Stranger Things ha solleticato la nostalgia che non dovrei avere
Chi ha detto che i riferimenti e le citazioni cult di Stranger Things siano solo per coloro che hanno vissuto il boom degli anni '80?
Si può provare attaccamento emotivo verso fenomeni di massa che non si è sono mai vissuti per davvero? Una nostalgia che non esiste, un qualcosa che è al pari di un’illusione e che, allo stesso tempo, è tremendamente reale? Quando si parla di Stranger Things e dei suoi riferimenti è un po’ una prassi per me, e per altri, provare questo sentimento e, allo stesso tempo, sentirci dire “ma tu neanche c’eri negli anni ’80, che ne vuoi sapere dell’impatto di Ritorno al Futuro?” No, non c’ero, sono del ’94 e al massimo ho vissuto la TV del 2000 con le prime trasmissioni di Pokémon e la Melevisione durante l’11 settembre.
Eppure anche io ne posso sapere, anche io sento quel vuoto dato dall’avanzare del moderno, quella sensazione di abbandono di un’epoca segnante che mi porta a guardare con gli occhi lucidi qualsiasi cosa mi si pari davanti con colori sgargianti e riferimenti all’alba della grafica digitale.
Mentre il mondo sogna la distopia cyberpunk e macchine volanti più eleganti di quelle dei Jetsons, io sono ancora qui a riguardarmi la trilogia originale di Star Wars e a bearmi della sua sfocatura granulare e degli effetti speciali al limite del rudimentale. E lo faccio utilizzando il formato blu-ray per rievocare il passato delle VHS, giusto per sottolineare la contraddizione dei mezzi del nuovo millennio, i quali adesso fanno perfino uscire versioni limitate che simulano il packaging delle cassette. Finzione a cui tutti abbocchiamo aprendo i portafogli, perché ci piace costantemente rievocare.
Che poi mica stiamo parlando di una malattia. Sono solo affezionato ai cult che ho visto in tempi postumi, non commetto chissà quale reato contro l’intrattenimento. Eppure ancora oggi, durante i dibattiti su Stranger Things nelle varie piazze digitali, sento chiedere “ma tu quando sei nato?” a chiunque possa dare l’idea di non essere un veterano della vita, magari con uno smiley sorridente giusto per incrementare il vetriolo del successivo “ah capisco! Peccato!” dato dalla pochezza d’animo di chi ritiene che i decenni siano ad ingresso limitato.
Sono del ’94, ho vissuto i ruggenti anni ’90 e anche lì sono successe un sacco di cose che hanno definito la nostra epoca. Eppure se non hai vissuto gli anni ’80, i mitici anni ’80, è come se la tua esistenza fosse stata censurata fino al capodanno del 2000 in termini di nostalgia. Quando parlavano di Millenium Bug non mi aspettavo si potesse tradurre in questa barriera d’ingresso, questa muraglia fintamente esclusiva costruita da capolavori della filmografia che, nonostante siano reperibili oggi, si pensa non possano essere compresi senza averli visti nella sala del cinema del 1986.
Nonostante questi supposti divieti, io sento nostalgia, e come me molti altri baldi giovani. Ogni volta che guardo i Goonies mi vengono in mente i ricordi di un tempo più spensierato, anche se non l’ho mai mai vissuto in carne e ossa. Non è tanto nella fisicità temporale che risiede tale sentimento, quanto nella sorta di spirito che aleggia nell’aria e si dipana da questi film, giochi e musiche. Allegria, leggerezza, evoluzione, cambiamento, amicizia, messaggi che emanano valori e che nel bene o nel male toccano corde che è difficile ritrovare oggi, ma che da piccoli si vivono più o meno intensamente. Non a caso i protagonisti sono proprio dei bambini e l’impianto è spesso oscillante tra una visione per adulti e quella per ragazzi.
Mentre il mondo sogna la distopia cyberpunk e macchine volanti più eleganti di quelle dei Jetsons, io sono ancora qui a riguardarmi la trilogia originale di Star Wars.
Dunque perché Stranger Things colpisce nel pieno anche a noi ultimi arrivati post ’80? Perché è tremendamente familiare, amichevole e intrigante. Una piccola cittadina è scossa da una minaccia fantastica uscita fuori da una dimensione parallela e per combatterla delle persone comuni (più supereroina) esulano dalle loro vite retrò per unirsi, fronteggiandola con i mezzi a loro disposizione: Dungeons&Dragons e il forte legame dell’amicizia.
Uno schema che possiamo ritrovare anche in E.T., in IT e ovviamente nei Goonies; titoli che basterebbero da soli per dimostrare l’efficacia assoluta di questo modus operandi narrativo. Non è mai né tutto troppo fantastico, né troppo realistico, c’è sempre una via di mezzo che permette la creazione di questo equilibrio che ti porta a pensare che la vita sia fantastica e che da bambini/adolescenti basta varcare la soglia di casa per partire all’avventura, specialmente se si viveva a quei tempi.
Insomma, chi è che guardando la Storia Infinita non si è mai sentito la voglia di sbrigarsi ad andare in biblioteca a cercare qualche libro fantasy da portarsi sotto le coperte? Poi se si guarda Page Master subito dopo, allora capite bene che non c’è proprio nulla che riesca a trattenervi. E questo vale ancora oggi, nel 2019, nell’era degli smartphone e dei Kindle dove la carta sta venendo spazzata via dai pixel (anzi, forse la carta è l'unica che resiste). Vi sfido, alle soglie del 2020, a piazzare un adolescente sano di mente e sufficientemente curioso davanti a queste opere. Se le mie teorie sono corrette, vedrete come correrà al quel negozio di vecchi libri a cercarsi qualcosa da leggere, magari un volume bello ingiallito e dalla copertina disegnata a mano che ha proprio l’aria di un tomo magico in grado di catapultarci nel mondo di Fantàsia.
Forse, dopotutto, potrebbe essere proprio l’educazione ad aver creato la nostra nostalgia fantasma, lasciando che chi è venuto prima di noi riesca a tramandarci i suoi valori. Quando ero piccolo, sono stato cresciuto a botte di Brisby e il segreto di Nimh, Ghostbusers, Ritorno al Futuro e tutti i cult esistenti sul pianeta proprio perché i miei genitori hanno compreso il valore filmico/morale/educativo di quel film e li hanno utilizzati per accompagnare la mia infanzia, come fanno tanti giovani genitori ancora oggi.
Non che sia sano parcheggiare i propri pargoli davanti alla TV generalista, specialmente in questi anni, ma molti di noi hanno vissuto proprio nel periodo in cui sui canali nostrani facevano robe di altissima qualità che adesso ripropongono giusto nella giornata celebrativa degli anni ’80. E quindi noi dei decenni successivi siamo rimasti attaccati ai cult proprio perché l’intero comparto mediatico lo era, bombardandoci di produzioni che bene o male richiamavano sempre uno stile ben preciso.
Ricordo ancora l’alba dei primi modelli di pay-per-view, con canali digitali dedicati solo a produzioni di nicchia e che spesso e volentieri rimettevano in programmazione alcuni dei blockbuster più celebri, senza pubblicità o intermezzi inutili per dei ragazzini. Questi e altri effetti ci hanno permesso di coltivare la nostra personale nostalgia, che è ben diversa da quella di chi ormai ha pure una certa età. Non è nella sala del cinema che si nasconde la formula segreta di questi film, ma nella prima visione della propria vita, un momento così forte da accomunare chiunque guardi queste pellicole a prescindere dalla linea temporale a cui appartiene.
Oltre alla qualità intrinseca dell’intrattenimento, il grosso della costruzione dei nostri ricordi è dovuto anche a un nettissimo cambio di “mezzi” che avvenne nei primi anni del 2000 e che tutti noi abbiamo bene o male vissuto. Io ricordo di essere partito nella scoperta del multimediale quando ancora si utilizzavano i giradischi e i mangiacassette, insieme alle VHS che avrò sfondato a forza di ripetizioni e registrazioni.
Una tecnologia che tutto sommato ci rendeva più partecipi nell’atto di riprodurre e consumare le nostre passioni audio-visive, proprio perché non bastava uno swipe per accedere tutta la musica del mondo e non c’era un abbonamento per un infinito catalogo di film e serie tv, al massimo toccava aspettare le repliche. Ci voleva un impegno costante, quello sforzo in più che ti prendeva tempo e, allo stesso tempo, ti rendeva sempre conscio e attento.
Per non parlare dei videogiochi! Sì, PlayStation e Nintendo erano già entrate nelle nostre case da parecchio tempo, ma le sale giochi vere e proprie sono “morte” molto più avanti e in alcuni luoghi, come la costa dell’Emilia Romagna, sono ancora belle vive e vegete. Ciò ci ha permesso di viverle nella loro ultima annata, lasciandoci un segno indelebile che ancora oggi cerchiamo di replicare nelle nostre case acquistando cabinati. In queste sale c’era la sensazione di vivere un qualcosa di più della semplice esperienza d’intrattenimento, c’era una ritualità diversa ereditata dagli anni ’80 in tutto e per tutto. E questo in qualche modo ti avvicinava alla gente, ai luoghi e ai marchi, imprimendoli nella memoria e dandogli un significato più intimo, personale e unico per il luogo in cui vivevi. Ciò ti portava ben oltre il tuo universo, ti spingeva in un ambiente che da ragazzino ti sembra uscito fuori dal cyberspazio o da Wargames.
Vedendo Stranger Things rievochiamo questi ricordi tramite le associazioni con il trascorso della nostra vita, specialmente poi quando assistiamo alle dinamiche del nuovo Starcourt, ennesima novità che rappresenta l’arrivo dei centri commerciali e dei grandi nomi a esso collegati. Un fenomeno che abbiamo vissuto anche noi qui in Italia, con decine di proteste e nuovi modi di concepire l’esperienza del negozio. Come nella serie, anche questo è stato uno dei segnali di transizione verso un abbandono delle vecchie vie verso un’epoca diversa, fatta di nuove scoperte e un diverso stile di vita che è ben lontano dalle avventure di quartiere e più vicino alla globalizzazione.
Dalle VHS siamo arrivati ai DVD, i dischi sono diventati dati da inserire nei pratici MP3 e le sale giochi iniziavano a stringersi per entrare nelle nostre case e standardizzarsi, proiettandoci verso il futuro immaginato da Ernest Cline in Ready Player One. Fisiologico, ma allo stesso tempo significativo nel modo in cui ci ha permesso di segnare una netta linea di confine con scritto “da qui, solo ricordi felici”, lasciandoci alle spalle il vecchio secolo per entrare nel futuristico ventunesimo.
Eppure, nonostante le distanze temporali e il passare delle mode, gli anni ’80 non sono mai finiti per davvero, soprattutto se consideriamo che negli ultimi anni sembra vengano riproposti in maniera quasi aggressiva, facendoceli ingoiare a suon di revival e omaggi all’epoca. Io c’ero quando, per esempio, c’è stato l’evento di Ritorno al Futuro nei cinema. Così come c’eravate voi che di solito leggete N3rdcore, perché sappiamo che vi piace questa roba, così come vi è piaciuto tornare al cinema per vedere il nuovo Star Wars nonostante poi la nuova trilogia sia stata aspramente criticata. Eppure anche in quel nuovo si è tornati nel vecchio, ci torniamo sempre e continuiamo a tornarci ogni volta che è possibile.
E dunque, l’ultima qualità della nostalgia fantasma è proprio quella di essere costantemente indotta, non ce la siamo costruita noi da zero. Un sentimento instillato sapientemente a ogni riproposizione di qualsiasi prodotto, da cui è impossibile sfuggire. Stranger Things è il perfetto esempio di questo, incantando i giovani con scenari che non hanno mai conosciuto e che però sembreranno tremendamente familiari, quasi come se i cult fossero insiti nel loro DNA. Il che è anche un po’ vero se si vuole indagare tra la bioetica, ma sarebbe una digressione troppo lunga per il fine di questo articolo.
Che sia una gigantesca manovra commerciale per vendere e fare soldi utilizzando vecchi brand penso sia un qualcosa di cui non c’è bisogno neanche di approfondire. Nonostante ciò, a noi rimarrà sempre la sensazione di essere dolcemente cullati in un limbo in cui continuiamo ad andare avanti con un bagagliaio di film, libri e giochi che apriamo di quando in quando, a prescindere dalla polvere e la muffa su di esso.
Non ce ne disfiamo mai e lo ereditiamo al nostro anno di nascita, quasi come se dovessimo preservare la storia del nostro mondo attraverso la visione delle avventure dei Goonies o giocando a Dragon’s Lair. Non c’è bisogno dei vecchiardi a raccontarci com’era quell’epoca, né c’è bisogno dei giovani per diffonderle, gli anni ’80 (e i ’70 e ’90 etc.) sono costantemente nell’aria, non se ne sono neanche mai andati. Hanno fatto parte della nostra infanzia, ci hanno permesso di costruire dei ricordi e nel bene o nel male il loro valore sarà palpabile per qualsiasi generazione futura grazie allo sforzo che noi tutti facciamo per ricordarli. E se quelli come me, nati nei dintorni del ’94, sono cresciuti nell’ultimo colpo di coda del 1989, sono sicuro che quando avremo in mano le sorti educative della nostra prole non faremo altro che cibarli di vecchi film convertiti in Ultra HD 4K.
Perché così è la vita: un continuo passaggio del bagaglio pieno della vecchia cultura pop di un tempo, sperando che prima o poi potremmo metterci alla guida della nostra macchina volante – con i figli sui sedili posteriori – e dire la tanto agognata frase “Dove stiamo andando non ci sono strade!”
Questo articolo fa parte della Core Story dedicata a Stranger Things.