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Una mattinata lucchese l’autrice di The Witcher mi disse (con due parole sui primi episodi)

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Breve resoconto di due parole scambiate con l'autrice di The Witcher, Lauren Schmidt Hissrich, sulla seconda stagione, il successo della serie e cosa ha comportato.

Lucca è baciata da uno di quei soli novembrini che ti fa quasi ripensare le tue posizioni ecologiste sul surriscaldamento climatico, siamo su una terrazza che domina Piazza del Giglio, di fronte a noi c’è l’omonimo teatro, più in basso brulica l’umanità di visitatori del Lucca Comics & Games 2021 che si dispone in code ordinate per entrare nei padiglioni.

Di fronte a me Lauren Schmidt Hissrich, autrice della serie tv di The Witcher, la costumista Lucinda Wright, il production designer Andrew Laws, gli attori Joey Batey, ovvero Ranuncolo e Kim Bodnia, cioè il nuovo arrivato Vesemir. Hanno tutti la faccia che di solito hanno gli ospiti quando vengono invitati a Lucca: quella di chi è proprio contento di fare il suo lavoro se prevede di passare ogni tanto un paio di giorni serviti e riveriti in una bella città toscana.

Ovviamente non ci sono foto della situazione perché le foto alle roundtable (le interviste con più giornalisti) non si fanno, è volgare.

 

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Un post condiviso da Lauren S. Hissrich | Writer (@laurenhissrich)

The Witcher è una serie a due velocità, da una parte la critica non l’ha promossa a pieni voti, anzi possiamo parlare di una sufficienza risicata, dall’altra invece il pubblico l’ha amata, vuoi per Henry Cavill, vuoi per la voglia di fantasy post Game of Thrones (ma siamo tutti d’accordo sul fatto che con Game of Thrones non c’entri niente, si?) e questo ha permesso un rinnovo in pompa magna per una seconda, e secondo me almeno terza, stagione.

“Il successo della prima stagione, un successo forse inaspettato, vi ha dato nuovi strumenti per fare più cose, magari più tempo?”. Chiedo quando arriva il mio turno.
Il successo di The Witcher è stato qualcosa di inatteso, ovviamente tutti sperano sempre che le tue cose piacciano ma onestamente la reazione del pubblico è andata oltre le nostre aspettative. Quindi sì, abbiamo ovviamente avuto la possibilità di attingere a più strumenti, l'unica cosa che manca sempre è il tempo, non ne avremmo mai quanto vorremmo – risponde Hissrich – ciò che ci ha dato il successo della serie è stata la possibilità di mostrare più parti del mondo di The Witcher in vari intervalli di tempo, penso alla storia di Vesemir e al secondo anime che stiamo scrivendo, e del quale ovviamente non vi dirò niente”.

The Witcher

Un altro aspetto importante riguarda la necessità di variare rispetto al materiale originale per offrire un prodotto che rispetto al libro ha necessità differenti. In un libro i personaggi possono sparire per tutto il tempo che vuoi e apparire senza dover firmare contratti e ottimizzare tempi di ripresa, senza contare la necessità di una serie di sfruttare i volti degli attori offrendo sempre un po’ di tutto in ogni episodio.

La seconda stagione è in gran parte ispirata a Il Sangue degli Elfi, in cui Yennefer, dopo Sodden, sparisce per circa tre quarti del libro, ovviamente non potevamo adottare la stessa soluzione o i fan ci avrebbero ucciso, quindi abbiamo dovuto modificare alcune cose per rimanere sulla scia del libro ma offrire un qualcosa che avesse senso anche per i fan, soprattutto quelli che sono arrivati con la serie tv e non dal libro. A tutto questo abbiamo aggiunto anche altre storie brevi che erano rimaste fuori e che sono forse la parte che amo di più”.

Un’altra componente della serie infatti riguarda le storie autoconclusive con cui Sapkowski reintepretava le fiabe e il folklore europeo. Ne il Guardiano degli Innocenti Renfri e la sua banda ad esempio erano ispirati a Biancaneve, riferimento che purtroppo si è perso nella serie. Nella seconda stagione per fortuna torna questa tradizione, con l’adattamento nel primo episodio de “Il briciolo di verità” che prende la Bella e la Bestia e la trasforma in una storia di rimpianti e vampiri.

The Witcher

È anche uno degli episodi che ho potuto vedere in anteprima e conserva, secondo me tutto ciò che di buono offriva The Witcher nella prima stagione, ovvero quell’anima fiabesca che dava il meglio di sé nei racconti autoconclusivi, quelli in grado di offrire allo show una dimensione interessante: il vero prosecutore di un certo tipo di fantasy alla Hercules o Xena, che mescolava toni leggeri e drammatici senza preoccuparsi troppo.

Quella parte c’è e credo che funzioni molto bene, ho avuto modo di vedere anche la seconda puntata, ambientata a Kaer Morhen e secondo me un aumento della qualità visiva media c’è (non troppo, ma c’è, basta non mettere altri draghi) e forse anche della qualità generale, anche se il tono resta molto discontinuo e alterna momenti epici a situazioni di calma itinerante. Si vede insomma che le parti con Yennefer hanno dovuto inserirle in una struttura che forse non era pronta ad accoglierle.

Staremo a vedere, in fondo sono solo due episodi, c’è tutto il tempo per avere un’altra stagione di successo, a dispetto della critica.

Ah che altro dirvi dell’incontro? Che Bodnia sembra uno con cui berrei volentieri una birra e che Batey non ne può più della gente che gli canta Toss a coin to your witcher, quindi se lo trovate in un pub continuate a farlo.

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