avrete intuito, è uno di questi spazi che è stato liberato dalla rovina del tempo dall’organizzazione, il quale però adesso si vede oggetto di una riappropriazione insensata che non tiene conto dello scopo utile e sociale creatosi in quelle mura dimenticate dai dirigenti del trasporto pubblico.

Gli artisti come LRNZ si sono quindi uniti nel fare da cassa di risonanza per aiutare il progetto di Lucha Y Siesta, adesso intenta a voler comprare legalmente lo spazio per lasciare che esso rimanga, come è giusto, una casa sicura per le donne che si ritrovano senza alloggio e senza supporto. Da qui nascono le famose Luchadoras che abbiamo visto questi giorni sui social e che hanno invaso l’ambiente romano, specialmente quello intorno al quartiere tuscolano. Essendo io stesso di Centocelle, capirete bene quanto la vicinanza abbia colpito chi vi scrive, specialmente nel momento in cui la gestione degli spazi delle periferie è una bolgia piena di posti dimenticati da dio e criminalità organizzata, dove negozi e locali bruciano nel silenzio della notte.

La risposta alla call di Lucha è stata tutt’altro che silenziosa: 800 disegnatori con altrettanti disegni diversi hanno partecipato alla nascita delle lottatrici mascherate, a prescindere dallo schieramento politico o dal pensiero del proprio pubblico. Nessun’altra iniziativa o marchio ha creato un un’unione di artisti così grande, un precedente enorme per capire quanto il tessuto sociale e quotidiano sia ormai un punto stabile della comunità fumettistica, oltre che uno dei messaggi più forti per l’immagine della donna moralmente forte che risponde alla violenza uscendo dalla sua figura di vittima.

Il tutto è poi inserito all’interno di un’asta di beneficenza (che si svolgerà al Teatro India di Roma il 15 dicembre con il supporto dell’ARF), in cui le Luchadores e altre opere di artisti famosi andranno alle persone che contribuiranno all’obiettivo di 360.000 euro. Ma non è nel denaro che si trova la fine della battaglia delle luchadores: è nel dialogo, nel passaparola e nella valorizzazione degli spazi che materialmente aiutano ogni giorno quelle 1200 donne passate per la sua soglia. Spazi, è bene sottolinearlo, che sono socialmente riconosciuti anche dagli organi preposti a questo tipo di emergenze e che utilizzano senza alcun problema di sorta.

Ed è anche nel fumetto che si possono ritrovare le missioni legate al contrasto della narrativa incatenata a stretto giro dagli stereotipi di genere, passate anche per un’iniziativa chiamata “Al di là degli stereotipi (a fumetti)” – di Rita Petruccioli e di Lucha y Siesta - dove personalità come Zerocalcare hanno affrontato con i licei la realizzazione di fumetti con la collaborazione delle donne che sono ospitate proprio nella casa, utilizzando le interviste con quest’ultime per creare i fumetti del workshop. Confini ideologici e visivi abbattuti con una facilità disarmante semplicemente attraverso la consapevolezza e una cultura alternativa, quella fuori dal dramma e dal trauma per risaltare le vere qualità delle donne che si riprendono dalla violenza e che affrontano un percorso tortuoso nel farlo, riappropriandosi della vita attraverso la volontà e il supporto reciproco.

Se 800 artisti, se non di più, si sono uniti sotto un unico progetto per combattere un’ingiustizia sociale dannatamente burocratica, non è forse proprio questo l’atto di aggregazione che si aspettava per indicare il fumetto come la bandiera migliore dei valori da portare avanti dei nostri tempi? Per noi la conclusione è piuttosto ovvia.

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