STAI LEGGENDO : Godzilla, dalle paure atomiche la nascita di un mito

Godzilla, dalle paure atomiche la nascita di un mito

Condividi su:

L'origine di un personaggio che deve tantissimo al fatto che la Toho doveva tappare un buco e lo fece con le paure dei giapponesi

Godzilla è una icona multiculturale, un marchio estremamente riconoscibile che incarna perfettamente lo strano rapporto tra Giappone e Stati Uniti che si è andato instaurando dopo la Seconda Guerra Mondiale. Lo stesso rapporto a metà tra la colonizzazione culturale e la reazione che ha reso particolarmente grandi e tondi gli occhi dei personaggi dei manga.

Ironia del caso vuole che Godzilla sia nato fondamentalmente come tappabuchi. All’inizio degli anni ’50 la Toho voleva produrre un film sull’occupazione nipponica dell’Indonesia, ma il forte sentimento antigiapponese ancora presente nel governo locale portò alla negazione di ogni autorizzazione a filmare sull’isola.

Tomoyuki Tanaka, capo della Toho, si ritrovò dunque con un periodo completamente vuoto nel calendario di produzione da riempire nel minor tempo possibile. Fu a quel punto che la storia moderna e la cultura popolare diedero origine a uno dei loro figli prediletti.

Durante l’occupazione americana, durata fino al 1952, alla stampa era proibito occuparsi in maniera approfondita di ogni effetto a lungo termine del bombardamento atomico. Secondo le forze occupanti un’attenzione eccessiva sulla sorta toccata a Hiroshima e Nagasaki avrebbe rallentato il processo di “democratizzazione” e indebolito l’autorità statunitense. Visto che gli USA avevano già iniziato a usare il Giappone come base per le operazioni di supporto Vietnam non era il caso di trovarsi una dissidenza interna.

La forma delle cicatrici di questa donna hibakusha sono legate alla trama del kimono che indossava al momento dell'esplosione

Ovviamente in quegli anni alcuni giornalisti e attivisti cercarono di portare l’attenzione del grande pubblico sui rischi del fallout, ma la gente era troppo occupata a ricostruire per dargli importanza. A questo si sommava l’irrazionale discriminazione verso gli hibakusha, i sopravvissuti al bombardamento che per ignoranza e pregiudizio venivano considerati infettivi e portatori di un male ereditario, intoccabili appestati da allontanare.

Questa sonnolenza antinucleare subì un brusco risveglio nel ’54, quando i test nucleari statunitensi sull’atollo di Bikini esposero a una pesante dose di radiazioni i pescatori della Daigo Fukuryū Maru, un peschereccio che si trovava poco fuori dalla zona di pericolo, ma che fu comunque investito dal fallout per le mutate condizioni meteo, ma soprattutto perché la bomba utilizzata era il doppio più potente del previsto.

I pescatori, avvolti in una nube di cenere di corallo pesantemente contaminata, furono vittima di un pesante avvelenamento da radiazioni, reso ancora più critico da trasfusioni di sangue infetto da Epatite C che fu usato durante la cura. Ci fu un solo morto, ucciso dalla cirrosi, ma tutti riportarono ferite e bruciature e l’industria ittica giapponese subì perdite enormi dovute alla necessità di eliminare tonnellate di pesce a rischio radiazioni.

La Daigo Fukuryu Maru nel santuario in cui è esposta

La Daigo Fukuryu Maru nel santuario in cui è esposta

L’evento ebbe ovviamente una grandissima risonanza in Giappone, scatenando polemiche e un’ondata di rinnovata paura verso l’incubo nucleare. Una paura che era ben presente nella mente di Tanaka, proprio mentre sorvolava l’atollo di Bikini sul volo di ritorno.

 Un’altra cosa che ben presente nella sua mente è The Beast from 20,000 Fathoms, da noi “Il risveglio del dinosauro”, un film del ’53 ispirato al libro “La sirena nella nebbia” di Bradbury in cui un dinosauro si risveglia al Polo Nord dopo l’esposizione alle radiazioni. 

I due concetti finirono dentro il primo abbozzo di idea che Tanaka scrisse sul volo e che fu subito proposto a al produttore esecutivo della Toho, Iwao Mori che diete luce verde al Project G non appena arrivò anche l’approvazione di Eiji Tsuburaya, il mago degli effetti speciali che era tornato a lavorare con la casa di produzione giapponese dopo la partenza degli americani, che non lo vedevano di buon occhio.

Tsuburaya propose la sua idea del mostro, una piovra tentacolare in stop motion, complicatissima da realizzare, che però gli avrebbe permesso di entrare in competizione con un suo mito personale, Ray Harryhausen, ma fu cassata. Furono messe sul tavolo le idee di realizzare una creatura che fosse vagamente antropomorfa, magari con la testa senza un’apparenza animale, ma simile a quella di un fungo atomico. Alla fine, vinse il design ispirato ai dinosauri di una copertina di Life, mescolando tirannosauro, iguanodonte e stegosauro. Il nome Gojira è l’unione di Gorilla e Kujira, ovvero balena. Il mito, poi smentito, vuole che fosse il soprannome di un impiegato della Toho particolarmente grosso e vorace.

il design con la testa a fungo

Godzilla fu il terzo film di mostri giganti prodotto in Giappone, dei primi due, Wasei Kingu Kongu del 1933 e Edo ni arawareta Kingu Kongu del 1938, non resta niente, ma anche se fossero ancora disponibili non potrebbero togliergli lo scettro di sovrano dei Kaiju Eiga, i film di mostri.

Nell’ottobre del ’54 Godzilla fa il suo debutto: le prime scene mostrano l’equipaggio di un peschereccio esposto a un misterioso e mortale flash di luce.  Il messaggio è chiaro fin da subito: Godzilla non è solo una minaccia è un gigantesco hibakusha, un ricordo del potere distruttivo delle radiazioni e della sua capacità di trasformarci in qualcosa di indesiderato, la sua stessa pelle ricorda le cicatrici cheloidi dei superstiti.   Prima di diventare un fenomeno popolare e amato anche dai più piccoli, Godzilla era un riflesso dell’esperienza avuta dal Giappone nella Seconda Guerra Mondiale: una distruzione oltre ogni immaginazione, mescolata con l’idea che di essere parte in causa di questa distruzione, innescata dall’entrata in guerra . Nel film è ben evidente questo senso di colpa, di una punizione superiore al peccato e di un forte bisogno di redenzione. Un risvolto morale comune a molte storie formative: l’uso di un potere senza considerarne le eventuali conseguenze non è molto diverso da un grande potere usato senza grandi responsabilità.

bozzetto iniziale di una scena

Inoltre, l’umanità da sempre flirta con il fascino di qualcosa di orribile che arriva dagli abissi o dallo spazio, un mostro in grado di annullare l’umanità come un castigo divino, azzerando il bene e il male. Un concetto comune sia al diluvio che per certi versi a Shiva, una forza che annienta perché qualcosa possa essere creato ex-novo. Lo stesso Oppenheimer di fronte alla potenza della bomba atomica recitò le parole di Krishna/Vishnu “Adesso sono diventato Morte, il distruttore dei mondi”. Vista la vicinanza ancestrale tra induismo e buddismo non sarebbe strano che la figura di Godzilla si sia legata in modo inconscio ai concetti distruttivi di queste religioni, mostrandosi come una sorta di moderno figlio deforme di quei concetti.

Il pezzo finale di questa “origin story” è un racconto fin troppo familiare nell'età moderna. È la storia del progresso umano, del grande conflitto tra Natura e tecnologia. Cosa succede quando l'uomo, attraverso la sua incessante intromissione, commette quell'errore tanto atteso che alla fine mette la Terra in ginocchio? Portare la nostra specie sull'orlo dell'estinzione è stato per lungo tempo uno dei temi preferiti delle storie di fantascienza di cui Godzilla è un ottimo esempio. La tecnologia risveglia il mostro dal suo sonno profondo sotto l'oceano o addirittura lo crea. Nel caso specifico l'esposizione di Godzilla alle radiazioni ha aumentato il suo potere distruttivo, generando quel soffio atomico che è una sua caratteristica fondamentale e quando deve ricaricare i suoi poteri sfrutta i campi elettromagnetici delle linee e centrali elettriche.

E per quanto la distruzione di Tokyo sia un elemento centrale nel film del ’54, altrettanto importante è la paura. Le inquadrature si soffermano spesso sui volti di cittadini e soldati contratti in una smorfia di terrore. Col tempo Godzilla è diventato molte cose, un’icona pop, una rockstar del cinema e così come nel film viene modificato dall’ambiente che lo ha creato così è stato per la sua immagine attraverso i film e il bisogno di sfruttarne l’immagine, ma non dobbiamo mai dimenticare la profonda tristezza che è alla base della sua creazione. È un simbolo di distruzione, pregiudizio e arroganza, degli effetti collaterali della violenza e dell’arroganza del progresso tecnologico.

Godzilla

Un significato che si è poi annacquato per ritrovarsi, modificato nella profonda accusa contro la burocrazia che è Shin Godzilla.

Nel frattempo, era inevitabile che un lucertolone diventasse l’idolo della folla e che la Toho cavalcasse questo affetto, trasformandolo in una forza che protegge (a meno che non sia controllata da alieni cattivi) l’umanità, combattendo in zone isolate o su altri pianeti. La trasformazione da antieroe a eroe e uno degli effetti collaterali della popolarità e in fondo cosa c’è di più bello ed edificante di una storia di redenzione?

Nel frattempo, io non posso fare a meno di pensare che niente di tutto questo sarebbe successo se il governo indonesiano fosse stato meno scorbutico e la Toho non si fosse trovata nella situazione di dover tappare un buco usando le paure dei giapponesi.

Questo articolo fa parte della Core Story di maggio, dedicata a Godzilla.

 

related posts

Come to the dark side, we have cookies. Li usiamo per fornire la migliore esperienza di navigazione possibile. maggiori informazioni

Questo sito utilizza i cookie per fornire la migliore esperienza di navigazione possibile. Continuando a utilizzare questo sito senza modificare le impostazioni dei cookie o cliccando su "Accetta" permetti il loro utilizzo.

Chiudi