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The Disaster Artist: da un cartellone stradale ai Golden Globe

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Ovvero dell’importanza di avere al tuo fianco qualcuno che ti sostiene e incoraggia anche quando tutto va male e nessun altro ci crede

Pezzo a cura di Nanni Cobretti himself.

“At this point, it would be fucking weird if he wouldn’t do something fucking weird”

Cerco di stare attento a qualsiasi cosa riesca a farsi notare al di fuori delle convenzioni o cognizioni standard di ciò che dovrebbe essere il cinema classicamente detto, e ho visto The Room per la prima volta intorno al 2009.

L’ho visto nel modo più sbagliato in assoluto: da solo, in camera.

Ma è stato sufficiente ad appassionarmi alla sua storia e a cercare maggiori informazioni.

All’epoca giravano solo i fatti chiave: l’autore/produttore/regista/star Tommy Wiseau aveva speso una quantità inverosimile di soldi per pubblicizzarlo in un unico modo: un enorme cartellone pubblicitario appeso sulla tangenziale di Los Angeles, a due passi dal Dorothy Chandler Pavillion.

Per cinque anni. CINQUE ANNI.

Un unico cartello con il titolo del film, una sua foto loschissima, e il suo numero di telefono.

Finché qualcuno incuriosito non ha deciso di chiamare quel numero, assaggiare quel film, e scoprire che era una perla di inettitudine rara che andava tramandata, trainata da un autore e protagonista che pareva un alieno travestito (male) da rockstar.

E quindi era cresciuto il culto di The Room, di puro travolgente passaparola.

Le prime interviste a un impreparato Tommy Wiseau erano surreali e imprevedibili, il mistero attorno a un personaggio che non voleva raccontarsi era affascinante.

Ho la fortuna di abitare a Londra: qui abbiamo un glorioso cinema di repertorio, il Prince Charles, che da sette anni proietta The Room una volta al mese. Da sette anni. In una sala da 400 persone quasi sempre sold out.

Avevo già visto The Room quando per la prima volta cacciarono i fondi per invitare Tommy Wiseau in persona, più il suo co-protagonista e migliore amico Greg Sestero, a introdurre una proiezione. La richiesta era tale che dovettero organizzare almeno due proiezioni al giorno per una settimana.

Ci andai al volo.

Tommy era matto. Un marziano. Come nel suo film.

Pensate a come potrebbe essere Michael Jackson che interpreta un uomo comune, che ne so, un cassiere alle poste. Pensate a un cugino tamarro del Brad Pitt di Intervista col vampiro, un cugino est-europeo potenzialmente parente del vero Dracula, che inscena ciò che ha capito dei rapporti umani dopo un anno sul nostro pianeta in America.

Qualche anno dopo esce The Disaster Artist, il libro di Greg Sestero sulle riprese di The Room, ed è il fulmine definitivo.

Greg lo aveva scritto con uno scopo ben preciso: sfogarsi dell’esperienza incredibile vissuta. La quantità di aneddoti strambi da raccontare è fuori scala. Il ritratto che esce di Tommy è quello di un personaggio diverso da qualsiasi altro essere umano voi conosciate.

È qualcosa che va aldilà di qualsiasi eventuale pre-condizione di fanatismo: è avvincente, spiazzante, surreale. È un libro che urla “FILM” a ogni pagina (o anche “SERIE TV HBO”). E Greg tende ad essere dolorosamente onesto e dettagliato, ma con un impeto di affetto insopprimibile si ferma prima di rivelare le tre cose che più di ogni altra Tommy tiene a mantenere avvolte nel mistero: la sua provenienza, la sua età, la fonte del suo conto in banca apparentemente senza fondo.

Quando James Franco annuncia di aver comprato i diritti per farne un film, la cosa non mi sorprende affatto.
Tommy onestamente preferiva Johnny Depp, ma Tommy è anche fissato durissimo con James Dean, a cui ha rubato la sua battuta più famosa "You're tearing me apart Lisa!!!", e James Franco una volta ha interpretato James Dean in un film per la tv.
E le qualifiche di Franco Sr. non finiscono lì.

James stesso è il primo ad ammetterlo: la sua carriera è costellata di progetti che tutti gli sconsigliavano e che lui si è ostinato a fare comunque, il libro di poesie, la comparsata a General Hospital, la conduzione degli Oscar, il corto sulla necrofilia, il lungo tratto da Cormac McCarthy. Ed è tutta roba che puntualmente ha avuto reazioni opposte a quelle sperate.

James Franco sa cosa vuol dire credere in qualcosa da solo, battersi per realizzarlo, e vederlo fallire male.

James Franco sa anche cosa vuol dire farsi il culo per sfondare come attore serio e profondo, per poi scoprire di funzionare solo quando fai il comico - che nel suo caso, grazie a The Pineapple Express (“Strafumati” in Italia) è se non altro comicità volontaria.

James Franco, a differenza di Tommy, è anche un californiano puro con vero talento su cui appoggiarsi in caso di emergenza, ma il discorso - nonché la molla che ha fatto scattare l’ispirazione - è comunque chiaro.

The Disaster Artist, alla fine dei conti, è proprio questo: un’artista che racconta ciò che sostanzialmente è una versione surreale, caricaturale ed estrema di se stesso, e pertanto non coglie l’assist del libro di accumulare aneddoti terribili uno sull’altro per dipingere una specie di sadico report di guerra che “fa ridere perché non è successo a me”, ma ne è la versione empatica, comprensiva, innamorata.

Ne coglie il sottotesto, ovvero che tutto ciò era stato possibile solo grazie alla strana ma profonda e inscalfibile amicizia fra Tommy Wiseau e Greg Sestero, che sotto l’aspetto da modello classico - che Tommy invidiava - condivideva con lui una frustrante mancanza di talento e il sogno di sfondare. È questa amicizia a fornire il centro narrativo del film: Greg, belloccio ma troppo timido, e Tommy, impavido ma di un altro pianeta. Tommy e la solitudine dell’incompreso, Greg e l’importanza di avere al tuo fianco qualcuno che ti sostiene e incoraggia anche quando tutto va male e nessun altro ci crede.

È grazie a questo strambo collante che The Room, nonostante tutto, è stato possibile. Ed è grazie a questa intuizione che The Disaster Artist, il film, trova una chiave con cui conquistare chiunque, anche chi non dovesse conoscere la vicenda da cui è tratto.

Al resto ci pensa una performance camaleontica perfetta di James Franco, una serie di star da Seth Rogen e Zac Efron a Sharon Stone e Melanie Griffith che si accontentano di fare contorno alla follia incontenibile dei due protagonisti, e una smitragliata continua di sequenze troppo assurde per essere credibili che, vi giuro, sono solo una percentuale minima delle storie impossibili elencate nel libro. Posso solo immaginare l’enorme frustrazione nel doverle selezionare.

Durante la promozione del film, James Franco e Tommy Wiseau sono stati entrambi ospiti di Jimmy Kimmel. Tommy, visibilmente emozionato, ha abbandonato il suo abituale personaggio pubblico laconico ed arrogante e, senza nessuna vera pressione, ha confessato per la prima volta in vita sua di essere nato in Europa. Io spero che si goda il suo successo, che si diverta, e che nonostante l’ondata di esposizione extra i grandi media gli risparmino la crudeltà di cui sono capaci e lo lascino vivere sereno.

 

Al momento in cui scrivo, James Franco ha appena vinto ai Golden Globes come Miglior Attore e si e portato questo strano uomo, a cui nessuno dava una chance e a cui tutti ridono dietro da anni, sul palco con lui.

What a story, Tommy.

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