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L’istinto del velociraptor

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Se c’è una cosa che mi piace fare, è stare in un posto e guardare la gente, penso che lo farò finché non cominceranno a piovere ordinanze restrittive. Gli altri si guardano per lo stesso motivo per il quale si guarda un film: ridere, emozionarsi, un paio di belle tette, imparare qualcosa, o tutte queste ... L’istinto del velociraptor

Se c’è una cosa che mi piace fare, è stare in un posto e guardare la gente, penso che lo farò finché non cominceranno a piovere ordinanze restrittive.

Gli altri si guardano per lo stesso motivo per il quale si guarda un film: ridere, emozionarsi, un paio di belle tette, imparare qualcosa, o tutte queste motivazioni assieme.
Ad esempio, l’altro giorno ho imparato che, alla faccia della solidarietà maschile, noi uomini siamo PESSIMI a mentire, e perfino peggiori nel captare i segnali necessari per aiutare un collega in difficoltà.

Accanto a me avevo questa coppia sui vent’anni, lei lo stava guantanamizzando sulla serata precedente. Lui, testa bassa, sguardo sulla pinta, lei invece lo guarda fisso, nella tempia, con uno di quegli sguardi che te li senti addosso come un laser di un cattivo di James Bond, come se tu fossi la capretta nella scena di Jurassic Park del tirannosauro, e speri che non muovendoti lei non ti veda.

Fatica sprecata loro sentono la nostra paura.

“Ti dico che ero con quegli altri”
“Non è vero, eri a fare lo stronzo chissà dove, non rispondevi al telefono”
“Era scarico”
“Stronzate, ho visto il tuo ultimo accesso su Whatsapp”

Le tecnologia ha smesso di essere nostra amica da quando sa più cose su di noi di quante ne sappiamo noi stessi.

“Guarda, davvero ero con Coso, hey Coso, diglielo te che ieri eravamo assieme”. Coso passa in quel momento accanto al loro tavolo.

“Oh allora ieri? Com’è andata con quella…”

jurassic

Lei lo guarda come una leonessa guarda uno gnu sdraiato a pancia per aria. Lui gli rivolge lo sguardo. Quale sguardo? Lo sguardo.

aiuto

Quello che dice “Questa non è un’esercitazione”.

“…bevuta… pesantissima… che hai ordinato?”

“Dove eravate”? fa lei, con la sicurezza di chi sta già immaginando la tua testa su una picca.

L’imputato mima qualcosa con le mani cercando di non farsi vedere, secondo le mie stime voleva dire “Qualcuno volò sul nido del cuculo” o “Anacoluto”, non sono sicuro.

“E chi se lo ricorda, avevo bevuto pure io…” A Coso trema il bicchiere, l’imputato ha la faccia di chi preferirebbe partecipare ai campionati mondiali di waterboarding.

“Stai dicendo cazzate per coprirlo!”

A quel punto Coso fa l’unica mossa che un buon wingman non deve mai fare, un gesto persino peggiore rispetto allo scoparti la donna: il disimpegno.

Perché può succedere di tutto, puoi passare una serata a mentire, puoi insultarla, puoi tirarle una testata, puoi trascinare via il tuo amico con una scusa, ma il disimpegno non lo fai.

E invece lui lo fa; alza le mani al cielo, abbassa il mento scuotendo la testa e, andandosene, farfuglia: “Aaaah sentite, io non voglio entrare nei vostri casini eh?”.

E li mi son visto il povero imputato uscire dalla boscaglia vietnamita, cadere in ginocchio con le mani al cielo, mentre Coso urla al pilota dell’elicottero di partire.

Sconfitta, morte, distruzione, litigate di due ore.

Le donne in questo sono molto più brave e spietate, perché hanno l’istinto del velociraptor: mentre una ti sta di fronte l’altra ti attacca di fianco, esponendo le budella delle tue mancanze con l’artiglio della colpa, e tu puoi solo far loro i complimenti.

A parti invertite, una qualunque migliore amica avrebbe detto, senza tradire il minimo segno di nervosismo “Era con me, e se tu fossi un po’ più presente, magari starebbe di più con te”, per poi andarsene via con passo sicuro.

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