Rise of the Ronin: un nuovo sole sulle coste del Giappone
L'occidente stringe il Giappone con una morsa amichevole quanto letale, riuscirà un Ronin a cambiare le sorti del sol levante?
Togliamocelo subito di torno: Rise of the Ronin ha la sfortuna di uscire in concomitanza con Dragon's Dogma 2 e questo è stato un male di cui il gioco probabilmente non si libererà mai, analogamente al duetto di Elden Ring con Horizon: Forbidden West. Un vero peccato evitabile perché Rise of the Ronin, a mio giudizio, è un titolo molto valevole, una parentesi ben studiata nel contesto storico Giapponese che riesce anche a inglobare i pilastri del gameplay di Team Ninja e regalare una terra conosciuta in tutte le sale ma nuovamente invitante da esplorare. Ricalcando la struttura open world già nota a tutti da tanti anni, Rise of the Ronin è tuttavia considerabile come una rivisitazione dell'idea introdotta dall'eccellente Ghost of Tsushima, forse in chiave meno poetica ma più ricca di attività e momenti d’azione rispetto allo Spettro dell'omonima isola.
Poi io sono uno di quelli che Nioh 2 l'ha divorato alla grande, lo considero anche il testamento più grande e divertente di quello che Team Ninja può fare se lasciato alla libertà della propria ispirazione. Non nego che vederli cimentati su un background più “realistico” mi ha lasciato perplesso guardando i primi trailer, ma pad alla mano mi sono ricreduto fin dalle sequenze introduttive: Rise of the Ronin è un racconto che riesce a essere spettacolare nell'esecuzione tanto quanto i suoi fratelli, sfruttando anche un po' i cliché tipici degli show ambientati nelle varie fasi dello shogunato e dell'invasione occidentale. Se non ci fosse stata la creatura draconica di Capcom, Rise of the Ronin avrebbe potuto ottenere più tempo sotto i riflettori, oltre a cavalcare l'onda di Shogun: una serie pazzesca che addirittura si piazza nello stesso contesto ma in anni diversi. Infatti Rise of the Ronin è ambientato quando già l'occidente ha una presa molto forte sulle terre del Sol Levante, rendendo quindi Shogun di FX una sorta di prequel involontario.
L'ago nero della bilancia
Dunque, venendo ai nostri anni, mentre l'Inghilterra avanza e inghiotte i regni feudali dello shogunato, i samurai diventati Ronin cercano di lottare per il futuro nel paese secondo credi diversi. Il nostro avatar, generato con uno strumento di creazione impressionante e ben fatto, è un guerriero che lotta insieme alla sua Lama Gemella diventando una coppia di guerrieri che vengono definiti come una spietata forza capace di cambiare l'equilibrio politico e sociale con azioni mirate, agendo sempre nell’ombra. Questi spettri tradizionali vengono addestrati in gran segreto e, purtroppo per il nostro alter ego, rischiano di essere uccisi in missioni sempre più pericolose. È così che perdiamo la nostra Lama Gemella appena creata all'inizio della storia, costringendoci a vagare in una terra sconosciuta alla ricerca di chi ce l'ha strappata di mano, oltre a seguire il nostro istinto che ci grida di dare ascolto al cuore e credere che, in verità, il nostro partner sia sopravvissuto all’attacco.
Il contenuto narrativo di Rise of the Ronin è, date le premesse sfocianti nella libertà d’azione, articolato seguendo la formula tipica di Team Ninja, la quale si basa molto di più sulle relazioni che sul cammino dell'eroe. In quest'epoca d'importanza storica, chiaramente rielaborata seppur con personaggi realmente esistiti annoverati nel cast, diventiamo l'ago di una bilancia che è proprio in bilico su dei pesi gravosi. Non direi che il nostro avatar sia particolarmente caratterizzato in termini di pensiero o carattere, ma non è neanche una completa tela bianca apatica: c'è il giusto equilibrio, abbastanza libero da poterci permettere di introiettare le nostre idee ma con delle giuste limitazioni che lo rendono più umano e credibile, o almeno coerente con il background che è stato improntato dalla storia. Il vero cuore pulsante del resto sono i rapporti con gli altri attori in gioco, non necessariamente da intendere in toni amichevoli.
Rivalità, differenze e relazioni complicate procedono a pari passo con quelle di cameratismo e fratellanza, risultando però evidente che perfino i valori personali vengono scossi quando il proprio paese prende decisioni radicali che ne influenzano cultura e status sociale, dirigendosi verso un crescendo di ribellione, tradimenti e tumulti sociali. In questo Rise of the Ronin a mio avviso riesce molto bene, utilizza pure doppiatori giapponesi di tutto rispetto e intesse una tela di relazioni che è possibile accrescere nel corso del tempo pur mettendole a rischio mano a mano che si procede.
Ecco, questo e tantissimi altri sistemi collaterali, dal gioco d'azzardo alle prove nei dojo, creano una marea di meccanismi che rendono più credibile e ricco l'open world di Team Ninja, per quanto ricada sempre nella stessa formula che ormai ha stancato molti e amata da altri: collezionabili da prendere (tra cui dei Gatti da accarezzare, carini), accampamenti da pulire ed eventi casuali in giro per la mappa. Non direi che ci troviamo di fronte a una mole di punti interrogativi in stile Assassin's Creed Odyssey, infatti Rise of the Ronin è decisamente contenuto e aiuta la decisione di far procedere la storia su missioni nello stile classico a “istanze” dello studio. In un certo senso ho avvertito come se l’open world fosse in realtà una sorta di contenuto collaterale, un parco giochi più che un’esperienza strettamente legata perfino con la narrazione, il che può essere visto come un pregio o un difetto a seconda delle proprie inclinazioni.
Turismo in ribellione
Rise of the Ronin, al di là di quanto evidenziato, si regge però su due concetti che a me sono parsi abbastanza evidenti: il turismo virtuale e la ludicità delle statistiche combattive. Il Giappone che viene dipinto in questo quadro è fatto di colori, natura, invasione e fiamme, c'è sempre una bellezza nel vivere queste terre nel loro contesto più spirituale e rurale, chi è stato in Giappone può sicuramente capirmi. Il fatto di avere più personalizzazione sul proprio personaggio e vestiario, con tanto di sistema trasmog dettagliato fino all'accessorio più infimo, rende l'esperienza strettamente personale, se non più coinvolgente.
In Ghost of Tsushima, tanto per riprendere l'esempio vicino in casa Sony, c'era più attenzione al paesaggio e al rapporto del giocatore con esso, così come l'artisticità rappresentativa dell'isola preponderava su tutta la costruzione del gioco. Rise of the Ronin punta invece alla varietà, al presentare scenari diversi senza soffermarsi eccessivamente su momenti in particolare e trasformando il folklore in sistemi per l’agency del giocatore. Essendo un racconto corale poi, il grosso dell'esplorazione avviene nei momenti in cui viene raggiunto obiettivo X o Y, ci sono veramente pochi incentivi a esplorare senza un marcatore da seguire, piuttosto è meglio concentrarsi sull’accrescere i legami che ci circondano. Il che è un po' una pecca considerando la bellezza dell'ambientazione, ma anche questo fa parte della scelta di design.
La stessa scelta che riempie il gioco di numeri e bottino in stile Nioh e questo può allontanarvi come può avvicinarvi, ma a mio giudizio è un po’ un azzardo buttarsi si Rise of the Ronin senza quantomeno capire se lo stile dello studio fa per voi, essendo così marcato. Per me è stato coerente con l’aspettativa derivate dai titoli passati e non mi ha distaccato troppo dall’esperienza, per quanto sia dissonante vestirsi in modo bislacco a meno di passare spesso dalla propria dimora e cambiare tutto. Oltre ai numeri statistici ci sono tante attività da vivere e tra i divertimenti mondani come il gioco dei dadi ci sono stimoli di progressione niente male che coinvolgono l’addestramento del nostro personaggio, affinando gli stili di combattimento o ottenendo punti abilità in diversi modi, tra cui pregare.
La parte turistica in questo contesto emerge sfruttando un certo realismo narrativo, oltre che visivo, capace di descrivere la nostra crescita come approfondimento delle arti culturali e militari, mai affidata a menù troppo sbrigativi. Dovete assaporare il momento nel suo significato senza scordarvi comunque di essere in un gioco dove voi siete l’eroe, in grado di dare il meglio quando date sfogo alla creatività attraverso i tantissimi strumenti che Team Ninja mette a disposizione, eccellendo e distinguendosi rispetto a qualcosa di più classico.
Ci sono tante armi e ogni arma ha diversi stili di presa con mosse diverse e animazioni uniche, possono essere potenziati allenandosi a eseguirne i colpi e inoltre alcuni di essi vengono ottenuti sconfiggendo nemici specifici, dando quindi gioia alle vostre fantasie da samurai in cerca degli spadaccini migliori per affinare la tecnica. Viene introdotto anche un sistema triangolare di debolezze/resistente per far sì che non vi fossilizziate troppo su una via sola e la varietà dei nemici è abbastanza da giustificare la bellezza di cambiare posa nel bel mezzo del combattimento. Rise of the Ronin ha il pregio di avere il sistema più fluido tra le escursioni giapponesi di Team Ninja e, come ci insegna Nioh, non c’è cosa più bella di finire una combo e premere R1 per recuperare il Ki/Stamina, con l’aggiunta che in Rise of the Ronin puliamo il sangue dalla nostra katana proprio a soddisfare le nostre fantasie da Demon Slayer.
Ci sono veramente tante piccole accortezze che potrei sottolineare da qui in avanti, dettagli e meccaniche che donano spessore all’esperienza di Rise of the Ronin. Più che farvi un elenco, credo sia giusto invece appellarmi alla coscienza collettiva e invitare, ora o in futuro, a non lasciarsi scappare un titolo del genere. In un certo senso è un esperimento che Team Ninja ha voluto percorrere ed è ben riuscito seppur claudicante, potrebbe infatti essere un punto di partenza per qualcosa di migliore se vengono presi alcuni accorgimenti. Nioh 2 non sarebbe mai stato così coinvolgente se Nioh non avesse calcato la strada prima di lui con la sua “goffaggine”; Rise of the Ronin merita un futuro eguale, fianco a fianco a un possibile Ghost of Tsushima 2 nella collettiva trasposizione più varia possibile di un Giappone a metà tra la storia e la fantasia.