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Only Murders in the Building, il condominio letale

C’è un posto magico, a New York: un grandioso ed elegantissimo condominio di inizio ‘900 che può portarti a morire di morte improvvisa e violenta per il solo fatto di abitarci. Il palazzo in questione si chiama Arconia, e tra i suoi lussuosi appartamenti ospita Charles (Steve Martin), un anziano attore fallito che aveva ottenuto una discreta fama negli anni ’90 grazie a una serie poliziesca intitolata Brazzos, titolo che oggi fa pensare a un altro genere, Oliver (Martin Short), un registra teatrale quasi coetaneo ma altrettanto fallito, che nella sua carriera ha inanellato una lunga serie di bizzarri spettacoli, e Mabel (Selena Gomez), una giovane artista con un segreto da nascondere.

Quando un omicidio sconvolge l’apparente tranquillità dell’Arconia i tre personaggi, che a malapena si conoscevano di vista, spintə dalla passione condivisa per i podcast di true crime, si avvicinano per la prima volta e decidono che mettersi a indagare sul crimine, e allo stesso tempo produrre un podcast casereccio, sia una buona idea. Ovviamente non è affatto una buona idea, e tra i contrasti con gli inquilini e le inquiline dell’Arconia, ciascunə con i propri scheletri nell’armadio e le proprie piccole e grandi manie, e le questioni personali irrisolte deə protagonistə, i dieci episodi della prima stagione di Only Murders in the Building, serie prodotta da Hulu e sbarcata su Disney+ come Star Original nell’agosto 2021, scorrono piacevolmente accompagnandoci fino al cliffhanger finale, con un nuovo sorprendente omicidio.

 

E proprio da quell’ultimo delitto, e dalle sue conseguenze, prende il via la seconda stagione, “in onda” su Disney+ a cadenza settimanale dalla fine di giugno 2022. Evitando gli spoiler - se di spoiler si può parlare dopo quasi un anno - il nuovo omicidio da indagare coinvolgerà il terzetto molto più da vicino, e in questa stagione, con nuovi ingressi di un certo peso, ci sarà in gioco qualcosa di molto più importante del tentativo di risollevare le proprie carriere (e di risolvere un caso di omicidio).

Ecco, queste sono le premesse. Ma perché mai nell’oceano di proposte che i malefici servizi di streaming ci propongono (o, in certi casi, ci propinano) dovrei guardare proprio questa serie? Beh, carə miə, intanto grazie per la domanda: le ragioni sono innumerevoli, e te ne elencherò alcune. Partiamo dal fatto che Steve Martin e Martin Short sono due mostri sacri della comicità (oltre a essere produttori esecutivi della serie insieme a Selena Gomez); della serie poi Steve Martin è anche il co-ideatore, e l’amore e la passione che prova per questo prodotto trasuda da ogni inquadratura. La scrittura è ottima così come i personaggi, tanto quelli principali quanto quelli secondari, tutti interessanti e credibili, anche se talvolta un tantinello sopra le righe; la parte crime si intreccia alla perfezione con la parte comedy pur non risultando farsesca: chi muore muore per davvero, e di sangue ce n’è in abbondanza.

 

Chi uccide (e chi delinque) lo fa con serietà e abnegazione, e le sue motivazioni sono credibili. La serie è leggera e diverte, ma non è stupida e nemmeno priva di spunti di riflessione, al contrario.

Ritornando poi ai personaggi il cast è stratosferico nella quasi totalità dei casi; se la giovane Gomez fatica un po’ a stare dietro a due colossi come Martin e Short, fra loro tre è comunque evidente che c’è chimica, e il “triangolo” tra i due anziani che faticano a trovare il loro posto nel presente e la giovane che la sa lunga è sicuramente una delle parti più interessanti di tutta la serie. Dirò di più: personalmente ho trovato più interessante proprio il rapporto tra i personaggi che lo svolgimento dell’indagine, la loro crescita nonostante l’età, e i loro tentativi di avvicinarsi, da un lato, e di ricucire il proprio passato, dall’altro. In parallelo l’indagine si dipana gradualmente tra persone sospettate, persone insospettabili e false piste lungo tutti e dieci gli episodi, regalando anche qualche discreto colpo di scena.

 

E poi ci sono New York e soprattutto l’Arconia, che è allo stesso tempo cornice e protagonista di questa storia, che con la sua eleganza senza età osserva i personaggi muoversi e agire, e sembra quasi giudicarli dall’alto di una superiorità altera, come altere e snob sono anche le persone che lo abitano, e che solo per questo fatto si autoassegnano uno status più elevato rispetto a quello dei protagonisti, outcast a tutti gli effetti e sempre fuori luogo con le parole e con i gesti - e difatti a rischio costante di non poter più trovare posto negli appartamenti dell’Arconia.

 

Ma pure l’Arconia, che fa tanto il superiore, qualche segreto lo nasconde. E l’unico modo per scoprire di quali segreti si tratta è guardare Only Murders in the Building.

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