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La bellissima solitudine di No Man’s Sky

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C’è un posto in cui tutti noi andiamo quando vogliamo allontanarci dal mondo, quel posto per me da qualche giorno si trova anche dentro No Man’s Sky.

L’ho trovata in un piccolo cratere, non l’avrei mai vista se non avessi captato la richiesta di aiuto. È un’astronave dalla forma cilindrica e sgraziata, sembra un tubo dell’acqua a cui un modellista inesperto ha incollato delle ali, però ha più spazio nella stiva di quello che ho adesso e poi mi piace l’idea di cambiare mezzo.

Ho passato le ultime due ore a cercare il materiale necessario per riparare gli scudi e l’iperguida, ma questo pianeta è una sorta di enorme Valle della Morte, le risorse scarseggiano e devo usarne un po’ per rifornire la tuta ed evitare di morire.

Intanto dallo Spazio un monolite mi chiama, mi parla, vuole che segua la sua strada e scopra i suoi segreti. Prima però devo capire cosa vuole l’alieno che ho incontrato poco prima, della sua lingua conosco solo le parole “intruso” e morte”, un po’ poco per intavolare una trattativa.

Queste poche righe riassumono gran parte delle esperienze che potrebbero capitarvi in No Man’s Sky, gioco sul quale si è detto di tutto di più e che porta con sé la domanda fondamentale di ogni videogioco: mi piacerà?

Purtroppo la risposta completa non esiste, perché No Man’s Sky fa parte di quella schiera di titoli che per certi giocatori sono come il pane e che altri schifano da morire. Il personaggio principale di No Man’Sky non siamo noi, è la solitudine, è l’estraneità, è trovarsi in un mondo che non conosciamo e capire come sfruttarlo. La dinamica di base diventa palese dopo poco tempo, fondamentalmente si tratta di atterrare, trovare i materiali necessari per eseguire il balzo successivo e così via, fino al centro della galassia o verso una voce ancestrale che promette di rivelarci i suoi segreti.

Tuttavia, ridurre il gioco a una semplice successione di balzi planetari sarebbe come ridurre un viaggio ai passi che si compiono per arrivare a piedi dall’Italia alla Cina. Ecco, senza dubbio No Man’s Sky è un gioco per viaggiatori, per chi cerca qualcosa che abbia il ritmo di un impasto che lievita lentamente, per chi atterra su un pianeta e non vede l’ora di scoprire ogni specie, parlare con ogni alieno e conoscere lingue assurde, imparandole parola dopo parola. Non è un gioco pensato per chi cerca solo azione, pericoli e una storia che lo tenga per mano.

Ci sono dentro i panorami isolati di Skyrim, le vostre prime passeggiate solitarie in World of Warcraft, tutte quelle volte in cui avete abbandonato le missioni in GTA V per farvi un giro tra i monti. Ci sono Asimov, McQuarrie, Il Mio Nemico, Navigator e un po’ di Silver Surfer.

È un gioco zen, in cui il vuoto ha forse più importanza del pieno, lo capirete gestendo l’inventario. Si è portati a essere monaci buddisti, più che Han Solo.

No Man’s Sky è un gioco fatto di panorami bellissimi e banalità desertiche, incredibili solitudini e sparute compagnie. Ogni tanto capita di trovare avamposti con alieni che sembrano aspettarvi da una vita e con i quali scambierete giusto qualche parola, comparse nella vostra avventura che sembrano portare con sé la tristezza di una civiltà che non c’è più. Non troverete mai città o paesi, solo l’indifferente volto di una natura poco interessata alle vostre gesta, quello di No Man’s Sky è un mondo in cui sono scappati quasi tutti.

Quando finalmente avrete riparato la vostra astronave o trovato un minerale raro, non ci sarà nessuno a dirvi “Bravo”. L’idea piacerebbe molto a Herzog.

Ovviamente ci sono i difetti e sono quelli triviali di una potenza di calcolo che mostra solo gli oggetti vicini e fa apparire le cose all’improvviso, c’è la ripetitività dei compiti e la gestione dell’inventario un po’ macchinosa, il famigerato algoritmo di creazione qua e là mostra i suoi limiti presentando a volte architetture già familiari, ma l’importanza di questi fattori varia da persona a persona.

Siamo di fronte a uno di quei titoli in cui le carenze possono diventare punti di forza, dove la povertà e la mancanza sono il trampolino di una narrazione personale.

Ogni giocatore è come un mondo a parte, ci sono quelli in cui la gravità schiaccia tutto a terra e quelli in cui si fanno balzi incredibili, quelli lussureggianti e quelli ormai impoveriti dalle radiazioni. Ci sono quelli in cui il peso di questi lati negativi bloccherà tutto il resto e chi se ne fregherà altamente.

Io non posso dirvi se vi piacerà No Man’s Sky, così come non posso dirvi come sarà il vostro primo contatto con l’Universo. Magari partirete alla volta di un pianeta bellissimo e ricco di risorse, magari sarete uccisi subito da un predatore, magari pioverà acido, magari incontrerete squali che sputano acido. Non posso neanche dirvi cosa ne sarà, ma spero seriamente che diventi qualcosa in continua espansione, come l’Universo stesso.

Vi capirò se vi farà schifo, vi capirò se lo amerete, non c’è un giusto, non c’è uno sbagliato.

C’è un posto in cui tutti noi andiamo quando vogliamo allontanarci dal mondo, a volte quel posto è la sala di un cinema, a volte ci sia arriva stringendo tra le mani una penna, un pad o una matita, quel posto per me da qualche giorno si trova anche dentro No Man’s Sky.

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