

World of Horror: vivere l'idea dell'orrore fin dai menù
World of Horror ci porta davanti a un ostico computer di altri tempi per farci vivere un orrore antico, popolare e mai esplicito.
Nel lontano 2020 ebbi modo di conoscere World of Horror e l'amore che il suo singolo sviluppatore aveva per un tipo specifico di esperienza molto, molto giapponese, sia nella concezione di paura che in quella di gameplay. Armato di Microsoft Paint (e ormai non solo quello) ebbe l'idea di un RPG a turni in cui vivere degli incubi in formato Macintosh, risultando tanto oscuro nelle atmosfere quanto nella fruizione, oggi forse migliorata ma comunque lontana da quel concetto di accessibilità che dal 2020 è maturato ancora di più. Ne parlammo già all'epoca, quando il gioco muoveva i suoi primi passi.
Dopo tutto questo tempo in accesso anticipato, World of Horror è stato arricchito ma è rimasto sostanzialmente immutato nella sua concezione: è un gioco la cui atmosfera è ben più che lo scenario visibile in bianco e nero sullo schermo, è un pensiero e uno “stile di vita” che si trasporta nel modo di fruire il gioco stesso, posto che questo prevede delle performance quantomeno accettabili e che su PlayStation, ad esempio, sono da migliorare a dir poco (giocatelo su PC o Switch per ora).
World of Horror vi vuole mettere di fronte a un vecchio computer ricco di racconti dell'orrore pronti da esplorare e che ripercorrono le radici culturali del Giappone, posto che vogliate prima passare per la complessità e gli ostacoli di usare… beh un vecchio computer. Ad esempio, il nostro caro caporedattore Lorenzo non avrebbe problemi a destreggiarsi con i marchingegni della sua epoca, ma anche per me si è dimostrato ostico apprezzare World of Horror senza maledire il sistema di combattimento, tanto per dirne una, i cui meccanismi sono così astrusi da superare il concetto di turni.
Per quanto possa essere fastidioso, è comunque parte dello charme e inteso completamente nel tipo di prodotto che World of Horror vuole essere. L'astrusità delle sue meccaniche è la stessa ricerca della sanità dei protagonisti, semplici liceali, che si ritrovano a vagare per strade piene di creature e fenomeni fuori dalla loro comprensione.
Ci provano, interpretano e fanno teorie come il giocatore fa quando deve capire il combattimento insieme a statistiche ed effetti di cui sa veramente poco, se non quello che può discernere dalle pretese comuni. Proprio per questa sua natura non credo che sia giusto giudicarlo in base alla media delle recensioni globali, poiché è un tipo di esperienza per cui si deve appositamente ricercare la voglia di viverla, o meglio si deve essere predisposti o aperti a farlo ben sapendo a cosa si va incontro. Chiaramente questo non è uno sminuire l'analisi dei miei colleghi sulle testate di ogni dove, anzi le loro criticità vi servano come avvertimento nel caso in cui vogliate avventurarvi in World of Horror.
Trovandone il coraggio, e proseguendo nella struttura roguelike delle giornate del gioco fino all'inevitabile morte e o reset del ciclo, vi ritroverete davanti a storie di una caratura che solo un grande conoscitore della materia riuscirebbe a scrivere, anzi se non sapessi chi fosse l'autore direi che Junji Ito stesso sia il fautore del gioco sotto mentite spoglie. Il senso ansiogeno che deriva dalla rottura e distorsione del quotidiano, la deformazione fisica e concettuale dell'io e il modo in cui i modelli pian piano si corrompono insieme all'ambiente sono tecniche di assoluta maestria che si legano, come anticipavo, con la presentazione da vecchia tecnologia.
Perfino i caricamenti delle immagini, la comparsa dei fondali o l'attacco delle musiche assumono il ruolo di pilastri del terrore che il gioco vi induce sotto pelle. I jumpscare, per quanto presenti, sono solo la stoccata finale di una serie di pugnalate emotive che World of Horror piazza lentamente, facendo leva sulla poca chiarezza sia voluta sia derivante dall'impostazione stessa dello scheletro di gioco.
Nel corso dell'accesso anticipato è per lo più la ricchezza di scenari e creature che è aumentata, seguendo panstatz su X/Twitter ho avuto modo in tutto questo tempo di vederne le ispirazioni e le scelte creative in tal senso, guidate anche (e spesso) da una comunità florida di conoscitori e appassionati. Il gioco va tremendamente forte in Giappone, neanche a dirlo, e tutto ciò che è stato possibile grazie alle contaminazioni culturali globali è semplicemente stupefacente.
Certo, le parti più famose della cultura folkloristica del paranormale nipponico erano già lì, ma molti dei miti che escono fuori dai racconti dell'orrore del sol levante sono frutto di tradizioni orali, sussurri o versioni modificate di storie raccontate dai genitori per spaventare i figli.
Molto del sottobosco nasce dalle zone più rurali che, come chi ha visto il Giappone sa, vivono in una particolare armonia tra natura, spiritualità e folklore. World of Horror non a caso si presta proprio alla città rurale tipica di quegli scenari fatti di case, mare e simboli di ogni genere dentro qualsiasi vicoletto, non disdegnando però qualche contaminazione moderna frutto del caos delle grandi città.
Anche l'inclinazione Lovecraftiana è evidente, ma rimane più nell'idea che nell'esecuzione visiva, proprio come ci insegna il maestro che di certo non pensava di farsi rivelatore e tentacolare. E così se da un lato si hanno fenomeni che hanno origini prettamente paranormali e fuori concezione, dall'altro ci sono anche forze occulte con presenze tangibili e fisiche, le quali si accostano anche all'identità e alle motivazioni di alcuni dei tanti personaggi presenti nel gioco, apparentemente ordinari quanto noi.
Non per essere ridondante e citare Uzumaki, ma World of Horror fa della discesa a spirale la sua ragion d'essere, sia costringendo il giocatore a evitarla che a contaminare le azioni al fine di arrivare a una “comprensione superiore”. Il che crea la sensazione che non ci sia una vera e propria conclusione agli eventi di World of Horror, piuttosto è una collezione di storie da esplorare liberamente e scoprire pezzo dopo pezzo dettagli sulle grandi forze che, in realtà, stanno distorcendo la vita del presente.
La scoperta della verità però è una sudata costante, sia per i vostri avatar che per voi, e in quella fatica World of Horror vi caratterizza l'esperienza che dovreste vivere nell'oscurità dell'incognito sonno della ragione.
Quello che, almeno per me, mi convince a restare è la presentazione visiva e sonora del gioco, i cui dettagli sono pensati al minimo pixel rasentando la perfezione, soprattutto in ciò che il gioco vuole comunicare alle emozioni del giocatore. Pensare che è frutto di una persona sola armata di Microsoft Paint è un qualcosa che mi fa rabbrividire (di gioia stavolta) e al contempo mi conferma il perché abbia una particolare passione per Junji Ito e il suo modo di illustrare: è la distorsione del semplice in complesso e mostruoso, pur sottolineando che in realtà quest'ultimo è nascosto nel primo fin dalla sua presentazione.
Panstatz non fa altro che prendere quel concetto e incrementarlo con l'ausilio dei mezzi digitali dei tempi che furono, sfruttando ogni arma nelle sue possibilità per incrementare l'effetto a dosi estremamente controllate, come una piccola leva che piano piano si alza e finisce poi per far calare il buio completo. Questo è World of Horror: un mare di orrori incomprensibili che si fa largo sulle acque increspate di un lago difficile da navigare.