Soulstice è una storia d’amore tra Berserk e Devil May Cry
Soulstice è l'action ambizioso di Forge Reply, che prendendo ispirazione dai colossi del genere mira a farsi una reputazione tutta sua.
Cosa c’entra Soulstice con lo sport? Ve lo spiego subito.
Videogiochi e sport hanno molte cose in comune. Sono ambienti in cui si può competere con altre persone, esistono di diverse categorie e sottocategorie, sono divertenti da giocare e persino da vedere, e ultimo ma non meno importante, regalano tante emozioni.
Proprio come nel mondo del gaming, in quello sportivo esiste la meritocrazia, ed è proprio in base a questa che si vince, e si ottengono trofei ma soprattutto, titoli.
Un titolo sempre attuale è quello di G.O.A.T., acronimo della frase ‘’Greatest Of All Time’’, termine per indicare il meglio che ci sia mai stato in quella categoria. È una descrizione forte, e che va usata con molta cautela, poiché davvero difficile definire qualcosa di migliore in mezzo a un oceano di competitor.
Per quanto possa essere complicato trovare qualcuno che rappresenti questo titolo nello sport, un esempio è Michael Jordan nel basket, e ritornando ai videogiochi, il G.O.A.T degli Hack’n Slash è Devil May Cry.
La saga di Dante, seppur con qualche capitolo sfortunato, ha contribuito più volte alla rivoluzione di tale genere, e imponendosi sempre come l’esempio da guardare, il prototipo di Hack’n Slash perfetto.
Tuttavia, è importante anche guardare oltre la cima della collina. Se apprezziamo Michael Jordan non vuol dire che non si può apprezzare Ja Morant e se si apprezza Devil May Cry non si deve assolutamente sottovalutare Soulstice.
Soulstice è un Hack’n Slash italiano realizzato dallo studio Forge Reply, e che prendendo qualche ispirazione dai grandi del genere e dal mondo dei manga, ha costruito un’interessante ma soprattutto ambiziosa chimera, per restare in tema.
Chimera proprio perché è la natura del duo di protagoniste del gioco, Briar e Lute, entrambe doppiate da Stefanie Joosten, faccia e voce di Quiet in Metal Gear Solid V: The Phantom Pain.
Briar è il braccio del gruppo, nonché il personaggio che si utilizza per quasi tutto il gioco. Ha un design che si può definire semplicemente come Guts di Berserk Genderbend, spadone, mantello nero e cicatrice all’occhio destro. L’ispirazione al manga continua nel suo carattere, perfettamente affine con lo spadaccino nero, di poche parole, in lotta con sé stessa e segnata da un forte dolore che si trasforma in una rabbia infinita.
Lute è la sorellina piccola, un fantasmino sempre triste e spaventato, ma che a differenza della sorella maggiore si aggrappa alla speranza e all’amore più che alla rabbia per andare avanti.
La loro situazione e condizione ricorda molto la dinamica tra i fratelli Elric di Fullmetal Alchemist, dove non bisticciano, si amano come fanno due sorelle e si supportano per tutto il viaggio.
E nel viaggio incappano in tantissimi pericoli da far fuori con la forza bruta. E per forza bruta s’intende il gameplay.
Soulstice è u Hack’n Slash classico, che separa completamente la narrazione dal gameplay, ovvero, quando si combatte si combatte e quando si parla, si parla. Non ci sono quick-time event di alcun tipo durante gli scontri e neanche alla fine di questi, non ci sono prese che richiedono di premere particolari comandi, semplicemente si combatte con le proprie forze finché i nemici non terminano.
Il videogioco vede come arma principale lo spadone, l’Esecutore Cinereo (un misto tra la Dragonslayer e la Spada Potens) sempre presente sul tasto Triangolo/Y mentre con Quadrato/X c’è la ruota delle armi alternative. La prima arma secondaria è un martello, ma nel corso dell’avventura si sbloccano tante altre armi, per un totale di 7, e ognuna ha un preciso scopo.
Il martellone serve per colpire pesante e far sbilanciare i nemici, mentre il maglio a rimuovere gli scudi, o l’arco per colpire a distanza.
Ogni pezzo dell’arsenale ha un suo perché e fornisce dei determinati vantaggi contro dei particolari nemici o in diverse circostanze.
L’arma principale, lo spadone, ha infatti un set di mosse limitato, che consiste solo in una combo principale, una alternativa, e l’affondo, in pieno stile Stinger.
Il motivo di questo piccolo moveset è proprio per incentivare il giocatore a utilizzare tutte le armi, e a provare soluzioni e combinazioni differenti.
Nonostante ciò, Soulstice non si presenta dispersivo come lo può essere utilizzare un Dante che ha oltre un centinaio di colpi, poiché per quanto le armi siano differenti, ognuna dispone dello stretto necessario per essere valida anche se usata in singolo. Ciascuna ha infatti un uppercut per lanciare combo aeree, combo alternative, abilità speciali e quant’altro, mentre per chiudere le distanze c’è sempre la spada con l’altro tasto d’attacco.
Non si spara, fatta eccezione con l’arco, poiché Lute al nostro fianco agisce individualmente sparando ai nemici ed effettuando determinate azioni in base alle nostre, in maniera simile a come si comporta Atreus nell’ultimo God of War.
Ovviamente ci si può potenziare. Briar può sbloccare nuovi attacchi mentre con Lute la situazione è più complessa.
Lute ha un vero albero delle abilità, che è diviso in 4 categorie: difesa, attacco, campi e strategia. I primi 3 alterano totalmente le sue azioni in combattimento, e di conseguenza la strategia da seguire, mentre l’ultimo varia in base alle scelte fatte con i potenziamenti, portando differenze quando si è nella forma trasformata.
Tuttavia, per quanto accessibile alla base, Soulstice è un gioco che pretende molta abilità da parte del giocatore. I nemici che vengono introdotti dalla metà del gioco sono molto ostici da affrontare, e a tutte le difficoltà pretendono astuzia e soprattutto concentrazione.
Gli Attacchi Sinergici, che sono fra le mosse più potenti a disposizione, necessitano di tanto prima di essere effettuati. Non si deve essere colpiti, si devono mandare a segno dei contrattacchi al momento giusto e alternare i colpi a disposizione.
In questo modo il videogioco premia il giocatore con le sue abilità migliori, rendendolo più forte se gioca meglio. E la ricompensa finale è la trasformazione, dove per un brevissimo lasso di tempo, si effettuano molti più danni e si può lanciare un attacco finale.
Ma anche in questo Soulstice resta pretenzioso, poiché lo stadio finale è certamente la miglior abilità a disposizione, ma dura davvero poco, e ritorna a pretendere dal giocatore di non perdere la concentrazione per favorire la forza bruta.
Il sistema di combattimento è bello, appagante e divertente, ma soprattutto, non troppo profondo e di conseguenza adeguato anche ai meno avvezzi.
I nemici sono delle vere canaglie in questo gioco. Ci sono due campi che Lute può attivare, uno blu per colpire gli spettri, e uno rosso per colpire i corrotti.
Negli scontri in cui sono entrambe le categorie presenti bisogna sfruttare saggiamente la possibilità di colpirli all’interno dei campi prima che questo finisca, e da qui potete capire anche quanto possano essere fastidiosi certi abbinamenti, specie se si considera quanto alcuni avversari siano temibili con l’avanzare del gioco.
Detto ciò, e dopo una grande esperienza con il genere, al livello difficile ‘’base’’ Soulstice è senza dubbi tra i più impegnativi dell’intero genere.
Va considerato che sì, è difficile, e la difficoltà bilanciata va bene, ma in certe fasi, tra nemici invisibili che sparano luci, altri che si muovono molto rapidamente, non si capisce molto, e il gioco alle volte cade nel confusionario.
Tuttavia il gioco aiuta molto e non entra nel punitivo, questo grazie alla grande quantità di cure presenti, sia lasciate dai nemici che utilizzabili in qualunque momento (in maniera limitata) e si può persino utilizzare un oggetto per ritornare in vita se si perde tutta la vita. Difficile sì, ma non inaccessibile.
Parliamo delle Boss Fight, da sempre, il motore degli Hack n’slash.
Nel corso del gioco ci sono parecchi scontri con nemici formidabili, ma alcuni ritornano nel gioco in forma di mid-boss nelle parti più difficili. Nonostante ciò, quelli che sono realmente unici si distinguono molto da quelli ripetuti, combattendo con tantissimi attacchi, diverse fasi che cambiano radicalmente lo scontro e soprattutto sono divertenti. Sono meno difficili degli scontri con gruppi di nemici potenti ma sono dei solidissimi incontri che tengono fede al loro nome di boss.
Ad aumentare questa confusione c’è l’unica grossa pecca di tutto il videogioco: la telecamera.
Il mondo dei videogiochi d’azione è perseguitato dalle telecamere penose, e Soulstice non scappa dalla maledizione, ma c’è da dire che questa è tra le peggiori del panorama.
Quando non si mirano i nemici è troppo vicina e non ci mostra chi si sta colpendo, e quando si utilizza il lock per bersagliarne uno riesce a essere perfino peggio. Inoltre, considerando tutte le difficoltà che portano i nemici con loro, questa telecamera rende veramente tutto più complicato.
Unico grande buco nella bellissima armatura che è Soulstice.
Come detto qualche riga più in alto, il videogioco è italiano, ma non è un indie, bensì si tratta di un doppia A, e queste due lettere si vedono benissimo.
Il gioco utilizza l’Unreal Engine 4 splendidamente, che presenta dei modelli dei personaggi principali ottimi e davvero espressivi nelle cutscenes. Ci sono tanti tipi di nemici e seppur quelli iniziali hanno un design scialbo, quelli più forti sono molto belli, sia nell’estetica che nella realizzazione in-game.
Su Playstation 5 in modalità prestazioni il gioco si comporta davvero bene e grossi cali di frame sono rari, mentre nella modalità qualità che blocca il gioco a 30 frame al secondo ci sono dei problemi. Saggiamente, il gioco non esce su console di vecchia generazione, poiché difficilmente sarebbe stato godibile.
L'avventura è davvero lunga, un primo playtrough è durato ben 18 ore, escludendo molte delle sfide opzionali nascoste nei livelli. Ma si sa, gli action vanno giocati più volte, poichè la prima volta si conosce il gioco, mentre nelle successive l'obiettivo è padroneggiarlo.
Ciò che vuole raccontare Soulstice è semplice ma bello. Una storia che parla di trauma e di dolore, e di come superarlo, o utilizzarlo per andare avanti a ogni costo. Ci sono pochi personaggi nel racconto ma sono tutti lì per una ragione specifica e nessuno nel grande schema è insignificante. C’è qualche ripetizione di troppo nello svolgimento ma si lascia perdonare e soprattutto si lascia guardare.
L’ispirazione in Soulstice c’è ed è tangibile. È la realizazzione di una fantasia che mischia vari elementi di Berserk, Claymore e tanti altri manga uniti insieme alla perfezione e miscelati con un ottimo sistema di combattimento. Non fa niente di nuovo, né in ambito narrativo né ludico e va benissimo così, è semplicemente un grande gioco d’azione.
Soulstice va assolutamente giocato se siete fan di Devil May Cry, God of War, Bayonetta e compagnia bella, ma è anche da considerare se siete fan dei vari manga e opere a qui il videogioco s’ispira.
Consigliato caldamente, poiché lo studio italiano ha realizzato veramente un gran gioco.
Tuttavia non siate affrettati e a paragonarlo con i capolavori del genere, poiché se vi piace la Serie A, dovreste essere capaci di apprezzare anche la Serie B, o in questo caso, la serie AA.
Ora Forge Reply dammi subito un seguito, ti prego.