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Lucca Comics & Games: che ti sia utile anche il dolore degli altri

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Un bilancio dolceamaro su Lucca Comics & Games 2023, un'edizione personalmente ricca di grandissime emozioni, ma tra quelle emozioni c'è stato anche lo straniamento e la sensazione di vivere in un contesto che non aveva del tutto capito cosa stava succedendo.

Sarei un bugiardo a dire che per me non è stata una Lucca Comics & Games bellissima ma sarei anche un bugiardo a dire che in qualche modo non riesco neanche sforzandomi a celebrare tutto ciò che è stato. E forse la mia sanità mentale sta tutta nel riuscire ancora a percepire la forte nota amara in fondo al bicchiere.

Ho parlato faccia a faccia con Yu Suzuki, l’uomo che ha reso grande SEGA e ha contribuito a portare i videogiochi nell’epoca moderna.

Ho presentato Vivere Mille Vite di fronte a molta più gente di quella che potevo aspettarmi.

Ho avuto un disegno da Tanino Liberatore.

Ho parlato con Ian Livingstone, padre di Games Workshop, dei librigame e di Eidos Interactive. 

Ho fatto due parole sul palco con Joe Manganiello mentre il suo cane voleva uccidermi di fronte a più di seicento persone.

E ho avuto un contatto umano, bellissimo e forte con parte della redazione di N3rdcore e con amici di lunga data. Chiacchiere in piazza, birrette, risate, scherzi e momenti di umanità vera, fuori dal personal marketing.

Lucca per me, per molti, non è soltanto un evento dove riempio le borse e piango il mese dopo, non è solo diventata una bellissima occasione di lavoro, di confronto e sfida personale. Anzi, la dimensione economica o degli ospiti è spesso un bellissimo di più. Lucca è dove per la prima volta da ragazzo mi sentivo a casa, tra i miei simili, tra chi mi capiva e negli anni è diventato il vero Natale, dove incontro la famiglia che mi son costruito negli anni, dove amicizie decennali si rinsaldano e se ne formano di nuove.

Un posto di casualità felici come trovarsi improvvisamente a cena accanto a Jim Lee, fare una foto con Garth Ennis in piazza che si fuma una sigaretta, stringere la mano a qualcuno che ti dice “ti seguo da tanto, complimenti”, che ogni tanto pure quello ci vuole.

Lucca è dove ogni anno tocco il fondo delle mie energie, ma me ne tornano il doppio, il triplo.

Tra quelle mura forse ho vissuto alcuni dei momenti più belli e intensi della mia vita e della mia carriera.

Ecco perché spiace tantissimo che questi ricordi siano legati anche a uno dei momenti più bui dell’evento. E non parlo di ‘sta pioggia di merda per tutti i giorni.

Ci sono molte Lucca Comics” è una frase che diciamo tutti gli anni per rappresentare i vari volti di una manifestazione enorme che, come un bambino in un negozio di giocattoli, cerca di tenersi strette al petto tutte le bambole che gli piacciono.

Quest’anno le bambole c’erano tutte, tranne qualcuna, e quell’assenza, prima della manifestazione, ha messo in crisi anni e anni di accordi non verbali, legami, amicizie, trascorsi e bevute in Piazza Anfiteatro. E quell'assenza non è stata una scelta, ma una decisione inevitabile per ciò che stava succedendo.

 

Forse all’utente medio che viene per farsi fare la dedica, comprare una variant o vivere un momento legittimamente spensierato sulle mura questa cosa sfuggirà e fregherà anche il giusto, ma vi assicuro che è così e che questa cosa, fra un anno, in certe sale, in certi spazi, si sentirà. Tra l’altro, tutti i nostri bei resoconti di Lucca, fatti dagli eventi a cui accediamo prima, dalle file che non facciamo, dagli incontri in salette private, a volte si scordano che c’è una Lucca fatta di code, pioggia e attesa, braccialetti che non arrivano, navette scarse e a volte dovremmo ricordarcelo.

Che la mia bella Lucca è anche una Lucca da privilegiato, anche se mi faccio un mazzo così.

Ma nonostante la mia voglia di riempirmi le borse e il cuore c’è una Lucca Comics che è anche una manifestazione culturale, o che tale vorrebbe essere, che quest’anno per la prima volta ha avuto l’impatto con una grande verità: il culturale è politico. E per quanto si sia provato a mettere una toppa, ad ascoltare e così via l’impressione che ne ho ricavato è stata quella di uno spazio che fino a oggi ha vissuto nella grande illusione di poter crescere a dismisura senza confrontarsi con tutte le ricadute che quella crescita comporta. E che tutto sommato forse la cosa più importante non è fare cultura, ma fare altro.

Camminando per le vie la sensazione, soprattutto il primo giorno, era straniante. Dove erano finite le polemiche, i dibattiti e le discussioni feroci dei giorni precedenti? Vedevo solo famiglie, gruppetti di ragazzi e appassionati che stavano in coda come se niente fosse.

Certo, è molto probabile che il filtro invisibile delle forze di sicurezza, e quello ben visibile della polizia ai varchi, abbiano gentilmente fermato chi poteva guastare la festa. Mi parlano anche di graffiti di protesta cancellati in fretta e furia. E onestamente con tutta la gente presente mi pare proprio strano non aver visto manco per sbaglio qualche bandiera, qualche striscione, pur sapendo bene quanto al nerd medio, alla famiglia coi bambini, a quello che gioca a LOL e al cosplayer medio probabilmente non gliene frega niente. 

Giusto qualche banchetto in self area che spiegava la propria posizione, qualcuno in area games che devolveva parte del ricavato ad associazioni umanitarie. Sì, ci sono stati dei panel organizzati in fretta e furia per cercare di surfare lo tsunami di polemiche, ma il risultato non mi è sembrato eclatante e tutti i comunicati stampa battevano forte sui temi di confronto, dialogo, ascolto inclusione. Parole ripetute come se fossero magiche, come se il semplice dirlo bastasse a dimostrare che si è fatto.

E poi ci si è messa pure l’alluvione in varie parti della Toscana a rendere il tutto ancora più straniante e grottesco.

Io non sono nessuno per dire a chi gestisce Lucca come gestire braccialetti, eventi, sicurezza, concerti, Japan Palace che pare un corpo a sé stante, ospiti, palinsesti e segnaletica. Io sono uno che Lucca la ama, che l’ha sempre difesa, che ha sempre cercato di capirne le complessità e che spera tanto che il prossimo anno ci sia un cambiamento.

Sono uno che proprio perché ci tiene tanto e perché stima chi ci lavora dice quello che pensa nella speranza che venga recepito come una mano tesa e non uno schiaffo.

Quest’anno al bambino che vuole tenere in braccio tutti i pupazzi è stato chiesto di diventare grande e di capire che fare scelte non è sbagliato, fa parte del concetto stesso di cultura, e che se vuoi accontentare tutti fai la pizza, non organizzi il più grande evento dell’occidente. Credo che sia stato un anno che ha costretto alcune parti di Lucca a una riflessione che va oltre incassi e biglietti. 

Anni fa dicevo della Lucca per l'edizione Changes, quella durante la pandemia: “Un giorno questo dolore ti sarà utile” oggi le dico “Che ti sia utile anche il dolore degli altri”. Il dolore di chi non è venuto e s'è beccato gli sputi mezzo stampa, il dolore di chi è venuto e s'è beccato altri sputi nei commenti. Il dolore di chi non ha potuto manifestare il suo dissenso perchè fermato preventivamente. Il dolore anche dei tuoi organizzatori e il disagio vissuto da tutti.

Spero che qualcosa cambi nonostante la consapevolezza che anche se non cambiasse niente saremmo più o meno tutti là anche il prossimo anno.

Perché Lucca sa che al di là di tutto c’è qualcosa tra quelle vie, che sono diventate le nostre vene, le nostre arterie, che ci porta là. Qualcosa che è fatto di amicizie, appartenenza, magia e caso. E per questo dovremmo rispettare ancora di più il sacrificio di chi non c’è venuto.

 

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