

La rappresentazione dello stupro in The Last Duel
The Last Duel è una storia tardo medievale in cui l'argomento centrale è lo stupro. È un film in costume, ma anche un'opera post #MeToo.
The Last Duel di Ridley Scott è un film in costume ispirato a una storia vera. Sceneggiato da Nicole Holofcener, Ben Affleck e Matt Damon, è già stato recensito qui su Nerdcore. Approfitto però di questo spazio per fare non una seconda recensione, ma un approfondimento sul suo tema principale. The Last Duel infatti non è tanto un film su un duello, quanto un film che parla di stupro come argomento principale. Vi metto quindi un grosso TRIGGER WARNING sia per la visione, che è piuttosto cruda, sia per questo articolo che ne discuterà.
The Last Duel non è una storia tardo-medievale in cui “capita che ci sia anche uno stupro” come innesco della trama. Non è una di quelle cose tipo Rob Roy, in cui il cattivo di turno va a stuprare la moglie dell’eroico protagonista come gesto offensivo verso di lui. O meglio: succede anche in The Last Duel, ma la storia non è quella del protagonista offeso. Semmai è la storia dello stupro stesso e in ultima analisi della donna che lo subisce. Ma è anche altro. Alcune cose quadrano, altre meno, però è interessante e c’è parecchio da dipanare.
LA STRUTTURA DI THE LAST DUEL
Oserei dire che lo stupro come gesto è il vero protagonista del racconto, al di là dei personaggi principali. Il film si divide in tre parti, ciascuna narrata secondo il punto di vista di uno di loro. Si conclude con quello di Marguerite (Jodie Comer), la donna oggetto della violenza. Il suo racconto è presentato però come l’unico vero: una didascalia ci informa che questa è “The truth”, la verità, facendo scomparire il resto delle parole che ne indicavano la parzialità (“The truth according to Lady Marguerite”).
È un particolare importante perché indica in maniera non fraintendibile come dobbiamo interpretare i due punti di vista precedenti, quelli del marito Jean de Carrouges (Matt Damon) e del cattivissimo Le Gris, cioè Adam Driver in versione sceriffo di Nottingham. Nella visione del film, questi punti di vista non raccontano una realtà oggettiva, ma la “versione dei fatti” dei due uomini. Che non è necessariamente una menzogna, ma quello che i due personaggi raccontano a loro stessi al posto della verità. È una scelta politica, oltre che narrativa, ed è la scelta di credere alle vittime. Si può filosofeggiare parecchio su cosa sia “la verità”, il film però non lo fa e ha le idee estremamente chiare in proposito.
SPOILER ALERT
Le versioni che precedono quella di Marguerite sono rivelate come distorsioni, manipolazioni dei fatti realmente accaduti, spesso abbelliti dall’ego dei due uomini che se li raccontano in questo modo. Sia il perfido Jacques Le Gris, sia l’ottuso marito Jean de Carrouges sono gli stupratori di Lady Marguerite. Le Gris è un assalitore occasionale, una specie di stalker fissatosi con la coppia; Carrouges un violentatore sistematico all’interno del sacro vincolo matrimoniale. In tal senso, cambia parecchio il modello eroico di questo tipo di storia. Il guerriero Carrouges non è Rob Roy, anche se lui si vuole vedere così.
È una sorta di twist (facile da prevedere) che viene mostrato chiaramente durante la terza parte dal punto di vista di Lady Marguerite. Indirettamente, The Last Duel sta rimettendo in discussione proprio tutto quello che già conosciamo del modello Rob Roy, insinuando il dubbio che anche questi eroi senza macchia potrebbero in realtà essere come Carrouges.
LA PARTE DI MARGUERITE
La parte di film dedicata a Marguerite è stata scritta dalla regista e sceneggiatrice Nicole Holofcener, ingaggiata apposta. Gli stupri coniugali subiti da Marguerite sono piuttosto chiari: non è necessario un background femminista per capire cosa accade in scena, nel modo in cui viene rappresentato. Il film è esplicito. Se non si riesce a comprenderlo nemmeno trovandoselo davanti agli occhi, la colpa dovrà essere di una dissonanza cognitiva di cui The Last Duel non è responsabile.
La parte di Marguerite è significativa anche per come presenta il personaggio, fino a quel punto rimasto sommessamente discosto proprio perché filtrato dal male gaze dei due co-protagonisti. Marguerite qui viene definita con molte sfaccettature prima assenti. Ne viene mostrata l’indole curiosa e vivace, la simpatia, la cultura e le tante abilità. Si rende evidente come abbia consapevolezza della sua condizione e come riesca a trovare una sua dimensione quando il marito è lontano. Inoltre, la sua parte fa vedere come Marguerite sia in grado di fare cose per le quali Carrouges è chiaramente incapace, ossia gestire le terre, salvando il raccolto e curando gli aspetti economici.
LA RAPPRESENTAZIONE DEGLI STUPRI
Come si è visto, di stupri in questo film ce ne sono parecchi, non soltanto quello oggetto di contesa tra Le Gris e Carrouges. Si potrebbe anzi dire che ogni singola scena di sesso in questo film mostri uno stupro. Ciò riguarda anche una sequenza nella seconda parte, che ci presenta Le Gris come allegro compagno di orge del conte Pierre, interpretato da Ben Affleck. Vediamo una cortigiana inseguita “giocosamente” in un contesto quasi rituale nel quale per nessuna ragione potrebbe sottrarsi al “gioco”, tant’è che il rapporto viene consumato con la sopraffazione fisica da parte di Le Gris, tra le risa delle altre donne e degli astanti.
A scanso di equivoci, lo stesso movimento è riproposto quando Le Gris stupra Marguerite. Lui continua a raccontarselo come giocoso, una schermaglia amorosa in cui la donna è obbligata a dire di no anche se vorrebbe dire di sì. Ma quello che risulta evidente, è che a Le Gris fa molto comodo raccontarsi la storia in questo modo, per potersi vedere desideratissimo dalle donne di corte. Eppure la sua reputazione ha un velo oscuro che sembra trasparire dalla sceneggiatura anche se il personaggio non se ne rende conto.
COME NEL FILM VIOLATION
Nella discordanza tra le versioni di Le Gris e di Marguerite, ci sono dei punti di contatto col “malinteso” del film Violation di Dusty Mancinelli e Madeleine Sims-Fewer, di cui ho parlato in questo articolo. È una lettura che vi consiglio anche se non avete intenzione di guardare Violation, perché discute proprio di questi aspetti della rappresentazione.
Nel caso di The Last Duel, è ancora più chiaro quanto sia comodo per Le Gris “capire male”. Se lo ripeterà fino alla fine, di essere innocente, ma il problema posto dal film è proprio come un uomo possa arrivare a distorcere la realtà delle proprie azioni per forzarle dentro a una forma accettabile, presentabile prima di tutto a se stesso. Nel caso di Le Gris, l’immagine che la sua mente non può lasciar andare è quella di essere un bell’uomo desiderato dalle donne, che per questo motivo non avrebbe bisogno di stuprarle. Come vediamo in seguito, molte donne lo desiderano e lo trovano attraente, ma questo non c’entra nulla con le azioni che lui commette.
LA PERVERSIONE DELL’AMORE CORTESE
Lo stupro di Marguerite attraverso gli occhi di Le Gris è una sorta di perversione dell’amore cortese. Noi vediamo benissimo che si tratta di una violenza, anche se il racconto di lui è distorto attraverso risatine e sospiri che non c’erano davvero, come possiamo verificare nella terza parte. Ma anche in quella versione, appare comunque per quello che è. Tant’è che uno dei punti dolenti di The Last Duel è semmai l’eccedere nel mostrare. La parte erotizzata, quella raccontata da Le Gris, diventa inutilmente morbosa, tant’è che in Violation un pezzo simile si sceglie saggiamente di restituirlo tramite un resoconto orale, una fantasia declamata a voce e non un’immagine vera e propria con tutte le sue problematiche.
In questo, The Last Duel mi è sembrato poco al passo con la riflessione sul rape&revenge che molte cineaste hanno portato avanti in questi anni. Mi ha dato l’idea che fosse un film indiscutibilmente post #MeToo, ma per persone che non sono appassionate né al dibattito sulla rappresentazione della violenza, né che vedono altri film con lo stesso tema. Per quanto riguarda l’impianto dato a The Last Duel nella sua interezza, la sensazione è che ci sia la precisa volontà di traumatizzare il pubblico, anche quando non sarebbe necessario. Il punto chiave dei film che rappresentano lo stupro è sempre la misura della necessità e la sensibilità con cui si approccia una rappresentazione molto traumatica per chi la vede, soprattutto per le donne e per le persone femminilizzate – per ragioni molto ovvie. In quel senso, a me The Last Duel sembra un film post #MeToo progettato “per maschi”, perché probabilmente è quello il pubblico che ci si immaginava bisognoso di trauma per comprendere l’argomento (non sto dicendo che lo sia per forza, ma che il film appare pensato in questo modo).
LA SPIEGAZIONE DEL FLOP
Alla terza parte, col racconto di Marguerite, ci troviamo davanti ad ancora più scene di stupro. Ci viene riproposta quella di Le Gris, che era già piuttosto cruda nella sua prima apparizione ma qui diventa ancora più brutale; ma ci sono anche quelle del marito Carrouges – che ho trovato però utili a descrivere la condizione in cui vive Marguerite, anche se la somma complessiva è nauseante. Le due ore e mezza di The Last Duel sono uno spettacolo meritevole, ma veramente tetro.
Attenzione, non sto dicendo che sia un brutto film e che vada evitato. È però importante affrontarlo avendo ben chiaro quale tipo di opera sia, e qui mi collego a un evidente problema di marketing. The Last Duel è stato un flop al botteghino, e secondo me non è difficile spiegarselo. Chi guarda un dramma in costume spesso lo fa per rifugiarsi in una visione di comfort, mentre The Last Duel è una vera mazzata nei denti. Nello specifico, è una mazzata che pare colpire in maniera più molesta una certa categoria di pubblico, quella che si riconosce in prima persona nella violenza che viene esibita. Non mi fa cadere dalla sedia scoprire che un film markettizzato più o meno come “l’amore cortese con un dark twist” (penso al trailer) vada poi malissimo col passaparola quando si rivela una specie di variazione della New French Extremity travestita da dramma in costume.
IL FINALE
So che quando scrivo a volte si genera confusione per via della tendenza alla polarizzazione tipica dei nostri tempi. Contiene delle critiche, allora è una stroncatura? No. Si può parlare delle cose sotto vari aspetti e punti di vista. A me The Last Duel è piaciuto pur riconoscendogli delle criticità, che la mia analisi prende in esame. Da persona che consuma soprattutto film dell’orrore, non sono estraneə a contenuti estremi. Mi preparo sempre prima se so che l’opera contiene roba potenzialmente molto traumatica, e seguo con attenzione quel cinema che sa come rappresentare un certo tipo di contenuto in maniera comunque rispettosa (di nuovo, si veda Violation). Trovo quindi alcuni elementi critici in The Last Duel, che però non mi hanno impedito di apprezzare il film per altre ragioni.
Uno dei suoi momenti più alti è la scena del duello finale: bellissima da un punto di vista puramente cinematografico, è giusta anche nella struttura narrativa della storia. Infatti, volutamente, non è un momento catartico. Tifiamo per il marito soltanto perché altrimenti Marguerite muore, ma per il resto stiamo guardando due stupratori farsi a pezzi tra loro senza sapere se l’eroina sopravviverà. Non c’è quella dimensione epica che si può paragonare all’altrettanto discussa catarsi del rape&revenge convenzionale. In The Last Duel, il vero lieto fine è la didascalia che ci informa che Carrouges creperà alle crociate e che Marguerite prospererà per altri 30 anni senza risposarsi mai più.