Osare l'inosabile 6 - La resurrezione di Rocky e Rambo
La sesta puntata di Osare l'inosabile si concentra su Sylvester Stallone e la rinascita di due dei suoi più iconici personaggi, Rocky e Rambo.
“Perché lo fai, vecchio?”
“Un giorno lo capirai.”
È il 1970. Su un set porno fa la sua comparsa ufficiale un attore destinato a segnare la storia del cinema. Continuando a girare film con pochissimi abiti addosso.
La carriera di Stallone è meravigliosa. Letteralmente: suscita meraviglia.
Infatti per molto tempo i suoi personaggi sono stati gli unici supereroi cinematografici credibili insieme al Superman di Richard Donner e il Batman di Tim Burton.
In breve: inizio dickensiano di un eroe cresciuto in povertà; affermazione con le sole proprie forze nell’ambiente più competitivo del mondo; grande successo iconico negli anni ottanta; lento (ma cinematograficamente, socialmente e anche umanamente interessante) declino negli anni ‘90; morte annunciata nel nuovo millennio.
Poi l’assurdo: fregarsene di tutto questo e resuscitare. Anzi resuscitare, invecchiato e con la faccia gonfia di botox, i suoi due più grandi personaggi giovanili. E senza caracollare nel ridicolo.
Un’impresa impensabile. Come affrontare il campione del mondo dei pesi massimi senza essere nessuno. Come sfidare l’esercito russo da solo. Come candidarsi agli Oscar per lo stesso film sia come attore che come sceneggiatore (prima di lui solo Orson Welles e Charlie Chaplin). Come pensare di conquistare Hollywood iniziando con un pornazzo.
Ci vuole un supereroe vero per coltivare ambizioni del genere. E Sly lo è? Certo che lo è. Lui è Capitan America, il Punitore, Nick Fury e tanti altri tutti insieme. Quindi ci riesce meravigliosamente.
Rocky Balboa torna sul ring e vince e convince, pure se non vince. John Rambo, richiamato dal suo buen retiro in una delle zone più violente del mondo, tornerà a fare fuoco.
In seguito Sly si prenderà gioco di questo cinema nella trilogia degli Expandables.
Ma poi tornerà a fare sul serio con i Creed e un altro Rambo.
A dimostrazione che il combattente migliore non è quello che resta in piedi, ma quello che, dopo che l’hai mandato al tappeto, si rialza e ti mena.
Ormai nella fase crepuscolare della sua carriera (ma chi ci crede più?) Stallone ha dimostrato di essere un grandissimo uomo di cinema popolare, inventore di personaggi talmente iconici da divenire clichè, modi di dire, termini di paragone positivi o negativi nei discorsi comuni (“A Rambo, levete ‘a fascetta!!”). Antonello Venditti ha scritto una canzone intitolata Rocky, Rambo e Sting (cosa c’entrasse Sting lo sa solo lui). Rambo fu persino tirato in ballo da Ronald Reagan in una intervista. L’archetipo di Rocky è divenuto un canovaccio classico del cinema americano, la sua presenza è rintracciabile nelle sceneggiature di numerosi altri film come Karatè Kid, Real Steel, Stayin’ Alive, Whiplash.
Che altro deve dimostrare perché lo prendiate sul serio? Di essere un guerriero capace anche di gentilezze? Deve cantare? L’ha fatto. Allestire coreografie di danza? Ha fatto anche quello.
Ha fatto tutto. Fra un Rocky e un Creed ha persino rischiato di rigiocarsi la carriera con un film assurdo come Il Grande Match, dove fa a pugni con il “nonno scatetato” Robert De Niro.
Pronostico? Sempre sfavorevole. Risultato? Non c’è storia, vince lui.
Purtroppo, però, non è l’unico a saper ribaltare le aspettative.