

Nerd, diamoci una calmata
La sequenza dei fatti è abbastanza lineare: Suicide Squad esce dopo una campagna fatta di trailer, minitrailer, featurette, spezzoni, video dedicati a ogni personaggio e foto di scena, più o meno il consueto stillicidio necessario per far salire l’hype come panna montata e rendere il film rilevante in una realtà fatta di notizie che diventano ... Nerd, diamoci una calmata
La sequenza dei fatti è abbastanza lineare: Suicide Squad esce dopo una campagna fatta di trailer, minitrailer, featurette, spezzoni, video dedicati a ogni personaggio e foto di scena, più o meno il consueto stillicidio necessario per far salire l’hype come panna montata e rendere il film rilevante in una realtà fatta di notizie che diventano vecchie dopo un’ora.
Il problema è che il film non sembra il massimo, almeno secondo un discreto numero di recensori. Voti influenzati dalle aspettative? Forse. Voti legati a un grande complotto contro DC? Probabilmente no, ma siamo esseri umani, ed è possibile che le basse performance di Batman vs Superman abbiano in qualche modo influenzato la percezione dei cinecomic DC. Ma non è di questo che vogliamo parlare.
Vogliamo raccontarvi di Rotten Tomatoes, che prende tutte queste recensioni, le elenca, ne fa una media e la mostra sul sito. Questo è ciò che fa, è un aggregatore di recensioni. Un tizio non la prende bene e per scherzare lancia una petizione per chiudere Rotten Tomatoes, che è come incazzarsi con la TV per i programmi che ti mostra. Quello che era partito come uno scherzo diventa il punto di ritrovo per chiunque non la pensi come i recensori e voglia fargliela pagare, sostenendo che dietro a quei voti negativi ci sia la Marvel .
Ah, tanto per capirsi, Rotten Tomatoes è di proprietà della Warner.
Poco tempo fa l’ultimo Ghostbusters ha subito la medesima sassaiola per aver osato toccare un grande classico, un gesto di lesa maestà che non andava fatto , che ne infangava la memoria. L’attrice Leslie Jones è fuggita da Twitter dopo una sequela di insulti razzisti. Insomma ogni volta che viene recuperato qualcosa migliaia di persone sono pronte a fare petizioni e vomitare insulti sui social sostenendo che certe cose non vanno disturbate, sono sacre, inviolabili, come se non raccontassimo sempre le stesse cose dall’alba dei tempi. Il paradosso del nostro mondo è che guardiamo al futuro e alle nuove tecnologie, ma siamo i reazionari e i conservatori più incalliti. E non fatemi iniziare su come periodicamente la gente si incazzi perché ciò che amano non è più come vogliono loro, perché altrimenti scoperchiamo un altro vaso di pandora.
https://n3rdcore.it/perch%C3%A9-odi-il-nuovo-ghostbusters-a5cf4f58a77a
Internet ha senza dubbio il merito di aver avvicinato pubblico, critica e artisti offrendo loro un terreno comune in cui incontrarsi senza intermediari e generando così tante storie di successo impensabili fino a poco tempo fa. Ma sfruttare la tendenza al fanatismo del pubblico di oggi ha un prezzo.
Cos’è il nerdismo? La risposta può variare da persona a persona ma tendenzialmente possiamo considerarlo un approccio estremamente preciso, accurato e maniacale a un tema solitamente poco diffuso, o almeno che non lo era fino a qualche tempo fa. Una volta aveva senso perché era difficile ottenere informazioni su ciò che ti piaceva o trovare persone con cui condividerle. Le passioni personali erano qualcosa che ti definiva e in cui riversavi tutto ciò che la società non ti dava.
Oggi viviamo in un’era in cui il mainstream è morto, non esiste più una cultura dominante, il grande calderone della cultura Pop vive di sotto-culture più o meno grandi. Ci sono oltre 20 milioni di persone che giocano a Magic, non proprio un fenomeno di nicchia, ma difficilmente ne sentiamo parlare sui giornali. E c’è chi ama i fumetti, ma non legge i manga, chi adora i videogiochi, ma snobba quelli di ruolo, e chi vive di cinecomics, ma non gliene frega niente dei giochi da tavolo. Insomma strade che a volte si intersecano a volte si ignorano.
Da anni queste sottoculture costituiscono il nutrimento per riviste di settore, siti specializzati, influencer, crowdfunder, artisti e più in generale per tutto ciò che ci gravita attorno per interessi commerciali o solo per passione. I nerd in particolare vivono di reazioni violente, aspettative brucianti, sono avidi di informazioni, commentano, condividono, tutto diventa sacro, cult, intoccabile, l’hype è l’unica vera moneta, le delusioni si dimenticano presto, ma l’aspettativa per qualcosa di fico è per sempre, le opinioni sono binarie e il duello contro altri fandom è all’ordine del giorno. Se riesci a cavalcare e a gestire il loro modo di pensare hai vinto.
Il problema è che alimentando all'estremo questo modo di pensare, questa continua rivalità tra Playstation e Xbox, tra DC e Marvel, tra Star Trek e Star Wars, mescolando il tutto col principio moderno secondo cui ogni opinione vale e accorciando le distanze tra autore e spettatore, l’enorme forza propulsiva del nerdismo ha causato un ritorno di fiamma che sta piano piano intossicando la rete.
E questo al di là delle bellissime storie di successo, quei momenti in cui fan e artisti si incontrano e danno vita a progetti finanziati col crowdfunding, fenomeni che partono dal basso, al di là degli ZeroCalcare, dei Sio e delle decine di YouTuber e scrittori che hanno trovato il successo grazie ai social.
Oggi viviamo in un’era in cui i giudizi sono polarizzati tra “merda” e “capolavoro”, dove bisogna sempre criticare duro, dove se non la pensi come me sei un venduto, sei sbagliato, corrotto, dove se una cosa che ti piace non è fatta come vuoi tu, ma come vuole chi l’ha creata, allora l’artista dev’essere rimosso per “andare incontro al volere dei fan”, dove è normale minacciare di morte qualcuno se ritarda l’uscita di un videogioco, dove compri un fumetto e pensi seriamente di essere il CEO della casa editrice. In cui prima insulti, poi ti nascondi dietro l’aria da arguto provocatore per dire che se l’altro s’incazza è colpa sua che è un saccente borioso.
E non è solo un affare di fumetti, videogiochi e cinecomic, ormai la norma di fronte a qualunque opzione divergente è gridare al complotto, ai poteri forti, alle strategie occulte.
Colpa dei social? Non credo, la gente ha sempre cercato di imporre un punto di vista, i social hanno solo reso questo procedimento più efficiente. La colpa è di un’incredibile difficoltà ad accettare l’opinione altrui e al bisogno di rendere tutto un dramma.
Una cosa è certa, noi che abbiamo la fortuna di scrivere nel settore dovremmo cercare di limitare il tritacarne dell’hype, valutare le cose per quelle che sono e fornire un servizio al lettore. “Educare il lettore” mi sembra un’affermazione eccessiva, ma credo che possiamo essere qualcosa di più di un mix tra un sito di gossip e il megafono di un’agenzia stampa.
Dico “dovremmo” perché i click fanno comodo a tutti e bisogna pur portare il pane a casa, parlo ovviamente per quelli che vengono pagati.
Essere nerd è bello, condividere le proprie passioni ancor di più, ma possibile che centinaia di storie diverse, piene di personaggi diversi e mondi diversi non ci abbiano ancora insegnato la tolleranza?
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